(1048) Tergiversare

Dire le cose così come stanno è un gesto di una potenza inaudita. Esprimere il proprio pensiero, andare dritti al sodo, mantenere lucidità-misura-equilibrio e adottare un tono di voce fermo e allo stesso tempo gentile mentre si espone il proprio punto di vista (senza nascondersi, senza paura, senza calcoli, senza interessi) è IL superpotere che abbiamo tutti e che nessuno utilizza.

Perché?

Perché poi ci sono le coseguenze e, se non sei attrezzato, le conseguenze possono pure ucciderti (letteralmente, specialmente in certi ambienti, in certi luoghi, in certe circostanze, in certe situazioni con certa gente). Ce lo hanno insegnato i Supereroi che a grandi poteri si accompagnano grandi responsabilità, no? Ecco, noi la lezione l’abbiamo imparata, ma anziché avanzare di un passo e diventare personcine coraggiose ci siamo mangiati il fegato, abbiamo abbassato la testa e sperato che l’asteroide non ci colpisse in testa. Invece, lo fa. L’asteroide ha una mira eccellente e noi neppure ce ne rendiamo conto di quanti colpi ci stanno arrivando da tutte le parti. Preferiamo rincoglionirci con una dipendenza o l’altra, pensando che così ci farà meno male. Patetici.

Una delle mie regole preferite – coniata da me medesima – è: si tergiversa soltanto quando non si conosce l’argomento e per due secondi al massimo, quelli che servono per dichiarare la propria ignoranza e scusarsi per l’evidente gap.

In questo modo dai al tuo interlocutore un sacco di notizie su te stessa, per esempio: che non hai paura di ammettere che non sai, che sei in ascolto per saperne di più, che non abusi del suo tempo arrampicandoti stupidamente sugli specchi e che non lo consideri un idiota incapace di capire che lo stai prendendo in giro. Amen.

Le persone che non rispondono alle domande, menando il can per l’aia, sono irritanti. Le persone che rispondono una cosa per un’altra pensando che tu manco te ne renderai conto sono più che irritanti. Le persone che non hanno il coraggio di esplicitare il proprio pensiero perché incapaci di un confronto sereno sono patetiche. Mi dispiace, ma la penso così.

È esattamente per questo che ho pochi amici – dei santi in terra – e le mie relazioni sociali sono limitate: pensandola come la penso divento l’Essere Vivente più fastidioso della Galassia. Me ne rendo conto, ma non ci posso fare niente. Tergiversare significa abusare del tempo di chi ti sta di fronte e sottostimare la sua intelligenza. Il tutto si traduce in una mancanza di rispetto di portata massima e non me lo posso permettere. Nè da vittima e neppure da carnefice.

E ora mi abbandono al mio personale deserto-dei-tartari con tutta la dignità che posso. E posso parecchio, ve lo assicuro.

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(710) Sassi

I sassi si possono tirare. E fanno male a riceverli, se non li prendi al volo. I sassi che ti colpiscono ti vien voglia di rimandarli al mittente in presa diretta, se non lo fai è perché non sei fatta così, tu i sassi non li tiri.

Non li tiri un po’ perché non ti viene in mente, nel senso che sei impegnata a fare altro, un po’ perché sai che fanno male e alla fin fine fare il male con intenzione non ti farebbe dormire bene la notte, e un po’ perché i sassi son come boomerang, tornano indietro facendo un bel giro largo e ti colpiscono con precisione svizzera.

Con i sassi ricevuti ho riempito diversi vuoti, soltanto perché non sapevo dove metterli e li ho messi lì dove pensavo mi sarebbero stati utili a qualcosa. In realtà, i sassi non si deteriorano, si fanno prove eterne di ciò che hai ricevuto e non è un bel servizio che ti fanno, ricordare fa persistere il dolore.

Fatto sta che con tutti questi sassi non sapevo che fare, e li ho messi un po’ qua e un po’ là. Ogni tanto li conto e non ne manca mai uno. Si sono proprio affezionati. Vorrei trovare un posto lontano da me per lasciarli liberi, per farli respirare un po’, ma non è che posso buttarli addosso a qualcuno come se la cosa non mi riguardasse. C’è scritto il mio nome sopra, eh.

Quando li guardo vorrei rilanciarli ai mittenti, perché non sono buona e il pensiero vendicativo lo conosco bene, ma poi lascio sempre perdere e non lo so neppure io il perché. Ora che ci penso: e se li togliessi dai miei vuoti e li raggruppassi per farne una montagnetta? Dall’alto la visuale migliora…

Ecco, forse ho capito a cosa mi possono servire. Ora mi arrampicherò fin lassù per vedere che aria tira. Una volta raggiunta la cima un’altra idea mi verrà di sicuro. Sono pronta.

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