(960) Pendenza

Presente quando cerchi di stare dritta ma ti senti un pesetto da niente dentro che scivola e impercettibilmente e inesorabilmente si presenta quella pendenza da niente che fa slittare da un lato o l’altro un sacco di roba che pensavi magari di aver buttato e invece no? Presente? Ecco.

Ce la metto tutta e tenere impilate le cose lì, in ordine. Basta un niente, ma proprio un niente, e un peso minuscolo si sposta. Da lì so che è solo questione di qualche secondo e sbotto.

Si dice “pendere da una parte o dall’altra”, non si può pendere in su o in giù. È già qualcosa… eh.

Faccio fatica a scrivere stasera, scrivere in pendenza non è mica facile… eh.

Faccio anche fatica a pensare, i neuroni si sono spostati da un lato appesantendomi la testa che sta piegando il collo… eh.

Ho idea che mi sveglierò domani mattina con una cervicale da paura, e domani è venerdì, e domani è un giorno impegnativo, e domani tra poco è qui.

Quindi…

Niente. Quindi niente.

‘notte.

 

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(802) Data

Lo diamo per scontato, pensiamo che sia facile, invece fissare una data non è mai facile. Mai. Né fissarla in calendario né nella memoria, a meno che non sia segnata prima nella tua carne perché importante per te. Così importante da non potertela dimenticare.

Odiavo studiare storia per la sfilza senza senso di date da imparare a memoria, battaglie e conquiste e sconfitte, ognuna di loro sembrava fondamentale e poi scoprivi che era solo una delle tante e che di lei nessuno se ne faceva più nulla. Andiamo per balzi, fatemene memorizzare un paio per secolo e vedrete che saprò fissarne una ventina senza troppi scompensi neuronali, tranquilli prof. Niente da fare. Insensato.

Le date si fissano e per qualche motivo slittano, come se la superficie su cui le punti fosse cosparsa d’olio. Più ti fissi nel fissarle e più sfuggono al controllo, manco avessero un proprio volere da imporre. Vincono sempre loro, comunque.

La data mi è vitale per tenere conto dei giorni che mi stanno triturando, faccio fatica al mattino a ricordare che giorno è quello che sto per affrontare e vivere, come se nella mia testa ci fosse un giorno ininterrotto dove il presente è un ripetersi di un qualche passato e il futuro sia soltanto un breve passaggio da qui a lì. Boh.

E i lunedì sono come i venerdì, ma più pigri anche se meno stanchi. I martedì hanno poco peso perà sommati al peso dei mercoledì e del giovedì fan venire il mal di schiena. Ecco, la data è un ancoraggio che a volte vorrei togliere per provare a non avere ieri e neppure oggi e figuriamoci domani, avere solo l’adesso e vedere come va. Come potrebbe funzionare?

Forse non funzionerebbe, forse ogni mia data è la ragione per cui ancora sto qui. E scrivo.

Boh.

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(709) Veliero

Mi sento come un veliero parcheggiato. La baia è carina, certo, ma stretta. Niente venti, niente profumo di mare, non arriva fino a qui. 

E non è il periodo, non è una sensazione passeggera, mi sento così da sempre. Non so dire altro, l’immagine della baia e del veliero penso che sappia rendere l’idea. Ciao.

(…)

Sarebbe un ***Giorno Così*** troppo breve se finisse qui, devo per forza metterci ancora qualche riga e temo di aver preso diretto un bel vicolo cieco.

(…)

Qualche tempo fa scrissi un romanzo dove il vento era il protagonista silente della storia, comprai un libro per saperne di più e più leggevo quelle pagine piene zeppe di informazioni più ne volevo leggere. Sentivo che sapere tutto quello che potevo sapere sull’argomento sarebbe stato per me di vitale importanza al di là del romanzo che stavo scrivendo. È stato come scoprire di punto in bianco una mancanza che ignoravo di sentire.

Le vele accolgono il vento opponendogli quella giusta resistenza affinché il veliero possa muoversi. Se il vento è troppo si squarciano, se è poco non si gonfiano e lo stallo permane. Semplice. Quindi ognuno di noi ha bisogno del suo vento per muoversi, giusto?

Rimanere al sicuro nella baia ti può consumare di nostalgia. Il fatto che ogni viaggio – in realtà – sia consumato nella solitudine piena di noi stessi è la contraddizione più affascinante che c’è perché raramente quando viaggiamo siamo davvero soli. Come al solito più cerco di chiarirmi le idee e più queste mi ballano attorno la macarena. Dovrei rassegnarmi allo sberleffo. Prima o poi lo farò.

Va bene, ora le righe sono sufficienti – pure troppe – e mi stanno cascando le dita sulla tastiera dallo sfinimento. È venerdì e anche questo è un tema.

Già.

 

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(527) Venerdì

Da un po’ le mie settimane sono come le settimane di tutti. Questo mi fa ancora strano, sono ancora stordita dagli orari ordinari di questa mia nuova vita. Non riesco a farmene una ragione, ecco tutto.

Quindi arrivare al venerdì e pensare: “Meno male che è venerdì!”, mi sconvolge. Letteralmente.

Mi ero scordata di come ci si sente, di come questa scansione del tuo tempo – nelle mani di qualcun altro – ti possa toccare nel profondo. Se non hai mai provato altro non te ne puoi accorgere, ma passare da una condizione di assoluta autogestione a quella di ordinaria gestione imputabile a terzi ti si palesa subito con uno scollamento emotivo preoccupante.

Ok, c’è chi la sa prendere meglio di me – perché più intelligente, maturo, saggio, lungimirante ecc. – ma non è che posso togliermi da me stessa fingendo intelligenza-maturità-saggezza-lungimiranza che non possiedo. Eh!

Quindi vivendomi per come sono, devo sistemarmi nell’ottica che sto sbagliando qualcosa. La mia percezione della realtà, ancora una volta, deve essere sistemata. Devo aprirmi a un cambiamento profondo per calibrare meglio il mio assorbimento delle cose che mi coinvolgono e di cui non ho il controllo.

Che detto così sembra che io sia una maniaca del controllo (lo sono?!), ma non è che vivere assecondando il vento sia una condizione che mi è appartenuta in qualche modo pienamente (solo nei miei sogni, non realizzati per ovvie ragioni), per cui i miracoli da me stessa non li posso pretendere. Forse posso raccontarmela meglio, forse posso valutare il resto con più discernimento. Forse.

Va bene, qualcosa mi inventerò, il problema ce l’ho qui davanti agli occhi e non ho scampo. O l’affronto o l’affronto.

Per fortuna che è venerdì. Eh.

 

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(324) Calendario

Li guardo passare e li sto vivendo, ma li sento lontani. I giorni non si fermano – grazie al cielo – sono io che mi fermo ogni giorno a guardare il calendario. 

Primo pensiero del mattino: che giorno è?

Secondo pensiero del mattino: cosa devo fare?

Terzo pensiero del mattino: quanto posso ancora dormire?

E mi alzo per far iniziare la giornata, per rispetto al calendario, per restare al passo con la vita – la mia? – o soltanto per non essere calpestata dalla vita degli altri. Sono prigioniera anche quando il calendario urla vacanza. Ci sarebbe da riderne, ma è venerdì e il proverbio recita:

Chi ride di venerdì piange per tre dì.

Che trappola mortale.

 

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