(924) Importante

C’è un essere orribile dentro di me che si nutre delle cose importanti. Ho una lista di cose importanti da fare, ce l’ho, ma appena si apre un varco per affrontarle scopro che sono sparite. Ovvio che qualcuno sta remandomi contro. L’orribile mostro appunto. 

La lista di cose importanti che ho da parte ricompare davanti ai miei occhi periodicamente, suggerita dai sensi di colpa per il tempo che passa e per la mia pigrizia. Una volta ero decisamente più attiva, prima che arrivasse l’orribile mostro ovviamente.

Non può essere che io mi sia ridotta ai minimi termini soltanto perché sto invecchiando, voglio dire che ci sono persone ultraottantenni ben più vispe di me. Evidentemente sono state capaci di debellare l’orribile mostro preservando così la loro tenace attività.

Insomma, le cose importanti che devo fare non sono diventate meno importanti con il tempo, sono sempre ugualmente importanti. Certo, non urgenti, ma onorevolmente importanti. L’avevo deciso che erano importanti e quando penso a loro ne sono ancora convinta. Cosa c’è da capire che ancora non ho capito?

Mi dico che l’orribile mostro prima o poi si stancherà e io ricomincerò a fare il mio dovere e che per il momento potrei semplicemente vivermi senza stress ulteriore quella parte di me che si dimentica delle cose importanti da fare.

Importante è che io me lo ricordi che sono importanti. E che continui a nutrire i miei inossidabili sensi di colpa. Importante anche buttare un occhio ogni tanto all’orribile mostro, nel caso si volesse allargare troppo. 

Importante. Già. Importante.

 

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(825) Uno

Uno, come l’anno che ci accingiamo a vivere. Ne puoi vivere uno alla volta di anno, questo non è un gran bel sollievo? Sì, lo è.

Uno, come le gioie che puoi provare per volta. Una gioia dopo l’altra, ma mescolate insieme non valgono, diventano una più grande, non le distingui più. Questo perché il nostro cervello non vuole fare troppa fatica e anche qui è un gran bel sollievo.

Uno, come le incazzature che ti possono prendere per volta. Nel senso che ti puoi incazzare più volte al giorno e per cose diverse, ma anche qui se sono più di una in contemporanea smetti di distinguerle perché quell’una si ingrandisce e fa di tutta un’erba un fascio (si dice così). Bon, par condicio, che però porta in sé un alto rischio di esplosione letale.

Uno per volta se ci mettiamo in fila, e le file funzionano bene anche se mai lo ammetteremmo davanti a un inglese, riusciamo ad accontentare tutti. Ci dicono che non ce n’è per tutti, ma secondo me è una delle più grandi menzogne con cui ci imbottiscono le paure ataviche. Dovremmo svegliarci.

Uno è il numero pieno, lo zero è vuoto, da dove si comincia. Se cominci da zero prima di arrivare a uno potresti metterci una vita. Se inizi da uno ti sembra di aver già fatto tanto anche se te lo hanno regalato. Il nostro cervello come tende a scansare la fatica, distorce anche un po’ la percezione della realtà toccato da dettagli che mica fanno capo alla meritocrazia. Ricordiamoci pure questa.

Uno più uno dà sempre due. Bisognerebbe ricordarcelo quando certi scellerati ci vendono formule astruse beffandosi di questa solida e inattaccabile operazione matematica: 1+1=2. Bisogna proprio che ce lo segniamo da qualche parte.

Uno da solo può poco, ma se non si inizia da uno voglio vedere dove si va. Sembra una stronzata, ma il nostro cervello lo sa ed è per questo che spesso cerchiamo di zittirlo imbottendoci di valium i neuroni. Si inizia da uno, anche se sembra poco, e poi si va ad aumentare. Sempre.

Uno si può perdere, già in due è più difficile, e se ti perdi da solo non è detto che ritrovi la strada. Uno smartphone aiuta, certo, ma lasciarci alle spalle delle tracce è cosa buona e giusta. E non solo per chi verrà dopo di noi, anche per noi che dovremmo guardarci indietro ogni tanto per capire cosa diavolo stiamo combinando con la nostra vita.

Uno è qui ed è già finito, un giorno dura ben 24h eppure scivolano via come se niente fosse se non ci fai caso. E il tempo non vola, il tempo scorre, siamo noi che voliamo con la testa qua e là e gli diamo poco peso. Un’ora, un giorno, una settimana, un anno… hanno peso, hanno un gran bel peso se parlano della nostra esistenza. Dovremmo ricordarci anche di questo, la lista diventa lunga no?

Uno, ma domani ci sarà il due. Se siamo fortunati, ovviamente.

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(824) Bollicine

Creano una piccola meraviglia e poi scoppiano, come gli istanti di Felicità che ci nascono dentro senza sapere – a volte – neppure il perché. Bollicine di Felicità. Pensata così non spaventa vero? Non per sempre, sarebbe innaturale se lo fosse, soltanto per alcuni istanti perché di più non potremmo sopportare, ci scoppierebbe il cuore. Allora per evitarcelo scoppia lei, la Felicità, come mille bollicine di spumante dolce (quello che preferisco).

E come si fa fatica a contare le bollicine così si fa fatica a contare le Felicità che hanno costellato un intero anno – figuriamoci un’intera vita – e anche questo ha la sua ragione: tenere presente tutte le Felicità, messe in fila una dopo l’altra, ci farebbe scordare che esiste anche tutto il resto e poi – una volta svanite – rimarremmo senza protezione, in balìa di un mondo pronto a mangiarci. Quindi le Felicità tendiamo a scordarle, a meno che non siano proprio grandi. Quelle ci danno la forza per cercarne ancora, per volerne ancora, per non lasciarci divorare dal resto.

Nel 2018 ho avuto bollicine a non finire, non le ho segnate tutte, alcune manco mi sono accorta fossero Felicità perché sono state piccolissime e improvvise e della durata di un nanosecondo. Però ci sono state, sono qui a scrivere stasera per ringraziarle. Almeno una volta all’anno ci vuole un bel grazie, no?

Più che altro vorrei ringraziare tutte le persone che hanno contribuito a far nascere in me una bollicina di felicità, non le nominerò (questione di privacy), ma i loro visi e i loro nomi non sono bollicine e non scompariranno facilmente dal mio cuore, questo lo posso garantire. A molte di loro posso dire grazie con la voce ad altre solo con il pensiero, ma sono dettagli da nulla quando si parla di Felicità.

E chi dice che non esiste la Felicità si dovrebbe ricredere, dovrebbe iniziare a contare quelle bollicine silenziose che si porta dentro da tanto tempo e che ha sempre pensato che fossero lì per disturbargli il sonno. Le piccole Felicità si insinuano nei sogni per darci il tormento, per ricordarci che siamo qui per questo, per essere felici, e che se non ti svegli rischi di non accorgertene anche se te ne cadessero in mano mille al secondo. Sono piccole benedizioni che ci dobbiamo meritare. Come? Con la presenza. Sul serio, con la presenza.

Quindi stasera si brinda per augurarci un Buon 2019 e… millemila bollicine per tutti!

 

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(802) Data

Lo diamo per scontato, pensiamo che sia facile, invece fissare una data non è mai facile. Mai. Né fissarla in calendario né nella memoria, a meno che non sia segnata prima nella tua carne perché importante per te. Così importante da non potertela dimenticare.

Odiavo studiare storia per la sfilza senza senso di date da imparare a memoria, battaglie e conquiste e sconfitte, ognuna di loro sembrava fondamentale e poi scoprivi che era solo una delle tante e che di lei nessuno se ne faceva più nulla. Andiamo per balzi, fatemene memorizzare un paio per secolo e vedrete che saprò fissarne una ventina senza troppi scompensi neuronali, tranquilli prof. Niente da fare. Insensato.

Le date si fissano e per qualche motivo slittano, come se la superficie su cui le punti fosse cosparsa d’olio. Più ti fissi nel fissarle e più sfuggono al controllo, manco avessero un proprio volere da imporre. Vincono sempre loro, comunque.

La data mi è vitale per tenere conto dei giorni che mi stanno triturando, faccio fatica al mattino a ricordare che giorno è quello che sto per affrontare e vivere, come se nella mia testa ci fosse un giorno ininterrotto dove il presente è un ripetersi di un qualche passato e il futuro sia soltanto un breve passaggio da qui a lì. Boh.

E i lunedì sono come i venerdì, ma più pigri anche se meno stanchi. I martedì hanno poco peso perà sommati al peso dei mercoledì e del giovedì fan venire il mal di schiena. Ecco, la data è un ancoraggio che a volte vorrei togliere per provare a non avere ieri e neppure oggi e figuriamoci domani, avere solo l’adesso e vedere come va. Come potrebbe funzionare?

Forse non funzionerebbe, forse ogni mia data è la ragione per cui ancora sto qui. E scrivo.

Boh.

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(794) Segnalibro

Ormai uso i post-it, perché nei libro che leggo solitamente ci sono sempre mille passaggi che devo ricordare e che vorrei ricordare – anche se raramente ne ricordo più di una manciata (per evidenti limiti neuronali). Mi piace sottolineare le righe che dovrei memorizzare, se lo faccio ci sono più probabilità che mi si imprimano in testa e comunque so che se lo riprenderò in mano dopo qualche tempo basterà seguire i post-it e le sottolineature e ricomporrò velocemente tutto il resto. 

Faccio lo stesso anche con gli eventi che si introducono nella mia vita, alcuni li sottolineo dentro di me con forza perché non voglio farmeli scappare. Ad altri ci metto il post-it perché vorrei far presente a me stessa che non serve replicare l’esperienza, già l’ho fatta e già m’è servita. Tanto basta.

Mi sono accorta, però, che ne ho troppi di post-it sparsi tra i giorni attraversati e ormai le pagine si sono gonfiate e sembra tutto troppo. Troppo da ricordare, troppo da accettare così com’è, troppo da sopportare. Sto pensando di alleggerirmi il carico e toglierne alcuni. Soltanto alcuni. Magari quelli che hanno colori sbiaditi e che coinvolgono persone ormai lontane. Inizierò da questi e vediamo che effetto che fa.

Sono incerta se dare loro l’addio o semplicemente toglierli facendo finta di niente. Non so se poi rimpiangerò il momento del distacco, perché troppo frettoloso e poco celebrativo. Non lo so. Per alcuni penso di aver dato più che abbastanza, per altri meno, ma in fin dei conti non è che posso pretendere di essere sempre equa e giusta. Posso pure perdonarmi qualche mancanza, no?

Il segnalibro oggi lo posizione tra le parole “mancanza” e “perdono”. Credo sia un buon inizio e, tutto sommato, una fine onorevole. Sì, onorevole.

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(710) Sassi

I sassi si possono tirare. E fanno male a riceverli, se non li prendi al volo. I sassi che ti colpiscono ti vien voglia di rimandarli al mittente in presa diretta, se non lo fai è perché non sei fatta così, tu i sassi non li tiri.

Non li tiri un po’ perché non ti viene in mente, nel senso che sei impegnata a fare altro, un po’ perché sai che fanno male e alla fin fine fare il male con intenzione non ti farebbe dormire bene la notte, e un po’ perché i sassi son come boomerang, tornano indietro facendo un bel giro largo e ti colpiscono con precisione svizzera.

Con i sassi ricevuti ho riempito diversi vuoti, soltanto perché non sapevo dove metterli e li ho messi lì dove pensavo mi sarebbero stati utili a qualcosa. In realtà, i sassi non si deteriorano, si fanno prove eterne di ciò che hai ricevuto e non è un bel servizio che ti fanno, ricordare fa persistere il dolore.

Fatto sta che con tutti questi sassi non sapevo che fare, e li ho messi un po’ qua e un po’ là. Ogni tanto li conto e non ne manca mai uno. Si sono proprio affezionati. Vorrei trovare un posto lontano da me per lasciarli liberi, per farli respirare un po’, ma non è che posso buttarli addosso a qualcuno come se la cosa non mi riguardasse. C’è scritto il mio nome sopra, eh.

Quando li guardo vorrei rilanciarli ai mittenti, perché non sono buona e il pensiero vendicativo lo conosco bene, ma poi lascio sempre perdere e non lo so neppure io il perché. Ora che ci penso: e se li togliessi dai miei vuoti e li raggruppassi per farne una montagnetta? Dall’alto la visuale migliora…

Ecco, forse ho capito a cosa mi possono servire. Ora mi arrampicherò fin lassù per vedere che aria tira. Una volta raggiunta la cima un’altra idea mi verrà di sicuro. Sono pronta.

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(391) Esplorare

Mettersi lì per scoprire tutto quello che puoi scoprire su qualcosa che non conosci è un viaggio che ripaga bene, sempre. Amo il mio lavoro perché mi permette di farlo non soltanto nel mio tempo libero (termine a me quanto mai sconosciuto), ma in ogni istante della giornata. Sì, diventa piuttosto faticoso, eppure tutto viene ripagato da quello che scopri.

La maggior parte delle cose di cui vengo a conoscenza non le userò mai. Una piccola parte le userò per produrre quello che devo – e che mi ha dato la motivazione per approfondire tale argomento. Quello che resta rimarrà impigliato chissà dove dentro di me e al momento giusto uscirà per rendersi utile.

Non è una scelta consapevole, è qualcosa che scoprirò mentre si avvererà. Un livello superiore dell’esplorazione, suppongo, affascinante per valutare il funzionamento del mio strambo cerebro.

L’accidia è il mio personale spauracchio, quello più potente, ed è lui a spingermi per non fermarmi mai. Quando me ne andrò da questa dimensione, se dovrò per forza far compagnia all’Oscuro Signore degli Inferi allora dovrà andare per esclusione. Il primo girone che scarterà sarà quello degli accidiosi, poco ma sicuro, per i restanti, suppongo, si dovrà un po’ mercanteggiare. Nel frattempo vedrò di sistemare ciò che posso esplorando qua e là, con l’età ricorderò sempre meno – e questo non è per per forza di cose un male – eppure avrò impiegato bene il tempo terreno a mia disposizione.

Dimenticavo: l’altro spauracchio è la noia. Amen.

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(125) Caos

Il mio Caos è lo Spazio Sacro in cui nasce tutto. Tutto cosa? Tutto il progetto di me-persona. Me lo devo ricordare ogni volta che ho giornate come questa dove il Caos mi sembra la fine e non l’inizio.

Non ho un modo chiaro (e forse neppure intelligente) per spiegarlo a me stessa, figuriamoci agli altri. Anche a scriverlo non risulta migliore, né più nitido né più malleabile: il mio Caos è una carogna.

Mi annichilisce, mi sovrasta, mi polverizza. Poi mi faccio una doccia e il mio Caos si placa per far risalire a galla una boa.

Al momento la boa mi sembra bellissima, è la mia salvezza. Se faccio l’errore di ritornare, però, nella realtà prima del dovuto la boa diventa bolla di sapone e puf. Sparisce.

Processo irreversibile e dinamica immutabile. Errore che commetto spesso, anche oggi, ma il mio Caos è lo Spazio Sacro in cui nasce il progetto di me-persona.

L’ho scritto per ricordarlo meglio, senza la speranza che mi risulti migliore o nitido o malleabile.

Il mio Caos rimane una carogna.

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