(1062) Birra

Diamo per scontato che ci sono giornate e giornate. Una diversa dall’altra, per fortuna e purtroppo. Diamo anche per scontato che a volte, dico a volte, si è di buon umore e ben disposti nei confronti di tutto l’Umano possibile e altre no. Diamo per scontato che in quelle no ci sono delle differenze: si può essere leggermente intolleranti, discretamente intolleranti, decisamente intolleranti, pesantemente intolleranti, bestie-sterminatrici-all’attacco (l’ultimo stadio).

Perché l’Essere Umano (in generale) contiene moltitudini (cit. Walt Withman) e alcuni contengono abissi che se vai lì a stuzzicare può succedere il finimondo.

Ecco, io sono nella norma, se mi arrabbio davvero al massimo impreco come un contadino friulano dopo una grandinata che gli ha rovinato la vigna. Finisce lì. Sì, non dimentico (sono pur sempre friulana), ma ci passo sopra il più delle volte. Col tempo posso anche far finta di niente.

Aiuta, però, sapere che in frigo c’è una birra.

La sbronza no, quella lascia strascichi brutti e peggiorare la situazione è idiota, ma una birra fresca – una Guinness ovviamente – che ti fa piombare il malumore ai piedi mentre deglutisci e senti l’amaro in bocca che si mescola con la tostatura irlandese, sì. Ci vuole. Perché pensi meglio, diventi anche più lungimirante. Proietti il maltorto in un tempo così lontano che già ti vedi oltre: oltre tutto quello che si può oltrepassare e che ormai non ti tange più.

Ci sono molti modi di affrontare le giornate, sapere che se tutto va in malora tu puoi contare su qualcuno che ti fa calare il sangue caldo che hai alla testa e ti fa i piedi un po’ più pesanti (conviene avere o divano o letto vicini) è sempre un bel sollievo. No, non è che oggi è andata così male, era tanto per dire. Mi sembrava giusto scriverlo per ricordarmelo e l’ho fatto. Meglio prepararsi al peggio sperando il meglio che essere presi di sorpresa e tirare giù il firmamento con le imprecazioni, giusto?

Cheers.

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(722) Soliloquio

Non sono solita bere alcolici, mi sarò sbronzata un paio di volte in tutta la mia vita, eppure oggi ho riletto a casaccio alcuni dei post di questo mio blog e mi sono impressionata. Sembro un’alcolizzata all’ultimo stadio. 

Sto qui a scrivere di pensieri e cose che hanno forma solida soltanto nella mia mente da quasi due anni. Una sbronza bella lunga direi.

Non mi sono mai soffermata sul fatto che chi non mi conosce e passa di qui per caso a leggermi potrebbe farsi un’idea piuttosto squinternata di me – e molto probabilmente succede anche a chi mi conosce nella vita reale. Quindi, visto che non l’ho mai considerato un rischio fino a ora, ho deciso che continuerò a non pensarci. Mi viene più facile.

Quest’ennesimo soliloquio non è che una conferma di tutto quello che il mio stato perenne d’inebriamento comporta: pensieri concatenati che solitamente mi portano a zonzo senza alcuna meta e poi mi lasciano a un angolo o l’altro della strada. Strada deserta, il più delle volte. Che senso ha? Averceli, i pensieri, potrebbe non essere molto sensato ma non posso impedire loro di comparirmi in testa, non scriverli avrebbe ancora meno senso perché mi illudo ancora che uno di questi scritti potrebbe – col senno si poi – rivelarsi illuminante. Non tanto per gli altri quanto per me. Metti che a un certo punto mi viene un pensiero straordinario e poi me lo dimentico… ma scherziamo?!

Chi pensa troppo corre il rischio di intortarsi avvoltolandosi in se stesso. Perdi la bussola, perdi la misura, perdi il controllo. Bisogna ancorarsi a terra in qualche modo e ognuno trova il suo modo. Ecco, il mio modo è pressocché innocuo. Riguarda soltanto me, nessun danno collaterale. Non è mica poco.

Comunque stasera sono in ritardo rispetto al solito e sto crollando dalla stanchezza… questo soliloquio risulterà più alcolico che mai. Quasi quasi me ne faccio un altro. Anzi, ne prendo due. Due on the rocks, ovviamente.

Buonanotte.

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