(61) Nemico

Ci dicono che sono dappertutto. Nemici ovunque. Ci vogliono schiacciare, ci vogliono eliminare. E sono i più forti, lo stanno dimostrando.

La paranoia cresce cresce cresce, perché quando il cervello va in loop può combinarti dei casini devastanti. E quando te ne accorgi è troppo tardi.

Chi è il nemico che sta per avere la meglio su di noi? Bah! Non ha un nome, è una lobby, è un organismo tentacolare, è grande, enorme, ma invisibile.

Non abbiamo scampo.

La nostra mente può ingoiarci se glielo lasciamo fare. Buonsenso e logica perdono forza e argomentazioni, perché non li stiamo più ad ascoltare. La paura ci sta divorando e siamo noi a permetterglielo.

No, non dico che al mondo non ci siano minacce. Dico soltanto che possiamo essere noi ad avere la meglio, di tanto in tanto.

Consapevolezza e non smarrimento autodistruttivo.

La paura? Può essere messa da parte. Deve essere messa da parte se ha intenzione di smantellare, pezzo dopo pezzo, la tua esistenza.

b__

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(60) Delicatezza

Delicatezza è uno dei sinonimi di “sensibilità”. Ho il sospetto che ormai la distanza tra le due attitudini non sia più questione di sfumature. Tutti si reputano sensibili, anzi, si offendono quando qualcuno dubita del loro essere sensibili.

Io penso che lo siamo davvero tutti, tutti molto molto sensibili, ma non significa che tutti i sensibili siano anche dotati di delicatezza. La sensibilità è un “sentire” molto personale, ritagliato e cucito su di noi, sui nostri bisogni, i nostri desideri, le nostre priorità. Lo tradurrei così: io io io io io io io io io io io (ad lib.).

Appena qualcuno ci tocca il nervo scoperto, zak! La nostra sensibilità ha un’impennata. Automatico. Sicuro. Immediato.

La delicatezza presuppone una predisposizione allo spostare quel maledetto “io” in “tu”. Tu come stai? Tu come ti senti? Tu cosa vuoi? Tu come la pensi?

Delicatezza è quando metto da parte il mio “sentire” per occuparmi del tuo. Non perché io debba prendermene carico, solo perché voglio prendermene cura per quello che posso. Magari evito di dire o di fare qualcosa che in quel momento ti risulterebbe come un pugno in faccia.

Essere delicati con gli altri non ha ricompense. Spesso gli altri neppure se ne accorgono, non subito almeno, ma quel “non sferrare il colpo”, quel “guardare da un’altra parte” quando vedi il nervo scoperto che potresti toccare e far sanguinare… ecco quella cosa lì, la delicatezza, è un premio che diamo a noi stessi. Non per essere stati buoni, ma per aver avuto il coraggio di avvicinarci a un altro essere umano disarmati.

Chi agisce con naturale delicatezza può sollevare pesi indicibili. Praticare la delicatezza è un esercizio durissimo e allo stesso tempo leggero e bellissimo.

b__

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(59) Sorgere

Non è cosa che sa fare solo il sole, nel dizionario italiano il verbo sorgere ha significato splendido anche per gli umani: alzarsi, elevarsi, innalzarsi.

In linea di massima vuol dire che eri steso, magari al buio, e che stai per rimetterti in piedi per guardare l’orizzonte e farti innondare dalla luce. Così è come mi piace leggerlo, questo verbo che rende bene la poesia della rinascita.

Nascere, però, non è una passeggiata. E’ più che altro un trauma. Lo shock del consegnarsi alla luce può farti perdere l’orientamento, ecco perché i bimbi nascono con gli occhi chiusi (o comunque non vedono granché appena nati), la natura li protegge.

Il primo respiro è doloroso, l’aria fredda ti procura una scossa, piangi.

Ora, credo di essere in questa fase: primo respiro, gelo, scossa, pianto. Tutto molto silenzioso, la mia natura introversa mi protegge. Eppure mi sembra di aver perso l’orientamento, non riconosco più la differenza tra cielo e terra.

Soprattutto: non mi importa granché di farlo. Cammino senza guardare la strada.

Se sia bene o male lo scoprirò tra qualche tempo. Immagino. D’altronde mica è la prima volta che rinasco. Eh!

b__

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(58) Positivo

Va tutto bene? Positivo.

Che non è una risposta politica, non è una risposta comoda, non è una risposta con il sorriso sulle labbra. E’ semplicemente l’unica risposta possibile.

Se ci soffermiamo sui dettagli si offusca il concetto. I dettagli sono sempre troppi e sono per lo più inutili, fanno zavorra. Noi stiamo lì a contarli e ricontarli e loro non fanno altro che aumentare non solo di numero ma anche di portata.

Va tutto bene? Positivo.

Perché è così, il positivo non lo si trova nella perfezione, lo si estrae dalla realtà e lo sappiamo bene che la realtà è bastarda. Non fa mai quello che vogliamo noi. Cerchiamo di far combaciare il nostro ideale, che abbiamo alimentato con l’immaginazione e ostinatamente contro corrente per decadi, con ciò che possiamo tenere in mano.

Eppure nutrire un ideale mi sembrava un gesto positivo.

Mi sono persa tra i pensieri perdendo il filo. E’ positivo, erano solo dettagli da nulla. Fuori piove, io sono al sicuro, al caldo, con chi amo.

Va tutto bene? Sì. Positivo. Dannatamente positivo.

b__

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(57) Tasti

Avessimo davanti a noi la tastiera di un pianoforte sarebbe più facile: bianchi e neri. Distanziati con un certo criterio che rimane invariato benché tu possa usare i tasti come più ti garba. Decidi tu la melodia, decidi tu il ritmo, decidi tu il tempo.

Trovare i tasti della mia vita mi comporta un sacco di energia spesa, ancora non so se bene o male perché ancora non so se i tasti che mi sembra di aver trovato siano reali o solo il frutto della mia bizzarra immaginazione.

A volte è davvero tutto così confuso che mi verrebbe voglia di spaccare questo pianoforte del diavolo, ma poi, a un certo punto, quando mi calmo e mi siedo davanti alla mia tastiera… toh! Ecco comparire i bianchi e i neri!

Allora mi concentro su quello che c’è, su quello che posso fare, a volte addirittura su quello che voglio fare e viene ancora meglio.

Sì, la musica che racconta il mio voglio è davvero potente. L’ho vista abbattere muri di ostracismo ostinato quanto insulso, l’ho vista rimbalzare tra i giudizi velenosi e le piccole miserie, l’ho vista trasformare le mie relative virtù in qualcosa di bello da offrire a chi mi sta accanto.

Il mio desiderio più grande di bambina era imparare a suonare il pianoforte. Tutta quella magia solo a sfiorare i bianchi e i neri… no, non ho mai potuto prendere lezioni e non ho mai imparato.

Eppure, proprio ora, sto qui davanti al mio pianoforte e sto suonando la musica che voglio io.

Tasto dopo tasto, con una melodia, un tempo, un ritmo, un tono, un colore.

Che magia!

b__

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(56) Spazio

Lo spazio che puoi mettere tra te e il resto del mondo è estremamente elastico quando il tuo rapporto con il resto del mondo è decente, quando il rapporto che hai con te stesso è del tutto onorevole. Se così non è, però, lo spazio si irrigidisce e non si fa più manipolare.

Quel tipo di spazio che caratterizza i rapporti umani richiede morbidezza, se pensiamo di metterci al sicuro rendendolo solido facciamo un torto a noi e a chi con noi deve averci a che fare. Volenti o nolenti, spesso.

Quando incontri un Maestro sulla tua strada, lo spazio lo senti soffice, addirittura accogliente, perché l’Essere Umano che ti sta davanti nonostante sia anni luce più evoluto si muove verso di te per condividere ciò che sa e aiutarti a innalzarti un po’. Se incontri un Maestro sulla tua strada, sii grato alla strada, al Maestro e all’Universo intero.

Quando incontri uno stronzo sulla tua strada, lo spazio si mummifica. Diventa difficile gestire l’azione che si riduce a un fastidioso allungarti verso di lui per instaurare un minimo di comunicazione utile e a un frustrante guardarlo dal basso verso l’alto perché lui ti pensa un essere inferiore. Ecco, questo tipo di persone potrebbero insegnarti ciò che sanno (cerebralmente parlando), ma non potranno insegnarti nulla di buono sull’essere umani.

Un incontro di questo tipo diventa uno scontro, perché uno stronzo sostanzialmente vuole rimanere stronzo. Ne fa proprio una questione di principio: lui è lassù e tu stai quaggiù. Lassù stanno i fighi e quaggiù stanno i poveracci. Ce la mette tutta per rendere il concetto comprensibile, solitamente con modi brutali se non feroci.

Ecco: oggi mi sono scontrata con una stronza e ha vinto lei.

Però, c’era un testimone con me ed è stato lui il mio Maestro. Non solo mi ha fatto recuperare la stima di me stessa, ma ha sotterrato la stronza senza troppa fatica.

Alla fine ho vinto io.

Grazie Maestro.

b__

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(55) Sottosopra

Ci sono giorni in cui mi sento completamente sparpagliata. Un mucchietto di lettere senza arte né parte, buttate lì alla rinfusa.

Non sono bei momenti. Mi capitano sempre cose assurde, cose che mi fanno sentire un’idiota. A buona ragione, visto che le cose assurde mi capitano perché sono sparpagliata e non faccio attenzione.

Mi chiedo dove sono in quei giorni e in quale livello multidimensionale sto vivendo una vita fantastica per avere qui su questo piano risultati così disastrosi.

Non ho risposte.

Devo solo far finta che sia una giornata sottosopra e basta, che domani sarò più in ordine e farò meno idiozie. Una speranza non una certezza, beninteso. Eppure, non ho mai pensato di buttarmi dalla rupe Tarpea benché effettivamente io possa considerarmi a tutti gli effetti una goffa traditrice di me stessa. Insomma, sono oggettivamente autoboicottaggi inquietanti, senza se e senza ma.

Se non ci fosse da ridere mi preoccuperei. Deve esserci qualcosa che s’inceppa in me, a volte. Appena scopro cos’è lo scrivo.

b__

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(54) Geroglifici

Tutto sta nel trovare il codice d’entrata e poi mettersi lì a tradurre tutto. Pezzo per pezzo, parola per parola. Non solo: azioni, pensieri non detti, incontri, addii, chiusure, apertura, inizi, fini. Ogni singolo dettaglio. Siamo esseri antichi, e questo è un fardello che dovremmo portare con più leggerezza perché è un valore aggiunto più che un peso.

Se lo prendi come esercizio quotidiano, prima o poi, vedrai quei segni indecifrabili che compongono la geografia della tua esistenza assumere un significato.

Non è detto che il significato ti piaccia. In realtà, non è tenuto a farti piacere. Lui se ne frega, è più forte di tutto, anche del tuo giudizio. Sicuramente più forte di ogni fraintendimento, tanto nonostante te al dunque ci arriva.

Questi geroglifici che ci sostengono come una ragnatela, noi siamo il ragno, sono affascinanti. Lo credo davvero. Sono segni che riconosci, anche se spesso lo neghi, e che alla fine hanno la meglio e ti incantano.

Ho spesso davanti a me questo papiro, dove i geroglifici, che ormai conosco perché me li rigiro dentro da molto molto tempo, mi parlano e mi spiegano e mi incantano.

Oggi ne vado fiera.

b__

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(53) Apnea

Vivere in apnea non è bello. Ogni appassionato di yoga che si rispetti te lo può dire in mille modi diversi: re-spi-ra.

Me ne dimentico continuamente. Respiro poco, è un miracolo che io sia ancora viva. Eh!

Vivere in apnea significa che non osi, non osi respirare per non farti individuare dalla sfiga che con te ha una mira eccellente. No, scherzo… ma non del tutto.

Non osare un respiro profondo, credo, significhi pensare che il respiro che fai te lo devi guadagnare e osarne uno più profondo mi metterebbe nella situazione di essere in debito con la vita… non me lo posso permettere, devo aprire un mutuo per poter concedermi un respiro profondo, devo vendermi un rene, devo ipotecare casa… devo devo devo devo.

Mi è stato detto che nel momento in cui sostituirò il “devo” con il “voglio” la mia vita cambierà.

Non mi spaventa un cambiamento di vita, piuttosto il cambiamento in me (chi mai potrò diventare? In cosa mi potrei trasformare? Non va già abbastanza male così come va?).

E con questa rivelazione credo di aver toccato il fondo del patetico. Amen.

b__

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(52) Linee

Una linea retta può essere più o meno lunga e orientata in 360 diversi gradi. Pace.

Una linea retta può essere spezzettata, ovvero può essere composta da più pezzetti che volendo si possono combinare in modo da rivoluzionare il suo essere retta. Pace.

Una linea retta può andare avanti all’infinito, ma ben si sa che per l’infinito l’essere umano non è attrezzato. Pace.

Una linea retta, in teoria, può portarti alla tua meta. In teoria, perché la pratica è diversa, quindi: scordatelo.

Sì, pace anche per questo dettaglio.

Una linea retta alla fine non è che mi dà tante certezze e mi toglie sicuramente fantasia.

No, niente pace.

Scelgo la linea curva.

Ecco, sì… adesso pace sia.

b__

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(51) Ridere

Non è detto che io debba sempre essere intelligente. Neppure arguta e verbalmente agile. E preparata, attenta, sicura di me stessa. Non è detto.

Non so dove io lo abbia sentito che doveva essere così, essere sempre impeccabile, anche perché impeccabile non lo sono mai. Proprio mai. Neppure dentro la mia testa, neppure nei miei voli pindarici. Proprio mai.

Quindi tutte le volte mi devo ricordare che non devo esserlo, se capita ogni tanto va bene, ma in realtà non devo essere niente di più di quel che sono (che già è una bella fatica essere quello che sono).

D’accordo, fin qui ci siamo.

A sensi di colpa, però, come siamo messi? Sparati alle stelle. Nonostante tutto e nonostante tutte le imperfezioni degli altri. No, quelle degli altri vanno bene, le mie no. Le mie sono imperdonabili. C’è da ridere, no?

Infatti, l’unica a salvarmi è l’autoironia. E’ quella cosa che si fa quando estrai quel pezzo biasimevole da dentro te e lo getti fuori, lì davanti a te. E ci ridi. Non è più roba tua che nascondi, è roba che esce da te e quindi (per assurdo) potrebbe anche non appartenerti più una volta che l’hai fatta uscire. Infatti ora sta lì e tu la guardi e ci ridi. La riconosci, è tua, ma non sei tu.

La riconosci, ti appartiene, ma non sei tu.

Risultato: il pezzo che ti sei tolta ti ha tolto pesantezza (Che sollievo! Che leggerezza!) e ora che te lo guardi meglio e te la ridi scoprendo che non è poi così imperdonabile.

Esercizio da ripetere più volte al giorno con caparbietà.

Funziona.

Il comico si rivolge all’intelligenza pura; il riso è incompatibile con l’emozione.

(Henri Bergson, “Il Riso” (1901)

b__

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(50) Energia

Quando non ti senti a bolla è meglio che te ne resti in disparte. Quando non funziona qualcosa nei tuoi pensieri e ti si inceppa il respiro e ti trovi sofferente, indolente, incazzato… ecco, restatene in disparte. Fai come sei il mondo non ci fosse e prenditi cura di te.

Sta succedendo qualcosa in quel momento, dentro di te, si sta mettendo apposto qualcosa, perché vedi? Sta uscendo qualcosa. Non bello, non piacevole, non caro. Sta uscendo il peggio per far posto a quello che è sicuramente meglio. Tienine conto, son cose tue, cose personali, cose di cui gli altri non devono sapere e non vogliono sapere. Quelle cose non sono fatte per essere buttate addosso a qualcuno, quelle cose sono fatte per essere buttate fuori, lontano da te e lontano da tutti.

Seguo questa regola da sempre e non me ne sono mai pentita. Va sempre bene, per me e per gli altri.

L’energia che siamo è energia sacra. Anche quando non ci piace, non ci fa comodo, non ci fa onore. Basta saperlo e ci si gestisce. Come?

Con pudore.

b__

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(49) Costruire

Mi piace costruire, mi piace creare, mi piace vedere che quello che ho pensato poi sa stare su da solo. L’idea del costruire regge perché la penso come una cosa definitiva. Tutto quello che riesco a far stare su deve restare su per sempre.

Convinzione ingenua, lo ammetto, addirittura patetica. Lo so.

Ogni tanto mi scosto un po’ dalla mia posizione supponente e mi rendo conto che per fortuna  non  è così: quello che ho creato lo posso pure distruggere. Oddio, la parola distruzione non mi piace, ma se una cosa prima c’è e poi tu la annulli è comunque distruzione, anche se gli trovi un nome meno catastrofico.

Ecco, sono a questo punto qui: sto per distruggere qualcosa che ho creato e che ormai non ha più ragione per stare in piedi. Sento che è addirittura la mia creatura che me lo sta chiedendo, eppure mi sento a disagio nel portare a compimento il gesto di per sé drammatico.

No, non morirà nessuno. Ovvio.

Si chiude, semplicemente, un periodo che è stato lungo e denso di cose belle e brutte (ma quale periodo non lo è?). La dinamica è e sarà semplice: chiudo con un inchino e mi do ad altro. Pacifico che succederà, già mi sto dando ad altro ed è per questo che la creatura ormai non “serve” più.

Forse il verbo “servire” svilisce le cose, ma nella mia intenzione ha ben altra portata: ogni cosa che ora esiste nella nostra vita ha uno scopo e qualunque sia lo scopo va bene così. Quella cosa ci permette di traghettare la nostra anima da una sponda all’altra e credo che questo modo di servirci sia un dono che ci viene offerto e che faremo bene ad accogliere e usare al meglio.

Ringraziare questa mia creatura per il servigio che mi ha offerto è l’unico modo con cui mi posso permettere di distruggerla. Non è indolore neppure per me, se devo dirla tutta, ma è necessario. Un passo oltre tenendomi caro quello che è stato, ma senza più esserne legata da obbligo.

Va bene. Si procede.

Grazie. Di cuore, grazie.

b__

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(48) Movimento

Succede che mi allontano e mi avvicino, mi allontano e mi avvicino, per lunghissimi periodi e per spazi imbarazzanti. A tutto, a tutti, soprattutto a me. Non è voluto, non è studiato. Succede, perpetuamente, e io a malapena ne registro la portata. Finché qualcosa non inizia a farmi male.

Ecco, il dolore mi risveglia.

Odio ammetterlo, ma è il solo modo di riportarmi dentro al movimento che sono io. Sì, perché è chiaro che io sono movimento anche quando mi sembra di essere immobile, anche quando sono talmente lontana da me da non percepirmi come essere respirante. Sono un movimento scomodo. Mi dò fastidio da sola, spesso.

Il tormento è doloroso.

E’ quello stare sempre in un posto diverso eppure inchiodata a una dimensione che non mi fa abbracciare nulla per troppo tempo. Scappo quando il dolore diventa insopportabile.

Non è che mi piace, non è una scelta, è solo così che succede. Succede per motivi ovvi e meno ovvi, per origini scoperte e origini occulte. Succede e basta.

Mi manca la forza per arrivare a un perché definitivo. Non credo sia la cosa importante. E’ importante il fatto che succeda.

Sta a me arginare i danni. Quando possibile, ovvio.

b__

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(47) Astratto

Me ne sono accorta soltanto stasera durante l’incontro con due dei miei più bravi allievi di scrittura creativa: a me l’astratto dà fastidio.

Sono una concreta, ecco. Questo non significa che manchi di creatività (penso che la mia vita ne sia un esempio sufficiente), ma il mio essere concreta mi permette di realizzare.

I creativi solitamente hanno la testa tra le nuvole, ok ci sta. La mia testa è sempre da una parte o dall’altra e anche contemporaneamente di qua e di là, ma quello che faccio alla fine della giornata è: concretizzare.

Mi è insopportabile l’idea di non arrivare a nulla dopo tanto pensare.

Faccio cose tangibili dopo che ho pensato e immaginato e inventato. Questo è piuttosto irritante per chi non ha la mia stessa necessità, me ne rendo conto, ma questa necessità credo sia il mio limite più evidente. Credo che proprio questo mio essere concreta mi precluda il volo della genialità.

Mi sarebbe tanto piaciuto essere un genio, dico sul serio. Perdermi nell’astratto e scoprire il senso di tutto. L’astratto è il condotto per il senso di tutto, ne sono certa. Soprattutto perché il reale non dà alcun senso, a niente, lo sperimento di continuo.

Il genio non mi appartiene, purtroppo, devo accontentarmi della concretezza di una mente narrativa ben oliata. Pensandoci bene poteva andare ben peggio di così. Tutto sommato posso dire di trovarmi bene nei miei panni, oggi più che mai.

b__

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(46) Luna

Mi succede ancora e non penso smetterò mai. Guardare la Luna, come si guarda in uno specchio che ti rende più bella. Non so perché funziona, ma con me funziona. Mi sento meglio.

Se dovessi contare tutte le lune a cui ho rivolto il mio silenzio, senza alcuna richiesta in particolare, solo uno sguardo silenzioso, non mi basterebbero gli anni né i ricordi.

Stanotte dicono che sia la più grande mai vista dal 1948, ma qui sopra casa mia è nuvoloso e lei è lì dietro, piccola non grande.

Non importa. Lei è lì dietro, piccola, ma c’è. Sempre la stessa. Bellissima.

b__

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(45) Oltre

La fatica viene ricompensata. La fatica di andare oltre viene ricompensata. La fatica di andare oltre la superficie viene ricompensata. Viene ricompensata con una visione più dettagliata della realtà. Realtà che può giocare contro di te se si accorge che la stai sottovalutando o, addirittura, disconoscendo.

La realtà ha sempre la meglio su ciò che noi vogliamo vedere, capire. La realtà va oltre le parole, se ne frega delle nostre parole. Lei urla a modo suo ed è un modo che non si fa dimenticare.

Le parole si staccano, lettera dopo lettera, dalla realtà e la mostrano nuda. Così si vuol far vedere di solito e specialmente quando ci ostiniamo a coprirla con le parole che non attaccano più e ci franano ai piedi.

Noi dovremmo aver voglia di capire anche quando vedere comporta fatica o dolore, paura o scoramento. Poi verremo ricompensati, appena scorgeremo una pallida strada alternativa per sanare la realtà che noi stessi abbiamo creato.

C’è tanto da curare in questo mondo, ma ti devi raccontare la storia giusta per fare del buono. Se te la racconti male, vai a peggiorare la situazione. Non c’è bisogno di peggiorarla ulteriormente, conviene mettersi a fare del buono.

Andare oltre. Subito.

b__

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(44) Garbo

Una cicatrice è quello che succede quando la parola si fa carne.

(da “Il gioco preferito” di Leonard Cohen

 

L’ho già detto, non so dire addio. E stasera non posso che soffermarmi su quel viso e quella voce, su quell’Anima grande che è partita.

Ci sono molti modi per farti restare qui con me, Mr. Cohen, e li userò tutti perché tu li hai lasciati apposta e niente andrà perduto.

Ti posso stringere in una parola che sa di tempi perduti: garbo.

Che è amabilità, delicatezza, finezza, gentilezza, grazia, savoir faire, signorilità. Che sei tu, Mr. Cohen, e tutto questo rimarrà senza eguali.

Garantito.

So long…

b__

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(43) Posto

Anche se faccio finta di non pensarci, alla fine ci devo pensare. Quando mi rendo conto di non essere nel posto giusto, giusto per me, devo per forza di cose domandarmi: ma qual è il posto giusto per me?

Non l’ho ancora trovato. Fine del discorso.

No, è solo l’inizio. Non è un posto fuori, ma un posto dentro. Indoor. Detto così sembra idiota, ma non lo è se provi quello che provo io. Tutto quello che sta fuori da me mi appare inverosimile, tutto quello che è in me mi pare reale, anche più reale del reale.

Houston abbiamo un problema.

Più di uno, a fare i conti, perché da qui si apre un ventaglio pressocché infinito di possibilità che mi portano esattamente in nessun-posto, dove mi trovo ormai così a mio agio da farmi uscire a fatica.

Il mio posto è dove scrivo. Per esempio è qui e ora, qui sul mio blog-diariovirtuale e ora che sto digitando senza sapere dove sto andando, mentre seguo semplicemente il filo dei miei pensieri. Sembrerà assurdo, ma è il mio posto. Certo che è da squilibrati, ma a me va bene così.

A guardarmi da fuori, forse, non è così evidente (almeno lo spero) e posso barcamenarmi con un po’ di fortuna e un po’ di attenzione, ma la cosa mi si rende chiara di anno in anno sempre di più. L’effetto big-domino-rally è partito da molto tempo e non si fermerà finché l’ultimo mattoncino non piomberà a terra.

No, non sono spaventata. Non più.

Significa che c’è preoccupazione e non paura. Anche questa cosa la capisce soltanto chi la prova. Spiegarlo ora non mi va, sono stanca, ma forse ci ritornerò su prima o poi. Stasera volevo solo parlare del posto dove sentirsi a posto, senza scompensi al Profitti e Perdite del proprio gestionale interno.

Ecco, io ce l’ho. Non è così evidente, forse, ma ce l’ho.

Ora non devo far altro che farmelo bastare. Sì, sarebbe ora che io me lo facessi bastare. Lo farò da adesso, promesso.

b__

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(42) Illusioni

Non è che ci si illude senza esserne coscienti. Una parte della tua mente (magari il nocciolo più intelligente) lo sa che ti stai illudendo, ma decide di rischiare.

Le illusioni non fanno male, sono le disillusioni che ti possono uccidere. Bisogna ricordarlo, perché altrimenti togliersi tutte le illusioni di dosso può diventare la battaglia eterna ed eternamente persa. Che fa male uguale, anzi, forse fa ancora più male.

A volte mi illudo che le cose possano andare proprio come io le voglio, le penso in un certo modo e mi racconto che così andranno. Solo perché non so pensarle diversamente, non so gestirle diversamente. Solo perché non so.

Nel “non so” ci sta tutta la miseria della mia condizione umana, che è quella di tutti gli esseri viventi, né più né meno. E visto che non so: invento. Invento e mi incanto. Non ci posso fare niente e, a dirla tutta, non voglio fare niente per cambiare questa dannata abitudine.

Mentre vivo la chimera mica sto male. E’ dopo che diventa difficile controllare la caduta del morale, quando arriva la botta in testa: il disinganno.

Va bene, ormai è successo talmente tante volte che dovrei averci fatto il callo, ma avrei bisogno di trovare il modo per disintegrare la bestia della delusione. Devo farla fuori, quella mi stordisce davvero.

Non per sempre, però. Mi ripiglio sempre più in fretta, pronta per un altro incantamento.

Boia chi molla!

(…) voglio vivere così

col sole in fronte

e felice canto

beatamente (…)

“Voglio vivere così” di Andrea Bocelli

b__

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