(1006) Caldo

All’estate non c’è scampo. Ogni anno mi penso a riposare su altri lidi, nel profondo nord dove di notte si dorme bene con un piumino… e ogni anno mi sbaglio. Qui inchiodata a guardare il lago evaporare, tutto quanto sopra la mia testa.

Il caldo senza senso di questi giorni è l’inferno che si anticipa ante-mortem con una certa soddisfazione. E per quanto io fossi preparata non lo sono mai abbastanza. 

Dicono sia l’estate più calda, ma pure l’anno scorso era così. Sono andata a scovare il mio vecchio diario perché l’avevo pure scritto, me lo ricordavo bene. Una frase che non lascia dubbi: “Maledetto caldo infernale non mi avrai!”.

Stessa frase che mi tormenta in queste notti insonni sperando in temporali rinfrescanti che non arriveranno mai (ma a Guadalajara è scesa una montagna di grandine… ma no, i cambiamenti climatici sono solo paranoie allarmistiche).

Mi rendo conto che niente è per sempre e che il tempo passa che è una meraviglia, ma siamo il primo luglio e c’è tutto il mese davanti e poi c’è agosto… metti pure che a settembre inizi a rinfrescare (e non è detto per un tubo perché l’anno scorso c’erano i tropici fino a ottobre) è comunque un’agonia lunga e crudele.

Niente, non è che a lamentarsi cambi qualcosa, ma stasera non ho un pensiero uno che non si sia sciolto miseramente prima ancora di raggiungere la tastiera e in tutta sincerità anche tenere il PC acceso comporta un’aumento della temperatura nella stanza che mi risulta vagamente intollerabile… quindi facciamo che questo post ormai si tiene così com’è e mettiamoci una pietra sopra.

Domani parlerò delle maledette vespe che mi attaccano per uccidermi. No, non vi spoilero nulla, ma sappiate che non è uno scherzo.

‘notte.

 

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(894) Riposo

Finché non è Eterno va bene. Eterno è un po’ troppo estremo, non mi va di pensarci ora, ma un giusto riposo tra un pezzo di vita e l’altra credo sia cosa da fare. Me lo continuo a ripetere: riposare non è un fermarsi per sempre. Poi si riparte, si riprende il ritmo, si va va va va finché non sei esaurita (magari anche un po’ prima) e poi ti ri-fermi un altro po’.

Perfetto. Non fa una grinza. Eppure quando lo faccio mi parte una saetta di senso di colpa che faccio fatica anche a raccontarlo. Una roba da non crederci.

Saranno i diecimila libri che mi stanno aspettando, le diecimiliardi di storie che voglio raccontare, i diecimilamilioni di posti che vorrei esplorare… non lo so. Mi urlano tutti quanti in coro: S-V-E-G-L-I-A-T-I!

Riposare così vien difficile no?

Una volta mi sono pure fatta una lista di tutte le cose che potrei fare mentre mi riposo… ci rendiamo conto? Non serve aggiungere altro.

Il punto è che davvero il corpo ha bisogno di riposo e anche la mente. Che quando sono in overdose mi sembra tutto più enorme e incombente di quel che è davvero. Mi sento debole e da buttare.

E allora perché non mi do pace? Neppure per un weekend?

Ecco, bella domanda. Bella bella bella domanda. Magari un giorno troverò la risposta. Posso al momento solo valutare che questo mio bisogno di rifletterci presuppone un bisogno più profondo: cambiare strategia. Anziché annientarsi di fatica (ritrovarsi col cervello obnubilato alla fine non è una gioia), sto valutando a delle opzioni diversificate, meno estreme. Meno da Eterno Riposo, ecco.

Non le ho ancora messe tutte bene in fila davanti a me per guardarmele meglio, ma arriverò a farlo e mi farò una bella ragionata e forse, dico forse, attuerò un cambiamento. Piccolo, neh, però sempre cambiamento sarà.

Augh!

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(572) Levigare

Ho sempre lavorato sul levigare le increspature del mio carattere con l’intento di ricavarne una superficie liscia, piacevole al tatto. Se per certi versi penso ancora che ci fosse bisogno di farlo, per altri mi rendo conto che forse non mi sono fatta un buon servizio. Forse ho sbagliato a focalizzarmi sull’essere piacevole agli altri, quasi fosse un obbligo, quasi fosse un dovere, quasi fosse indispensabile per essere come gli altri. 

Gli altri chi, però? Attorno a me c’erano e ci sono ben pochi Esseri Umani levigati, ognuno di loro ha imperfezioni e sanno essere persino splendidi a volte! Anche per gli altri oltre che per se stessi, bisogna dirlo.

Io per quanto mi ci sia impegnata, non sono riuscita a levigare ogni angolo di me, anzi, e negli ultimi anni ho lasciato perdere. Non volentieri, solo per stanchezza. La vivevo come una sconfitta, come un percorso non terminato e quindi inutile.

Valutato che per me non capire un cavolo è prassi, almeno non subito e non perfettamente, mi sto risvegliando da questo profondo sonno, dove giudicarmi e fustigarmi era la regola, per – forse – iniziare a rivalutare le nodosità del mio carattere. In poche parole, ho riposto la piallatrice e sto valutando la superficie di certe zone della mia personalità che sono emerse di recente: quelle implacabili, quelle risolute, quelle severe, quelle indigeribili, quelle urticanti, quelle pedanti, quelle irascibili e molte altre ancora. Non me ne frega niente di risultare piacevole, non più. Si vede che qualcosa dentro mi è morto o forse è nato, qualcosa di diverso da prima c’è e anche se non capisco che cosa sia non cambia nulla, devo comunque adeguarmi.

Una superficie liscia fa scivolare ogni cosa, senza curarsi di trattenere nulla. Lo dovevo capire molti anni fa che non sono nata per questo, non ho gli anticorpi giusti e neppure l’astuzia giusta. Io ostacolo, trattengo, assorbo. Ci sarà pure un motivo per cui sono così. Magari prima o poi lo scoprirò. Magari.

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(106) Respiro

Un respiro lungo e profondo, ogni Essere Umano ne ha diritto. Ci sono vite che proprio non te lo permettono, sei sempre lì a metà, con i polmoni quasi rattrappiti per averli usati in mero regime dei minimi.

Credo che dovremmo riprendercelo con la forza quando le cose non vogliono scansarsi per farti spazio.

Inizia tutto con un respiro, crescendo pensiamo che possiamo farne a meno e ci ritroviamo verdi di bile e in apnea perenne. La mancanza di ossigeno ci rende la vista nebbiosa e il cuore umido di pioggia che non osa mai scendere. Se facciamo come se non fosse importante, lo diventa non-importante. Ci si deve impuntare: voglio quello, esattamente quel respiro lungo e profondo che ho perso. E ci si muove per riprendercelo.

L’ora per respirare è adesso.

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