(864) Musical

Nel bel mezzo della scena parte la musica e – zaaaaak – occhio di bue su di te mentre spieghi al mondo, cantando ovviamente, cosa ti passa per la testa e come stanno andando le cose. Il mondo a quel punto non può fare finta di nulla, ti deve per forza dare retta e tu gliela dici tutta, come dovrebbe essere sempre, finché l’ultima nota non si spegne e con un ultimo acuto dell’ostrega si spegne anche l’occhio di bue e si ritorna alla normalità. Così dovrebbe essere anche nella vita reale. Una sospensione dove puoi cantare quel diavolo-che-ti-pare e poi, quando hai finito, si riprende la normalità.

Immaginiamo che fosse veramente così, che funzionasse in questo modo, io starei sempre lì a cantare e ballare. In pratica non farei altro. Non ci arriverei neppure al secondo atto, schiatterei prima.

Ecco, in certi momenti della mia giornata però vorrei davvero poter fare ‘sto benedetto fermo immagine per mettermi a cantare a tutti quello che si meritano. Nel bene e nel male, neh. Che ne so: sono in coda alla cassa del supermercato, finisce il rotolo della carta-scontrini e la fila si blocca. No problem, parte la musica (un bel Rockabilly stile Stray Cats) e con un balletto saltato di cassa in cassa si passa il tempo finché la fila si sblocca. Sarebbe divertente no? Potrebbe succedere nel bel mezzo di una discussione, o di una riunione importante, o di un incontro imbarazzante… millemilamodi si possono trovare per infilarci dentro un inframmezzo musicale. Basta averne voglia. Perché no?

Ok, anche se sembra un po’ estrema ‘sta cosa volevo confessarla perché è sempre stato un mio sogno. Mi piacerebbe che qualche volta la vita fosse come un film. Un musical, anzi. E che ballare e cantare quello che ci sta attraversando dentro fosse normale, fosse il modo per comunicare agli altri quello che dovrebbe uscire allo scoperto prima di farci implodere malamente. Ci sarebbe un po’ di caos in più, vero, ma il morale ne gioverebbe parecchio.

Comunque è giusto dirlo: nonostante non sia così con tutto il casino che facciamo è sempre difficile capire cosa ci capita dentro, figuriamoci capire al volo cosa capita dentro agli altri. E qui ce ne sarebbero di cose da dire.

Stacco musicale.

(…)

 

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(703) Spirale

Arriva la pioggia, scende la temperatura e il mio cervello si rifà vivo. Molto rincuorante, giuro, pensavo di averlo perso per sempre. Un’afosa e infinita estate questa, temevo non sarei più stata la stessa, invece ho fatto l’appello e i neuroni che c’erano son rimasti e stanno ricominciando a respirare. Bene.

E a settembre si ricomincia a progettare. Inevitabile. Bene pure questo.

Per un anno me ne sono rimasta buona in disparte perché volevo concentrarmi su quello che stavo professionalmente vivendo. Non è stato facile, pensavo non sarebbe stato un problema, ma probabilmente zittire la mia parte artistica è stata una sofferenza pesante che ha influito sulla mia capacità di ritenermi soddisfatta di me stessa, intera. Ora, sembra, io possa ricominciare a esserlo: soddisfatta e intera.

Basta già questo pensiero a mettermi di buon umore, pare impossibile ma è così. E non lo so perché questa spirale non si rassegna e non mi fa scappare, non lo so, so soltanto che se le cose stanno così significa che così deve andare. Ogni volta che mi sono rimessa in gioco è stato un salto nel vuoto, questa volta no. So cosa posso fare, so cosa voglio fare, so dove voglio andare e so che non voglio andarci da sola ma con le persone giuste, quelle con cui si viaggia volentieri, quelle con cui si può condividere, quelle che se ci sono rendono tutto più bello.

Ho ancora e sempre bisogno di bellezza, avvolgente e appagante, e sono ancora convinta che la bellezza si possa creare con la forza delle visioni ben nutrite e con il fare insieme. Non ho intenzione di cambiare idea perché sarei infelice. Smettere di credere in quello in cui credo mi renderebbe cinica, arida, rabbiosa, pronta a scagliarmi contro tutto e tutti. Non voglio trasformarmi in un recipiente di amarezza e veleno. Voglio continuare a credere.

Come andrà? Eh. Se avessi la sfera di cristallo mi farei chiamare Madame Babsie e venderei le mie consulenze magiche come noccioline. Dico, però, che andrà bene. Comunque andrà bene. Per le premesse, per le possibilità, per la musica e per i sentimenti che il viaggio ha in sé. Sarà faticoso? Eh. Anche senza la sfera di cristallo posso rispondere senza dubbi che: sì, dannatamente faticoso. Eppure ne varrà la pena. Come lo so? Non è mai stato diversamente da così nella mia vita. Non vedo perché dovrebbe cambiare proprio ora.

I’ll sleep when I’m dead… e si ricomincia a cantare.

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(539) Osanna

osanna /o’zan:a/ [dal lat. tardo hosanna, gr. ōsanná, adattam. dell’ebr. hōs-hī’ah-nnā “salva!”]. – ■ interiez. (relig.) [voce ebraica di acclamazione e di preghiera, passata nella liturgia cristiana] ≈ alleluia. ■ s. m., invar. [spec. al plur., grido di esultanza e di esaltazione: gli o.della folla] ≈ evviva, urrà, viva. ‖ acclamazione, giubilo. ↔ abbasso. ‖ contestazione, disapprovazione. ⇓ fischio, pernacchia.

Mi piaceva fare le prove con il coro della chiesa del mio paese quando ero ragazzina. Facevo finta di cantare, ma mi piaceva stare lì. Per inciso: io amo cantare, ma in quel coro facevo finta di cantare. Perché? Semplice: le altre voci mi entravano nella testa come una siringata di adrenalina in pieno petto e la mia voce mi scompariva dentro. Temendo di stonare e fare brutta figura mimavo il canto senza emettere suono. L’ho fatto per anni, nessuno se n’è mai curato.

Le cose che mi infastidiscono solitamente me le gestisco così. So che è assurdo, ma raramente mi impunto per far finire il fastidio. Me lo gestisco come posso.

Che io ancora non abbia sbroccato mollando un pugno sul naso a qualcuno ha dell’incredibile, me ne rendo conto. Conscia di questa mia condizione borderline qualche tempo fa decisi di iniziare a far presente al mio prossimo che NO non mi va tutto bene e NO non ho più intenzione di sopportare/tollerare cose che superano la mia soglia di sopportazione/tollerabilità. Così ho iniziato a fare cose e dire cose che non ho mai fatto/detto e le persone hanno iniziato a reagire. Prima lo stupore, poi il contrattacco con dimostrazione palese di un sentimento di offesa profonda e poi l’affermazione della propria posizione. Questo in generale. In alcuni casi, la reazione ha stupito me per il passo indietro e per le scuse che mi sono state offerte senza per altro averle pretese.

In altre parole: ho smesso di fingere di cantare e mi sono unita al coro. Primo step nella giusta direzione.

In questi ultimi mesi, però, ho dovuto fare un ulteriore passo per una presa di posizione più decisa. Ho iniziato a cantare con forza, per farmi sentire. Dopo il putiferio iniziale, durato qualche mese, le cose si stanno sistemando. Nel senso che si stanno sistemando a mio favore. Niente di eclatante, piccoli spostamenti, ma importanti.

No, non dico che sia finita qui, anzi. Mi aspetto il colpo di coda, ovvio, ma per il momento posso cantare a squarciagola il mio Osanna! senza temere di stonare.

No, sembra cosa da nulla, ma è cosa da far tremare le ginocchia. Fidatevi. Provate.

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(452) Holiday

Nel lontano1983 Madonna cantava “Holiday — celebrate!” e io ci ballavo come una matta. Adoravo Madonna, la nuova regina del pop – a quel tempo – e avevo 11 anni e il mondo mi sembrava a portata di mano. 

Probabilmente le mie mani sono saponate perché il mondo mi sta scivolando via da ben 34 anni. Una bella costanza, direi, sia da parte mia che mi ostino ad acchiapparlo, sia da parte sua che persevera a scivolarmi via. Tutto questo per dire che penso che risalga al 1983 la mia ultima vacanza vera: a Jesolo con i miei zii, mi immergevo in mare per il 70% del tempo che passavamo in spiaggia, ero nera come il carbone e innamorata di Matteo (di ben 14 anni) che mi pensava una squinternata pericolosa (come dargli torto).

Quella è stata una vera vacanza perché non avevo preoccupazioni, pensieri pesanti, dubbi di sorta… avevo 11 anni santidddddddio, potevo ben godermi la vita innocente che si dovrebbe avere a quell’età. Le quasi quattro vacanze – lunghe due nanosecondi per una – che ho fatto nella mia vita non sono state veramente spensierate, anche se belle, anzi per niente spensierate. Temo di non esserlo più dal 1983, intendo spensierata e leggera, e che questa sia diventata una sorta di maledizione.

Se potessi avere da Babbo Natale un regalo, gli chiederei proprio di farmi trascorrere una vacanza senza pensieri e senza limiti in un luogo da sogno – e che durasse più di una manciata di nanosecondi, se fosse possibile. Non è che chiedo la Luna, vero BN?

Io attenderò domattina, con tutto il mio scetticismo allertato, per accertarmi che il vecchio mi abbia sentita degnandosi di far avverare questo mio modesto desiderio. So benissimo che dovrei cantare Holy Night anziché Holiday, e che dovrei festeggiare la Natività perché tutti son così presi da ‘sta cosa che sembra un obbligo fare lo stesso, ma io me ne frego. Ringrazio come ogni giorno per tutto quello che ho avuto, che ho e che avrò in dono dalla vita perché è giusto farlo, e farò in modo che anche queste feste passino senza troppi danni emotivi – per lo meno non causati da me.

Ok, vado a fare le valigie… non si sa mai.

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(333) Ballerina

Sognavo di fare la ballerina da piccola. Nessuna possibilità, mi è stato detto. Allora, da adolescente mi sono data al sogno di diventare una cantante rock. Anche questo è stato ben calpestato e ridotto in brandelli e da quel momento ho smesso di sognare di essere e ho iniziato a fare.

Ho iniziato a scrivere, ma senza altri scopi se non quello di scrivere. Finché ho pensato che scrivere potesse essere un modo per guadagnarmi da vivere. E sono trascorsi 30 anni da allora, così tanti da farmi venire le vertigini, ma io ora sto scrivendo guadagnandomi il pane e così la mia storia ha trovato un senso.

Negli anni ho continuato a ballare e ho continuato a cantare, non su un palco, ma nel mio privato (più o meno). Il mondo non sente di certo la mancanza di una ballerina mancata e di una rock star illusa, il mondo non ha perso nulla e non me ne farà una colpa – forse me ne è grato.

Il mondo non ha neppure bisogno di una scrittrice in più, me ne rendo conto, ma da qualche parte dovrò pure stare. Ho deciso che resto qui e scrivo.

Fattelo andare bene lo stesso, mondo, prometto che non ti darò fastidio.

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(181) Staccare

Io suono così, sempre. Unplugged. Non c’è niente da fare, inutile farmi fare scintille e assoli alla Hendrix, non sono equipaggiata.

Mi posso al massimo mettere lì davanti a te, come se fossimo già amici, e farti ascoltare quello che so fare senza fronzoli, senza menate. Potrebbe non piacerti, ma se so fare questo mica puoi pretendere che mi trasformi in Lady Gaga.

Lo dico perché quando Lady Gaga va in unplugged è più brava di quando fa scintille e balletti ridicoli. Molto più brava. Io ancora non lo sono così brava, ma voglio esserlo. Anzi di più.

Quindi stacco la spina e mi risistemo nel mio ambiente. No, non canto. Mica sono Lady Gaga.

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(85) Assertività

Ho preso coscienza della mia voce da quando ho iniziato con il podcasting. Non significa che prima la ignoravo, ma che prima la temevo. E’ successo qualcosa in questi anni, ora la mia voce mi appartiene di più.

Ho notato che in parallelo anche io mi appartengo di più. Non a fasi alterne, non con alti e bassi, non in positivo o negativo. Mi appartengo con costanza, con pieno riconoscimento, con assertività. Mi appartengo e basta.

E allora tutte le scelte fatte e tutte le esperienze che mi hanno attraversato non mi hanno portato via qualcosa, mi hanno soltanto lasciato scoperta la voce.

In giornate come ieri è difficile gestirla, ma il fatto che c’è mi rassicura.

Ho incontrato tante voci sussurrate che non hanno mai saputo della loro potenza, avrei voluto dire loro tutto quello che avevo scoperto ma loro non avrebbero saputo trattenerlo. Non era tempo. Chissà se ora sanno cantare.

Non ho mai smesso di cantare, io. Anche quando stonata, anche quando stanca, anche quando avrei preferito starmene in silenzio. E’ che quando la tua voce ti si presenta davanti e tu sai che è lì per te, voltarsi alzando le spalle è stupido.

No, non sono una stupida. Anche se a un primo sguardo non si direbbe.

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