(871) Convinzione

Nutrire una convinzione può portare ovunque. E questo non è affatto rassicurante. Sto pensando a tutte le mie convinzioni e c’è di che riderne, lo garantisco. Se non mi fossi focalizzata su alcune di loro ora non sarei qui (nel bene). Se non avessi dato retta ad alcune di loro ora non sarei qui (nel male). Fatto sta che sono qui e ho un po’ di tempo per pensarci e scriverne.

Quando sei convinta che qualcosa sia possibile, e questo è parecchio inquietante, è molto probabile che lo sia. Soltanto perché tu agisci già come lo sia, quindi non dai adito a dubbi e a tentennamenti o anche opposizione (interne o esterne) e vai incontro a ciò che tu già sai che sarà. Possibile. Semplicemente.

Stessa cosa vale per tutto quello che riteniamo impossibile. Lo è prima di tutto perché noi ne siamo convinti. Magari la Realtà o il Destino la pensano diversamente, ma non siamo disposti a credere ad altro se non alla nostra convinzione. Se per noi è impossibile, stiamo certi che impossibile sarà.

Dopo anni di realizzazioni improbabili, ma per mio credo assolutamente fattibili, ho iniziato a pensare che gran parte delle cose che avrei voluto fare e che non ho fatto hanno unicamente me come responsabile: non ero abbastanza convinta. Non ci credevo tanto da poter sentire dentro che era possibile. Che idiota.

Credo faccia parte di quell’ampio discorso sul nostro essere protagonisti della nostra stessa esistenza o solo spettatori. Spesso deleghiamo al Fato la scelta che è solo nostra. Ci convinciamo che non ce la potremo mai fare perché abbiamo una visione di noi fin troppo piccola. Nonostante un ego smisurato, beninteso. Perché una cosa è voler essere e un’altra cosa è essere consapevoli di essere.

Posso affermare con convinzione che io predico bene e razzolo male. Sto ancora qui persa nelle mie paranoie soltanto per poi ridere di me. Che – perlamordelcielo – non fa mai male, ma alla fine diventa stucchevole.

Dovrei svegliarmi. Santiddio!

 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(814) Tramonto

Cessa il fare-fare-fare e si instaura dentro di te il sollievo. Ce l’abbiamo fatta a concludere un’altra giornata, in modo onorevole il più delle volte, se non altro perché siamo ancora vivi. Non è poco di questi giorni.

Si ripongono le armi – o così dovrebbe essere – e si ricerca quella condizione mentale più vicina alla pace possibile (ammettiamo che c’è anche chi la guerra se la porta dentro e ovunque, ma non tutti, santocielo, non tutti). Quando si vive il finire delle cose della giornata c’è uno sfinimento (benefico se la giornata è stata gratificante, meno se è stata un disastro) che ti fa chiudere tutto fuori. Se non altro per darsi tregua, perché di una tregua c’è bisogno. 

Il punto, forse, è: quanto riusciamo a darci tregua?

Se lo chiede una che non l’ha mai presa troppo in considerazione e ne sta pagando le conseguenze. La domanda nasce, evidentemente, da una necessità. Impellente, aggiungerei. Svegliarsi prima no? Evidentemente no. Ho i miei tempi, giurassici è vero ma sono una fan accanita del meglio-tardi-che-mai (s’era capito?).

Questa mia nuova prospettiva – che vede protagonista LA TREGUA – mi sta rivoluzionando per bene i tracciati mentali che si erano ossidati e che mi implorano di recuperarsi in lucidità. Un lavoro immane. Un lavoro che prima inizia e meglio è. Un lavoro che inizia ora. Nel senso che non posso più rimandarlo, non posso più procrastinare un vitale processo che avevo fino a questo momento sottovalutato [NB: se non la prendo così, questo buon proposito finisce nel dimenticatoio tra tre-due-uno… eh.].

Questi miei risvegli, prendendoli di petto, hanno sempre una certa portata: strutturazione, calendarizzazione, esecuzione. Il tutto comporta una pressione impressionante (e la pressione sa benissimo quanto può diventare impressionante, usa la cosa a suo vantaggio ovviamente). Il mettermi sotto pressione nel prendermi una tregua è esilarante. Devo proprio resettare i neuroni, uno a uno, e vedere cosa resta di me. Non nego di essere preoccupata. 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(641) Potenziale

Il potenziale è quella cosa che è in noi – come dote naturale – ma che se non lo aiuti non crescerà mai così forte da essere per te una risorsa reale. Chiamiamola una possibilità inespressa, che non vede l’ora di rendersi esplicita, ma che per farlo ha bisogno del nostro aiuto. Bisogna impegnarcisi, o rimane lì a fare nulla.
Tutti noi abbiamo un potenziale, chi fa finta di non averlo è perché non è disposto a lavorare per renderlo attivo e utile. Pigrizia? Indolenza? Stupidità? Boh, forse un po’ di tutte e tre o forse inconsapevolezza. Va’ a capire, siamo esseri complicati noi umani.
 
Non voglio farla molto lunga, ma credo che la più grande fortuna per un Essere Umano è scoprire il prima possibile il proprio potenziale per iniziare a lavorarci subito. Bisognerebbe nascere con un libretto d’istruzioni con su scritto la lista delle potenzialità e magari anche un altro paio di dettagli tecnici indispensabili per il normale vivere (ma di questo non voglio parlare ora).
 
Per esempio: sai memorizzare i numeri di telefono abbinandolo ai nomi dei proprietari. Taaac… sai che hai davanti a te una carriera come elenco telefonico umano. Ti metti su quel binario e la vita ti si srotolerà davanti come il tappeto della Mostra del Cinema di Cannes, liscio e rosso immacolato.
 
Diamo per scontato che non per tutti le cose possono essere così facili, ma mi sono domandata mille volte: se la mente di un criminale sa essere così efferata quando commette gesti atroci, perché non usare le stesse capacità per compiere grandi e belle cose? Energia buttata, potenzialità sprecate.
 
A parte le assurdità che mi possono uscire dalle mani in questa afosa serata di luglio, l’ho già detto quanto io odi l’estate?, la questione delle potenzialità è una cosa che mi sta molto a cuore. Quando vedo qualcuno che è riuscito a fare di una sua dote innata una grande risorsa per il suo benessere, mi commuovo. Splendido. Cosa chiedere di più? La tua felicità va a beneficio di tutti. Non sarai rabbioso perché gli altri hanno/fanno e tu no. Non sarai astioso perché pensi che qualcuno ti ha tolto qualcosa. Non sarai invidioso del benessere altrui perché avrai il tuo, costruito con le tue stesse mani prendendo il tuo potenziale e trasformandolo in fonte di ricchezza personale senza fine.
 
La grande, grandissima, capacità dell’Essere Umano di fare – fare in un miliardo di modi e con triliardi di combinazioni diverse – è una benedizione. Chi non ne approfitta vive al minimo, tira il freno anziché spiccare il volo. Non c’è nessuno che può farlo per noi, nessuno che ci crederà se non siamo noi i primi a crederci. Nessuno. Svegliamoci prima che la vita ci scivoli via troppo in fretta.
 
 
 
 
Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(411) Anticipare

Se riesci ad anticipare gli eventi, e guardando con attenzione il tuo presente certe cose le cogli per forza, riesci a non esserne travolta in modo irreparabile.

Ci credo totalmente, provato sulla mia pelle per anni. Questo è il consiglio che darei a chiunque: anticipa. Anticipa la tua mossa per bloccare sul nascere ciò che senti sta preparandosi pronto a schiantarti. Gioca d’anticipo.

D’accordo, non sempre è fattibile, non sempre è evidente, non sempre. Eppure se lo fai anche soltanto per la metà delle volte è già sufficiente, fidati. Non possiamo vivere con gli occhi imbottiti di prosciutto (me lo diceva una mia vecchia prof di educazione artistica) e pensare che ciò che non vediamo sia scomparso. Non si può e basta.

Incolpare sempre agli altri, fare appello alla crudeltà della vita e del mondo e del destino, è la forma più bassa di idiozia che possiamo mettere in pratica. Guardare, registrare i dettagli, riflettere su ciò che c’è e ciò che non c’è, svelare l’enigma e agire subito! Subito, santiddddddddio, subito!

Ci vogliamo dare una svegliata o no? Subito!

Share
   Invia l'articolo in formato PDF