(1051) Garanzia

Nessuna garanzia che quello che esprimiamo a parole venga recepito in modo corretto. Quel ponte è fragile, come tutti i ponti del resto. Bisogna che ce ne rendiamo conto una volta per tutte: tutti i ponti sono estremamente fragili. Necessitano di manutenzione continua. Non li puoi dare per scontati, non li puoi lasciare lì e basta, non durano per sempre, devono essere rinnovati.

Nessuna garanzia che quello che proviamo sia qui per restare. I nostri sentimenti possono rafforzarsi o smorzarsi grazie o a causa di molte cose, molte moltissime cose che non possiamo controllare. E una volta che se ne sono andati fanno fatica a ritornare, perso il vigore (odio o amore che sia) non sono più utili a nessuno.

Nessuna garanzia che quello che hai oggi tu lo possa avere anche domani. Darlo per assodato viene a tutti molto naturale e quando la perdita si concretizza siamo sempre sorpresi, siamo sempre offesi, sempre indignati con il Destino che ce lo ha voluto togliere (anche se non gli davamo nessun valore, anche se non lo abbiamo mai curato, anche se era buttato in un angolo e ce lo eravamo dimenticato).

Le garanzie, quelle sancite con “soddisfatti o rimborsati” sono ben poche, e bisognerebbe stare attenti alle clausole contrattuali, quelle scritte a carattere 6 che neppure la supervista di Superman saprebbe riconoscerci il marcio. Eppure, prima di fidarci pretendiamo di avere in mano le garanzie del caso. Il che va bene, perlamordelcielo, ma oggi mi domando quali garanzie sarebbero sufficienti per farmi rinascere dentro la fiducia vera, quella che un tempo provavo e che da molto moltissimo non provo più?

Nessuna potrebbe restituirmi quel sentimento, che se ne è andato per una buona ragione e che si è portato via la bella parte di me che poteva abbracciare senza timore.

Mi preferivo prima. Garantito.

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(1038) Freschezza

La ricerca della freschezza sembra essere diventata un’ossessione di massa. E non mi riferisco alla cura per scampare alla calura estiva, ma a quella cosa che non ha sostanza e forse non ha modo di spiegarsi a sufficienza. È un dato di fatto che ci si inventa di tutto per vendere quella sensazione di freschezza che ci può risolvere la giornata: dal chewing gum al profumo, dal deodorante per ambienti alla maglietta di cotone. 

Mi sto domandando da settimane il perché senza venirne a capo. Bypassando le ovvietà, non riesco a capirne l’origine. E sono in questo tunnel – per il momento senza uscita – grazie a un collega avanti di mille miglia rispetto a me che mi ha buttato lì sul piatto la freschezza della comunicazione a cui bisogna puntare. Mettendo da parte il fatto che in quell’ambito pare io sia riuscita a dargli soddisfazione (un sollievo pazzesco), questa cosa qui si è propagata in ogni angolo del mio cervello e ho perso il controllo.

Cos’è questa stramaledetta sensazione di freschezza?

Il brivido di freddo che ti inebria? O un pensiero che ti racconta di un nirvana piuttosto inverosimile e quanto mai lontano da ogni immagine che uno si potrebbe immaginare nello spazio-tempo che comprende tutto l’immaginabile da qui alla fine del mondo? Mah.

La freschezza di un sorriso, la freschezza di un incontro, la freschezza di una storia… devo continuare? Francamente, a me viene in mente il Chilly (e dio-solo-sa-quanto-odio-il-chilly) e la questione del brivido-a-tutti-i-costi mi perplime parecchio. 

Va bene, ora che ho ammorbato tutti con questo inutile pensiero (ma pieno di freschezza, ammettetelo), credo me ne andrò a letto. E dichiaro che la frescura del temporale che ha appena attraversato il lago e sollevato tutti dall’afa è la benvenuta. A prescindere.

‘notte

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(970) Commozione

Può essere per una riga letta in un libro, particolarmente intensa o semplicemente bella. Può essere per un gesto di tenerezza inaspettato, non necessariamente a me rivolto. Può essere per una parola che mi arriva e che mi apre un varco che mi risucchia e mi trasporta lontano. 

Oppure per una canzone o per qualcuno che danza con l’Anima scoperta. Per un ricordo, per chi non c’è più. Per una borsa pronta per un viaggio, che dentro ci sono pezzetti che sai ti peseranno ma che non puoi lasciare a casa.

Sì, mi commuovo facilmente. Ma ho imparato a nasconderlo. Per pudore, credo.

Forse in faccia mi si legge, ma se riesco a ricacciare dentro agli occhi quelle gocce rivelatrici allora mi sento salva. Non serve che dia spiegazioni. Sono fatta così.

Soltanto a poche, pochissime, persone permetto di assistere allo scempio di me stessa quando davvero non riesco a controllarmi. Loro mi sono preziose perché sapranno tenerlo per sé.

Mi piace il fatto che so ancora piegare un angolo del mio cuore per inchinarmi alla Bellezza che incontro. Ho buone speranze che sarà sempre così, perché ormai ho passato la metà della vita e certe cose, se hanno resistito in me per tutti questi anni, non se ne andranno soltanto perché divento vecchia.

Ad ogni modo, ho sempre la corazza del mio pudore su cui contare per evitarmi il ridicolo. Speriamo che non mi abbandoni per sfinimento.

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(892) Top

La maggioranza delle persone ambisce a raggiungere una posizione dove la visibilità sembra giocare un ruolo fondamentale. Essere visibili è l’ossessione di quest’ultimo decennio. Non è importante il motivo per cui lo sei, l’importante è che lo sei. Devi essere il Top.

Una pressione non indifferente, devi inventartene una al giorno per riuscire a mantenere il tuo Top, perché la concorrenza è considerevole e anche sconsiderata.

Avere a che fare con persone che alimentano ambizioni come questa è sempre un gioco a perdere, bisogna passare la mano e farli giocare da soli. Almeno, io ho sempre fatto così e non me ne sono mai pentita. La questione non mi tocca particolarmente se non per il fatto che quando mi accorgo di essere presa nella rete devo ingegnarmi per sgattaiolare via. Un fastidio che subisco.

La visibilità è una brutta bestia, ti fa mettere da parte scrupoli e pudore e così nudo ti aggiri di quartiere in quartiere a mendicare attenzione. Povero te. Essere al Top, poi, è una di quelle partite di cui non puoi garantire il risultato: dipende dai giocatori in campo, dipende dalle tue condizioni fisiche e da quelle del tuo avversario, dipende dal meteo, dipende da quanto è tondo il pallone. Un calcolo delle probabilità approssimativo non risolve. Un terno al lotto, insomma.

Nella lista delle mie priorità, essere visibile a tutti ed essere al Top non ci sono mai state come voci da flaggare. Pigrizia? Modestia? Distrazione? Massì, mettiamoci sopra anche un chilo di patate e la spesa è completa. Condirei con un mezzo litro di disinteresse puro e archiviamo tutto.

Tirarmi da parte non è mai stato un problema, farlo sempre in tempo lo è stato (manco d’agilità, probabilmente). Ho imparato credo. Non benissimo, ma ho ancora margine di miglioramento. Prima di raggiungere il Top ne ho di scalinate da fare e non sono neppure convinta che le farò tutte. Appena vedo che ne ho abbastanza mi fermerò. Controllerò il vento. Guarderò l’orizzonte e riderò della visibilità che ho ottenuto, mentre volevo soltanto rifugiarmi in un angolo a scrivere.

Eh. Per come va la vita, certe volte, ci sarebbe da tirare giù le ostie.

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(809) Spensieratezza

Quando è stata l’ultima volta che ho fatto qualcosa in spensieratezza? Sarà stato nei primi anni ottanta, immagino. Un giro in bici, forse. Che ne so. Non ricordo. Non è terrificante? Non ricordare cosa si prova facendo qualcosa in spensieratezza è terrificante. Sotto ogni aspetto.

Ne faccio mille al giorno di cose mentre sono distratta da un pensiero o l’altro, non è questo il significato che voglio dare a spensieratezza, mi riferisco piuttosto al fare qualcosa con leggerezza, con gioia pura. Ebbene… ho la sensazione di aver perso un potere magico che mai più riavrò. Peggio del mantello dell’invisibilità che mai è stato mio, tra l’altro. Peggio.

Come diavolo è potuto succedere? Non è una cosa che puoi fingere, mica funziona se fingi. Non è qualcosa che riproduci a memoria, contando pure che non ne ho proprio memoria sarebbe ben difficile. Non è qualcosa che t’inventi nuovamente, che anche se non è la stessa precisa sensazione almeno ci assomiglia. No. No. No!

Devo proprio rassegnarmi, devo mettermela via, devo far finta che ne ho avuta tanta di spensieratezza in tenera età da aver dato fondo a tutta la scorta e ora non posso che continuare a esistere senza. Già il pensiero è deprimente, figuriamoci la consapevolezza che sia davvero così.

E se l’avessi soltanto messa da parte, dimenticata in un angolo e lei è ancora lì che mi aspetta? E se ci fosse una fonte magica da cui attingerla e io non dovessi far altro che trovarla? E se me ne fossi messa da parte un po’ per i tempi bui e mi comparisse davanti appena il buio arriverà? Eh. E se. Sarebbe bello, ma mi faccio poche illusioni al riguardo.

Se solo ricordassi l’ultima cosa spensierata che ho fatto nella vita, forse il ricordo mi basterebbe a colmarne la mancanza. Sarebbe bello. Eh.

 

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(785) Angolo

Anche se “nessuno può mettere Baby in un angolo” (cit. Johnny in “Dirty Dancing”), spesso è Baby che si mette in un angolo. Lo fa per diverse ragioni, per lo più per essere lasciata in pace, per poter pensare senza intromissioni, per fare mente locale su dov’è, chi è, cosa deve fare, cosa vuole fare, cosa fa e sciocchezze del genere.

Baby in quell’angolo, quando ci si mette da sola, sta perfettamente. Se ce la costringono, è tutta un’altra storia.

Non reagisce subito, perché comunque da quell’angolo la visuale è interessante. Sempre. Chi ti ci ha messo pensa che te ne resterai lì in silenzio e che il suo problema (ovvero tu) sia archiviato, quindi non bada più a te. Questo Baby lo sa. Prende questa cosa e la sfrutta finché ne ha abbastanza e se ne va. Semplicemente così, ogni sacrosanta volta, con freddezza clinica e sempre con lo stesso risultato: la consapevolezza che spinge alla scelta e quindi all’azione. La strategia di Baby non solo funziona, ma non viene percepita come strategia da nessuno. Nessuno la guarda, in quell’angolo, nessuno la pensa in ascolto, in attesa. Nessuno.

Quando il quadro è stato esaminato a sufficienza, e una certa idea della questione se l’è fatta, Baby si alza e se ne va. Anche se Johnny non arrivasse (e quando mai arriva un Johnny che ti toglie davvero dall’angolo, ma va là!) lei sarebbe pronta ad andarsene a costo di strisciare, di scavare, di spiccare il volo, di saltare come uno stambecco anche se stambecco non è. In qualche modo Baby farà. Lo ha già fatto migliaia di volte e sa come fare, quindi lo farà.

“Nessuno può mettere Baby in un angolo”, vero. E quando Baby è davvero costretta all’angolo non è detto che ci resterà. Sarà lei a decidere “chi, quando, come, dove” (ma questa è Vivian in “Pretty Woman” che è la stessa storia ma senza mambo in mezzo e comunque finisce bene anche lì perché le donne cazzute in un angolo sanno sempre cosa fare e per chi ce le ha messe non è mai indolore, dopo).

Fuck.

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(722) Soliloquio

Non sono solita bere alcolici, mi sarò sbronzata un paio di volte in tutta la mia vita, eppure oggi ho riletto a casaccio alcuni dei post di questo mio blog e mi sono impressionata. Sembro un’alcolizzata all’ultimo stadio. 

Sto qui a scrivere di pensieri e cose che hanno forma solida soltanto nella mia mente da quasi due anni. Una sbronza bella lunga direi.

Non mi sono mai soffermata sul fatto che chi non mi conosce e passa di qui per caso a leggermi potrebbe farsi un’idea piuttosto squinternata di me – e molto probabilmente succede anche a chi mi conosce nella vita reale. Quindi, visto che non l’ho mai considerato un rischio fino a ora, ho deciso che continuerò a non pensarci. Mi viene più facile.

Quest’ennesimo soliloquio non è che una conferma di tutto quello che il mio stato perenne d’inebriamento comporta: pensieri concatenati che solitamente mi portano a zonzo senza alcuna meta e poi mi lasciano a un angolo o l’altro della strada. Strada deserta, il più delle volte. Che senso ha? Averceli, i pensieri, potrebbe non essere molto sensato ma non posso impedire loro di comparirmi in testa, non scriverli avrebbe ancora meno senso perché mi illudo ancora che uno di questi scritti potrebbe – col senno si poi – rivelarsi illuminante. Non tanto per gli altri quanto per me. Metti che a un certo punto mi viene un pensiero straordinario e poi me lo dimentico… ma scherziamo?!

Chi pensa troppo corre il rischio di intortarsi avvoltolandosi in se stesso. Perdi la bussola, perdi la misura, perdi il controllo. Bisogna ancorarsi a terra in qualche modo e ognuno trova il suo modo. Ecco, il mio modo è pressocché innocuo. Riguarda soltanto me, nessun danno collaterale. Non è mica poco.

Comunque stasera sono in ritardo rispetto al solito e sto crollando dalla stanchezza… questo soliloquio risulterà più alcolico che mai. Quasi quasi me ne faccio un altro. Anzi, ne prendo due. Due on the rocks, ovviamente.

Buonanotte.

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(694) Alieno

Essere un alieno può significare che provieni da un altro mondo, che appartieni a un altro mondo, ma anche che sei refrattario rispetto a qualcosa o a qualcuno: come al solito la lingua italiana si riempie di colore appena la sfiori. Quante volte al giorno ci succede? Centinaia. A tutti per di più. Siamo tutti goffi alieni che si muovono a tentoni e che fanno finta di avere tutto sotto controllo. Balle.

A me piacerebbe tanto incontrare un alieno capace di affermare non-lo-so quando davvero non sa qualcosa. Mi piacerebbe parlare con un alieno che non si vergogna di ammettere che non-può-fare qualcosa o addirittura che non-sa-fare-qualcosa. Sarebbe liberatorio. Non sarei sola in questo pianeta dove tutti sanno tutto e tutti sanno fare e possono fare tutto.

Io no. Ci sono milioni di cose che non so – anzi, miliardi – e altrettanti milioni di cose che non so fare o che non posso fare, eppure vivo. Forse non me lo merito, ma respiro lo stesso, anche se sono lontana dall’essere come vorrei, anche se la gran parte delle mie aspirazioni son finite in cantina e non c’è nulla di che vantarsi. Sono un Essere Umano finito, ho confini precisi e alcuni limiti che non mi sarà possibile superare neppure in cento vite. Pazienza. Non odio nessuno per questo, non c’è nessuno con cui prendersela, neppure chi può tutto, sa tutto, fa tutto e pure bene. Eh! Beati loro. Io no.

La cosa migliore di tutte? Nessuno si aspetta da me grandi cose. A tutti basta la mia normalità, quando ne hanno abbastanza se ne vanno liberamente, per andare a dimostrare altrove che sanno, che possono, che fanno. Magari ne danno annuncio sui social, perché se non lo racconti a qualcuno la questione perde il luccicore. Dal mio angolo alieno osservo: a volte ammiro e altre mi dissocio con fermezza.

Qui da me l’ordinario ha un sapore buono, che sazia, e quando qualcosa di straordinario accade lo si festeggia. Potrebbe non accadere più.

Noi alieni siamo fatti così. Portate pazienza.

 

 

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(480) Zanzare

Sono zanzare tutti gli atroci fastidi che ti saltano addosso mentre tu ti stai godendo un angolo di santapace che hai costruito con pazienza e amore e che ti auguri possa farti bene. Sai che sarà breve, che sarà solo un blando tentativo di riposo, metti pure in conto che al telefono dovrai rispondere se proprio è urgente… eppure ti illudi sempre, SEMPRE, che le zanzare ti ignoreranno per quei tre minuti tre in cui ti ritiri in te stesso.

Ti sbagli.

Le zanzare annusano il tuo intento da lontano, anche fossero su Plutone lo sentirebbero forte e chiaro e tu non ci puoi fare nulla.

Le zanzare sanno che, grazie alla tua ostinazione, riuscirai prima o poi a ritagliarti quello scampolo di pace e ti aspettano al varco. Le zanzare sanno essere tanto pazienti (ben più di te) quanto implacabili (ben più di te).

Le zanzare non se ne andranno soltanto perché tu glielo chiedi o glielo imponi. Neppure se le implori. Le zanzare pensano di essere dalla parte della ragione e vogliono che tu abbracci la loro visione senza fare storie. Se le fai, sappi che avrai la peggio perché il fastidio durerà molto più a lungo di quanto da loro preventivato. La questione principale è che alle zanzare tu servi e finché non ti arrendi e dai loro ciò di cui hanno bisogno, loro non molleranno. Mai.

Le zanzare hanno nomi e cognomi, le zanzare sono dentro alla rubrica del tuo telefono, vivono ovunque e vogliono sempre qualcosa di nuovo, qualcosa che guarda caso ti coinvolge, anche se tu lo ignori. Le zanzare non dormono mai, al massimo si rilassano aspettando il momento giusto per colpire, le zanzare si riposano mentre tu sgobbi e imprechi per risolvere i loro affari e intanto pensano a qualche nuovo fastidio da consegnarti appena poggi il sedere sfinito e frustrato.

Scordati la tua pace. Le zanzare sono qui per te e per sempre.

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