(1068) Maturità

Pensavo che la maturità fosse un’oasi di pace, dove i conti tornano e ci si mette via via l’anima in pace preparandosi a godersi la vita così come la vita deve essere: meravigliosa.

È molto probabile io abbia frainteso un paio di concetti costruendomi un’utopia difficilmente giustificabile.

Ovviamente, la maturità ti porta una certa presenza di spirito. Magari prendi un po’ meglio le cose – dalle rotture di palle alle delusioni, dai contrattempi ai piani falliti e via dicendo – ma poco altro. Davvero poco altro. Ci si incazza ancora (sperando di esserne ancora capaci) e si soffre ancora per le cose che sfuggono via e non ci si può fare niente. Soprattutto si viene presi da attacchi furiosi di nostalgia e ogni nostra giornata ha un sottofondo malinconico che si sposa male con il godersi davvero la vita meravigliosa che vorremmo.

Su questo me la sento di azzardare che non sono la sola a viverla così, altrimenti vedrei i miei coetanei passarsela meglio.

Dunque è evidente che la mia idea naïf di maturità deve essere corretta e sanata. Eppure, la tristezza che mi prende nel pensare di lavorarci sopra togliendo tutto lo zucchero mi è insopportabile. Pensare che prima o poi scorgerò all’orizzonte quell’oasi di pace in cui rifugiarmi è un bel pensiero, dopotutto. Illudermi che ci sarà un miglioramento e che le cose diventeranno meravigliose (andiamo a percentuale, dai, almeno un bel 50% su!), mi tranquillizza. Mi fa stare a galla.

Comunque, l’estate si sta squagliando, si entra ufficialmente nella stagione della malinconia… dove mi trovo decisamente più a mio agio. Ma di cosa sto parlando, quindi? Va bene così, va tutto bene così.

È meraviglioso.

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(1013) Cioccolato

Quel che fa bene e quel che fa male. Ognuno ti dice la sua, ognuno portatore di lungimiranti elisir di vita eterna. Ma di qualcosa si deve pur morire. 

Il cioccolato (nahuatl cocholatl) fa bene perché aumenta la produzione di serotonina e muori contento. Questo è un modo per continuare a mangiare cioccolato senza sensi di colpa. Chi dice che il cioccolato fa male non ha capito niente. Lasciamoli parlare.

Ci sono cibi, riflettiamoci su, che creano l’atmosfera: prova a sostituire il cioccolato con le barrette ai cereali e poi dimmi se ti passa la saudade. Ma per favore!

E ogni cosa ha la sua stagione e la sua temperatura ideale. Strafogarsi di cioccolato in piena estate non ti viene naturale, a meno che non lo trasformi in gelato o qualcosa di fresco che gli assomigli molto. Quindi è ovvio che i Pocket Coffee o i Mon Chéri spariscano dai supermercati, sarebbero sprecati. Questo – voglia o no – ti porta uno scompenso, magari così sottile da non rendersi evidente se non in un angolo oscuro del tuo subconscio, infatti quando a quasi inizio autunno ricompaiono ovunque una certa felicità ti pervade. Grazie per essere di nuovo qui con me, amici!

Il cioccolato, in realtà, è stato creata dagli uomini per una ragione sacrosanta: sopravvivere. Anche nei periodi in cui ne faccio a meno, perché non ci penso, il solo sapere che esiste e che è alla mia portata mi fa passare metà dell’ansia. Perché c’è bisogno di qualcosa che ti faccia passare un po’ d’ansia che non sia il Prozac, c’è bisogno.

A questo punto, basita da quanto io stessa non sapevo di pensare riguardo all’argomento, ritorno al presente, a questa estate che è stramba e calda, caldissima e strambissima. Per fortuna che c’è il cioccolato.

Ogni saudade è la presenza dell`assenza / Di qualcuno, un luogo o un qualcosa, infine / Un improvviso no che si trasforma in sì / Come se il buio potesse illuminarsi. / Della stessa assenza di luce / Il chiarore si produce, / Il sole nella solitudine. / Ogni saudade è una capsula trasparente / Che sigilla e nel contempo offre la visione / Di ciò che non si può vedere / Che si è lasciato dietro di sé / Ma che si conserva nel proprio cuore.  La saudade è un sentimento; è la struggente presenza di un’assenza.  (“Toda Saudade” di Gilberto Gil) 

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(1006) Caldo

All’estate non c’è scampo. Ogni anno mi penso a riposare su altri lidi, nel profondo nord dove di notte si dorme bene con un piumino… e ogni anno mi sbaglio. Qui inchiodata a guardare il lago evaporare, tutto quanto sopra la mia testa.

Il caldo senza senso di questi giorni è l’inferno che si anticipa ante-mortem con una certa soddisfazione. E per quanto io fossi preparata non lo sono mai abbastanza. 

Dicono sia l’estate più calda, ma pure l’anno scorso era così. Sono andata a scovare il mio vecchio diario perché l’avevo pure scritto, me lo ricordavo bene. Una frase che non lascia dubbi: “Maledetto caldo infernale non mi avrai!”.

Stessa frase che mi tormenta in queste notti insonni sperando in temporali rinfrescanti che non arriveranno mai (ma a Guadalajara è scesa una montagna di grandine… ma no, i cambiamenti climatici sono solo paranoie allarmistiche).

Mi rendo conto che niente è per sempre e che il tempo passa che è una meraviglia, ma siamo il primo luglio e c’è tutto il mese davanti e poi c’è agosto… metti pure che a settembre inizi a rinfrescare (e non è detto per un tubo perché l’anno scorso c’erano i tropici fino a ottobre) è comunque un’agonia lunga e crudele.

Niente, non è che a lamentarsi cambi qualcosa, ma stasera non ho un pensiero uno che non si sia sciolto miseramente prima ancora di raggiungere la tastiera e in tutta sincerità anche tenere il PC acceso comporta un’aumento della temperatura nella stanza che mi risulta vagamente intollerabile… quindi facciamo che questo post ormai si tiene così com’è e mettiamoci una pietra sopra.

Domani parlerò delle maledette vespe che mi attaccano per uccidermi. No, non vi spoilero nulla, ma sappiate che non è uno scherzo.

‘notte.

 

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(723) Autunno

Chi mi conosce lo sa: per me l’autunno entra tassativamente il 1° di settembre. Tassativamente, ripeto. Non me ne frega nulla cosa dice il calendario e l’equinozio e tutti gli studi fatti sulla Terra e quel che le compete. L’Autunno per me arriva con il 1° di settembre, ergo: è in fottuto ritardo!

‘Sto caldo che non passa, ma cosa aspetti a toglierti di torno? Vogliamo proprio ridurci all’ultimo minuto come al solito? Eh?!

Perché l’Autunno è uno stato mentale più che una stagione. Significa iniziare un lento e progressivo ritiro in se stessi. Ricominciare a concentrarsi su quello che abbiamo dentro anziché quello che c’è fuori. Ecco, questa condizione mentale è la mia preferita. Poi se ci metti che le giornate si fanno tiepide (tiepide non torride!) e che le passeggiate diventano più dolci, cos’altro mi serve per anelare a un anticipo d’entrata della mia attrice preferita? Nulla. 

Va da sé che io non sia proprio una persona particolarmente legata al calendario e ai suoi ritmi (ho usato un tono eufemistico, si percepisce?). Se non fosse che il resto del mondo ci tiene tanto a ricordarmi l’arrivo del Natale, Capodanno, Pasqua, Ferragosto, io glisserei serenamente sopra ogni evento deciso da umani che non sono io. Mi danno fastidio pure i sabati e le domeniche, tanto per fare un esempio. Dirò di più: tollero a malapena le stagioni. Certo, tutto bello, per l’amor del cielo, ma il cambio armadio è la perdita di tempo più esagerata che si sia mai vista – anche più del guardarsi il telegiornale. Rimango legata affettivamente alla primavera, perché è l’eterno stupore della rinascita che si mostra ovunque ed è come un incantesimo, ma gli estremi stanno diventando troppo estremi (estati torride e inverni polari) e, specialmente dopo gli ultimi infernali mesi, l’Autunno anticipato è diventato a tutti gli effetti un diritto mica un vezzo!

Ok, credo di essermi sfogata a sufficienza. Mi rimetto in attesa.

Tic-Toc-Tic-Toc-Tic-Toc…

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(703) Spirale

Arriva la pioggia, scende la temperatura e il mio cervello si rifà vivo. Molto rincuorante, giuro, pensavo di averlo perso per sempre. Un’afosa e infinita estate questa, temevo non sarei più stata la stessa, invece ho fatto l’appello e i neuroni che c’erano son rimasti e stanno ricominciando a respirare. Bene.

E a settembre si ricomincia a progettare. Inevitabile. Bene pure questo.

Per un anno me ne sono rimasta buona in disparte perché volevo concentrarmi su quello che stavo professionalmente vivendo. Non è stato facile, pensavo non sarebbe stato un problema, ma probabilmente zittire la mia parte artistica è stata una sofferenza pesante che ha influito sulla mia capacità di ritenermi soddisfatta di me stessa, intera. Ora, sembra, io possa ricominciare a esserlo: soddisfatta e intera.

Basta già questo pensiero a mettermi di buon umore, pare impossibile ma è così. E non lo so perché questa spirale non si rassegna e non mi fa scappare, non lo so, so soltanto che se le cose stanno così significa che così deve andare. Ogni volta che mi sono rimessa in gioco è stato un salto nel vuoto, questa volta no. So cosa posso fare, so cosa voglio fare, so dove voglio andare e so che non voglio andarci da sola ma con le persone giuste, quelle con cui si viaggia volentieri, quelle con cui si può condividere, quelle che se ci sono rendono tutto più bello.

Ho ancora e sempre bisogno di bellezza, avvolgente e appagante, e sono ancora convinta che la bellezza si possa creare con la forza delle visioni ben nutrite e con il fare insieme. Non ho intenzione di cambiare idea perché sarei infelice. Smettere di credere in quello in cui credo mi renderebbe cinica, arida, rabbiosa, pronta a scagliarmi contro tutto e tutti. Non voglio trasformarmi in un recipiente di amarezza e veleno. Voglio continuare a credere.

Come andrà? Eh. Se avessi la sfera di cristallo mi farei chiamare Madame Babsie e venderei le mie consulenze magiche come noccioline. Dico, però, che andrà bene. Comunque andrà bene. Per le premesse, per le possibilità, per la musica e per i sentimenti che il viaggio ha in sé. Sarà faticoso? Eh. Anche senza la sfera di cristallo posso rispondere senza dubbi che: sì, dannatamente faticoso. Eppure ne varrà la pena. Come lo so? Non è mai stato diversamente da così nella mia vita. Non vedo perché dovrebbe cambiare proprio ora.

I’ll sleep when I’m dead… e si ricomincia a cantare.

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(691) Rinfrescare

Credo sia un verbo pieno di positività: mi rinnovo, mi rivitalizzo, mi ridipingo! Significa che ho perso freschezza, manco d’energia, mi si sono sbiaditi i colori… è necessario metterci mano e rinfrescare tutto. Ecco: mi sento così.

Facile a dirsi, meno a farsi. Se mi sono ridotta così ci sono motivi che non basterebbe un mese a scriverli tutti, ma alla fine non è poi così importante intignarsi nei perché. Oppure sì? Avendo presente i perché e non potendo farci nulla ormai, bisogna solo correre ai ripari. Seh, si fa presto a dirlo, ma da che parte cominciare? Rinfrescare il cervello che in questi mesi di temperature allucinanti si è bollito? Oppure rinfrescare il corpo che in questi ultimi anni si è rammollito? O basta rinfrescare il cuore che in questa vita si è sbrindellato mica da ridere? 

Non lo so, mi sembra tutto molto faticoso. Ricordiamoci che io sono una pigra conclamata pertanto già il solo pensare di mettermici d’impegno mi costa fatica. E poi tutta la questione del bisogna-volersi-bene che continua a tormentarmi in sottofondo… mica sono una fan del bisogna-volersi-male, ma neppure del ci-sono-io-e-il-resto-non-conta. Devo pur sempre fare i conti con i miei limiti, e questo aggiunge fatica alla fatica.

Bastasse una doccia a rinfrescarsi sarei a bolla, vivrei sotto la doccia. Le cose però non sono mai facili né troppo piacevoli per chi deve percorrere certe strade, sarà che bisogna essere tagliati per godersi la vita? Non lo so. Forse già la fine dell’estate potrebbe bastare, almeno a farmi passare un terzo della pigrizia e iniziare una mini-programmazione per il recupero delle forze.

Va bene, appena rinfresca, mi rinfresco, ho deciso!

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(641) Potenziale

Il potenziale è quella cosa che è in noi – come dote naturale – ma che se non lo aiuti non crescerà mai così forte da essere per te una risorsa reale. Chiamiamola una possibilità inespressa, che non vede l’ora di rendersi esplicita, ma che per farlo ha bisogno del nostro aiuto. Bisogna impegnarcisi, o rimane lì a fare nulla.
Tutti noi abbiamo un potenziale, chi fa finta di non averlo è perché non è disposto a lavorare per renderlo attivo e utile. Pigrizia? Indolenza? Stupidità? Boh, forse un po’ di tutte e tre o forse inconsapevolezza. Va’ a capire, siamo esseri complicati noi umani.
 
Non voglio farla molto lunga, ma credo che la più grande fortuna per un Essere Umano è scoprire il prima possibile il proprio potenziale per iniziare a lavorarci subito. Bisognerebbe nascere con un libretto d’istruzioni con su scritto la lista delle potenzialità e magari anche un altro paio di dettagli tecnici indispensabili per il normale vivere (ma di questo non voglio parlare ora).
 
Per esempio: sai memorizzare i numeri di telefono abbinandolo ai nomi dei proprietari. Taaac… sai che hai davanti a te una carriera come elenco telefonico umano. Ti metti su quel binario e la vita ti si srotolerà davanti come il tappeto della Mostra del Cinema di Cannes, liscio e rosso immacolato.
 
Diamo per scontato che non per tutti le cose possono essere così facili, ma mi sono domandata mille volte: se la mente di un criminale sa essere così efferata quando commette gesti atroci, perché non usare le stesse capacità per compiere grandi e belle cose? Energia buttata, potenzialità sprecate.
 
A parte le assurdità che mi possono uscire dalle mani in questa afosa serata di luglio, l’ho già detto quanto io odi l’estate?, la questione delle potenzialità è una cosa che mi sta molto a cuore. Quando vedo qualcuno che è riuscito a fare di una sua dote innata una grande risorsa per il suo benessere, mi commuovo. Splendido. Cosa chiedere di più? La tua felicità va a beneficio di tutti. Non sarai rabbioso perché gli altri hanno/fanno e tu no. Non sarai astioso perché pensi che qualcuno ti ha tolto qualcosa. Non sarai invidioso del benessere altrui perché avrai il tuo, costruito con le tue stesse mani prendendo il tuo potenziale e trasformandolo in fonte di ricchezza personale senza fine.
 
La grande, grandissima, capacità dell’Essere Umano di fare – fare in un miliardo di modi e con triliardi di combinazioni diverse – è una benedizione. Chi non ne approfitta vive al minimo, tira il freno anziché spiccare il volo. Non c’è nessuno che può farlo per noi, nessuno che ci crederà se non siamo noi i primi a crederci. Nessuno. Svegliamoci prima che la vita ci scivoli via troppo in fretta.
 
 
 
 
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(595) Luce

Troppa luce mi mette a disagio, va’ a capire il perché. O meglio: so anche il perché, ma ora che sono sulla via dell’anzianità potrei anche mettermela via ‘sta cosa e vivere più serena. Ma niente. Non ci riesco.

Ribadisco: troppa luce mi infastidisce, mi fa sentire spudoratamente evidente, mi fa venire voglia di scavarmi una buca e buttarmici dentro. D’altro canto, dall’ultimo test super idiota trovato su facebook sono risultata essere una civetta. Mi ci ritrovo proprio – questo mette un po’ di pace tra le mie diverse ansie, lo ammetto.

Non è che questa cosa della luce sia un pensiero particolarmente opprimente, vivo maluccio d’estate – lo so – ma ormai senza grandi sconvolgimenti. All’arrivo dell’autunno riprendo possesso dei miei poteri e mi vivo più serenamente – questo è un dato di fatto – e resisto bene fino alla fine della primavera. Arriva il 21 giugno, solstizio d’estate, e inizia l’agonia. Non voglio ancora pensarci, ho più di un mese per vivere con dignità, ma la “luce” come argomento da affrontare mi si è ripresentata in queste settimane per questioni di lavoro. Non per mia scelta – ovviamente, scema ok ma fino a un certo punto – e proprio per questo motivo l’ho vissuto con un fastidio di misura epica e  andamento trasversale, ovvero: odio tutti e tutto il giorno. Son già contenta che nessuno mi abbia ancora fatto fuori perché so essere decisamente indisponente quando sto così.

Oggi, comunque, sono ancora qui a rimurginarci sopra perché ancora la questione non l’ho risolta. Non sono ancora riuscita a concretizzare in una dannata frase (non troppo lunga, mi raccomando) il concetto di luce come mi è stato chiesto. No, non è una cosa da niente, perché non si tratta di dire la mia in proposito – figuriamoci chi mi potrebbe impedire di dire la mia – no no no, devo tradurre un pensiero abbozzato da qualcun altro da trasformare in qualcosa di memorabile, tipo aforisma alla Oscar Wilde. Fulminante, luce saettante sparata in testa a qualcuno da Zeus in persona: questo l’effetto che deve fare. Nient’altro da aggiungere.

Ritornando a me, visto che sono un mirabile esemplare di Essere Umano finemente egoriferito, son sempre e sempre di più dell’idea che la troppa luce sia irritante. Sono ancora e sempre dell’idea che non dev’essere esagerata, solo quel tanto che basta per non sciupare la magia dei luoghi, delle cose, delle persone, dei sentimenti. Se mi spari un faro navale da 50.000 kW addosso mi ammazzi, non posso affrontare tanta crudeltà, sono pur sempre un clone di Morticia Addams!

Ok, ora devo rimettermi al lavoro. Dov’ero rimasta? Ah, sì: luce…

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(315) Anelli

Gli anelli di Saturno sono anelli planetari attorno al pianeta Saturno. Sono composti da milioni di piccoli oggetti, della grandezza che varia dal micrometro al metro, orbitanti attorno al pianeta sul suo piano equatoriale, e organizzati in un anello piatto.

Oggi, tutt’a un tratto, mi sono scoperta simile a Saturno. Una piccola illuminazione che ancora faccio fatica a focalizzare, ma che mi rende felice. Non so che dire, sarà l’inizio della follia conclamata. Comunque, il ragionamento è partito dal fatto che spesso ho confuso la sostanza del mio pianeta con quella degli anelli che ho attorno.

Forse perché gli anelli hanno grande appeal. Nel senso che sono luoghi dove la scoperta si fa elettrizzante e questo perché non ti appartengono, sono oggetti estranei che si sono avvicinati a te mentre vivevi.

Dando per scontato che gli anelli sono miei e guai a chi me li tocca (e così dovrebbe essere per chiunque), va da sé che occuparsi solo di loro e poco del mio pianeta diventa faccenda potenzialmente rischiosa. L’implosione è dietro l’angolo.

Vediamo se riesco a chiarirmi questo concetto: il mio pianeta sarà anche poco elettrizzante e sfarfalleggiante, ma è pur sempre solido e intensamente popolato da tutto ciò che mi appartiene intimamente. Lui mi sostiene, mi alimenta, mi permette di crescere. Gli anelli, in qualche modo, mi fanno da corazza. Proteggono ciò che è pianeta, ma non si sostituiscono al pianeta.

Sono in un periodo di forte cambiamento, faccio fatica a sistemare tutto e accettare tutto, sto tirando calci a destra e a manca dentro di me e sto facendo finta che non stia succedendo. La testa mi porta avanti, le viscere protestano, gli anelli sberluccicano e il mio pianeta vorrebbe soltanto un mese per dormire e basta.

Ti odio estate.

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(250) Estate

Sto cominciando a credere in questa estate. Non sto parlando di aspettative, sto parlando di desideri da realizzare che potrebbero realizzarsi. Non ho intenzione di focalizzarmi su questo, ho una tabella di marcia bella tosta da seguire e che intendo rispettare, ma adesso, proprio adesso ho avuto questo pensiero.

L’estate è sempre stata crudele per me, anche quelle estati dove c’era divertimento e giovinezza e cose belle. La luce impietosa del sole estivo è crudele, per me. Ogni estate vorrei scappare in un luogo dove l’autunno imperversa, mentre il mondo normale si gode quello che per me è insopportabile – e non so neppure il perché. Un’altra delle mie stramberie, eh.

Questa estate, però, la voglio diversa. Anzi: la sento diversa. Forse sono io diversa – il che sarebbe cosa buona e giusta, lo ammetto pubblicamente.

Sta di fatto che sono stupita di sentirmi così. E sono curiosa di vedere cosa saprò fare con questa novità. Mah!

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