(736) Zucca

Non nascondo – sia mai – che certe volte mi mancano i titoli dei post. Gli argomenti arrivano, ma i titoli devono essere sintetizzati in una sola parola e, soprattutto, non posso ripeterli. Ve ne siete accorti? Sembra facile, ma dopo due anni smette di esserlo e diventa una sfida a tutti gli effetti. Quindi girano sul web ho trovato questa immagine caruccia che raffigura zucche gialle-arancio e l’ho trovata decisamente bella. Da lì a decidere che la potevo utilizzare per uno dei miei post è passato mezzo nanosecondo. Da lì a trovare il titolo altro mezzo nanosecondo (usando zero fantasia, ovviamente). Da lì a decidere cosa diavolo avrei potuto dire riguardo le zucche… ebbé… ci sto mettendo più del previsto. 

Le zucche – in generale – mi piacciono, sia da guardare che da mangiare (in diverse ricette), le trovo piuttosto dignitose nel loro mostrarsi e offrirsi a noi, trovo pertanto inaccettabile lo scempio che ne viene fatto ad Halloween. Ok, mi è stato fatto presente che quel tipo di zucche non si mangiano, va bene. Non le mangiamo noi, ma magari vengono mangiate da altri Esseri Viventi, no? Comunque sia, prendere una zucca e ritagliarla non mi pare giusto. 

Sorprendente come un pensiero inutile come questo possa sgorgare limpido dalla tastiera quando ti trovi in una situazione di scrittura obbligata. Sorprendente come io abbia trovato il coraggio di scriverlo e come io abbia il coraggio di ritenerlo meritevole di pubblicazione. Sorprendente come io adesso troverò il modo di renderlo comunque utile… siete curiosi?

Eccomi al punto: non sai mai cosa il tuo cervello è capace di fare se non lo metti un po’ sotto stress obbligandolo a fare. Puoi pensare in un miliardo di direzioni diverse, ma ricavarne un niente infiocchettato da belle giustificazioni. Invece, quando gli si impone una sola via da percorrere, è obbligato a inventarsi qualcosa. Qualcosa di stupido, forse, ma è pur sempre qualcosa. Se si aspetta di concentrarsi su qualcosa di veramente intelligente si finisce con l’aspettare per sempre. Non c’è nessuna garanzia che il pensiero intelligente arriverà, prima o poi, o che sia proprio quello su cui ci stiamo focalizzando – magari nel concreto diventerà una abnorme idiozia. Non lo possiamo sapere finché non lo concretizziamo, e di lì si deve passare che lo vogliamo o meno. Quindi: pensare blandamente in loop senza costringersi in qualche modo a quagliare è e rimarrà sempre un’enorme perdita di tempo e di energie. A forza di pensare e basta la vita passa e basta. Tirare fuori dalle zucche anche soltanto cinque righe è meglio che pensare alle zucche senza tirarne fuori nulla. 

Così si scrive: provando, azzardando, buttando nel cestino. A volte va bene quello che esce, altre no neppure se le riscrivi 1000 volte. Ma scrivere non è un divertimento, è un impegno. Divertente per alcuni – per me lo è – ma pur sempre un impegno. 

Evviva le zucche!!!

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(47) Astratto

Me ne sono accorta soltanto stasera durante l’incontro con due dei miei più bravi allievi di scrittura creativa: a me l’astratto dà fastidio.

Sono una concreta, ecco. Questo non significa che manchi di creatività (penso che la mia vita ne sia un esempio sufficiente), ma il mio essere concreta mi permette di realizzare.

I creativi solitamente hanno la testa tra le nuvole, ok ci sta. La mia testa è sempre da una parte o dall’altra e anche contemporaneamente di qua e di là, ma quello che faccio alla fine della giornata è: concretizzare.

Mi è insopportabile l’idea di non arrivare a nulla dopo tanto pensare.

Faccio cose tangibili dopo che ho pensato e immaginato e inventato. Questo è piuttosto irritante per chi non ha la mia stessa necessità, me ne rendo conto, ma questa necessità credo sia il mio limite più evidente. Credo che proprio questo mio essere concreta mi precluda il volo della genialità.

Mi sarebbe tanto piaciuto essere un genio, dico sul serio. Perdermi nell’astratto e scoprire il senso di tutto. L’astratto è il condotto per il senso di tutto, ne sono certa. Soprattutto perché il reale non dà alcun senso, a niente, lo sperimento di continuo.

Il genio non mi appartiene, purtroppo, devo accontentarmi della concretezza di una mente narrativa ben oliata. Pensandoci bene poteva andare ben peggio di così. Tutto sommato posso dire di trovarmi bene nei miei panni, oggi più che mai.

b__

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