(71) Profondità

Ti sembra di aver raggiunto la massima profondità e poi scopri che la spirale ti sta risucchiano oltre. Puoi perderci la testa, la pressione è troppa.

La spinta alla conoscenza dovrebbe avere un limite massimo, oltre il quale non sia lecito andare perché la nostra condizione umana non ci permette azzardi di quel genere senza farci pagare care le conseguenze.

Certe nostre segrete complessità ci fanno avvoltolare in una condizione di precaria sicurezza, sommario equilibrio. Basta un colpo di vento e non ci troviamo più, risucchiati dalle tenebre o dalla luce, non fa alcuna differenza perché il dolore è comunque immenso. C’è da chiedersi come sia possibile passarne indenni. Infatti, non credo sia possibile.

E’ come alzare gli occhi al cielo mentre il cielo ti schiaccia. Sei tramortito da tutta quella grandezza e non ti opponi, non ti muovi.

La salvezza non è mai definitiva. Suppongo.

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(70) Arresa

Non è quella che dici: non m’importa niente. Anzi. E’ quella che ti consente di rispettare la libertà di scelta di chi ami anche se non sei d’accordo, anche se non ti piace, anche se ti fa soffrire.

Non è mollare, gettare la spugna, dichiararsi sconfitto. No, sto parlando d’altro. Perché non è una guerra, ma è ricerca di ciò che è giusto fare.

Ti arrendi, semplicemente, al fatto che non è, non sarà, quello che tu desideri. Ti fai da parte e lasci andare la tua idea di quel che dovrebbe essere per accettare quello che è.

Credo, temo, sia un processo lungo una vita. Ho la sensazione che sarà tutto più semplice quando arriverò lì, all’arresa.

Mi domando quanto ci metterò.

b__

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(69) Vertigine

Solo quando mi guardo attorno e non so da che parte appoggiare l’attenzione, che tutto mi fa paura. Una volta non la consideravo la paura, oggi la rispetto. Ne tengo conto, anche se non mi faccio fermare – no questo non è cambiato.

Se poggio l’attenzione dentro di me, a uscire diventa tutto minaccioso. Quindi scelgo con cura il punto in cui dentro e fuori si confondono, gioco sul cambio di prospettiva e sulla percezione di tempi contemporanei. Solidi, forse no, sicuri neppure. Certi, quello sì.

Non dura molto, di nuovo sguardo attorno e vertigine. Ma non mi faccio fermare.

b__

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(68) Cittadino

Non so bene che significato dare a questo termine perché nomina l’appartenenza e faccio fatica, molta fatica, ad appartenere a qualcosa o a qualcuno. Fosse anche solo a un concetto. Non lo so, sento un urlo dentro che mi spinge lontano, dove posso essere di nessuno e legata a niente. Forse, però, è soltanto una difesa.

Non ho mai creduto che un voto potesse davvero far fluire le sorti del paese da una parte o dall’altra in modo evidente. Le cose che riguardano i popoli avvengono molto lentamente, preparano per decenni le conseguenze senza che nessuno lo noti (appositamente o inconsapevolmente). Ecco, le conseguenze precipitano veloci. Quando le vedi è troppo tardi.

Più che appartenere posso riconoscermi in un certo tipo di persone, quelle che vanno sulla loro strada con dignità e una certa coerenza intima. Anche se da fuori non si nota, anche se per conoscerle lo devi proprio volere perché non succede per caso.

Io non le cerco, le incontro. Le riconosco come a me vicine per visione o per ambizione e, ogni volta che succede, ne sento il benefico effetto come un balsamo corroborante.

Per caso il mio paese è l’Italia, ma non è un caso se sono ritornata qui a vivere.

Non so perché l’ho scritto, forse per ricordarmelo. Se me lo dimentico sono nei guai, accidenti.

b__

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(67) Nome

Ho fatto pace con il mio nome. Me ne sono accorta oggi: 4 dicembre = Santa Barbara. No, non perché io mi senta una santa (anche se a volte la mia pazienza mi sorprende, scherzo!) forse soltanto perché ormai è un nome che mi rappresenta.

Ho imparato a conoscerlo, a comprenderlo, a farlo mio. Credo che sia anche merito suo se sono così oggi. Voglio dire: straniera. Essere straniera è una condizione profondamente interessante: lo sei prima di tutto nei confronti di te stessa perciò ti conviene tenerti d’occhio per capire chi sei.

Un insegnamento importante, questo, perché guardi gli altri come “ovviamente stranieri” (se lo sei tu stessa nei tuoi stessi confronti, figurati gli altri) e presti loro più attenzione perché sai che l’attenzione che ti imponi ti aiuterà a conoscere mondi che potrebbero esserti alieni per sempre se non ti ci metti d’impegno.

Un’altra cosa importante: dai per scontato che tu agli altri risulti straniera (se lo sei tu stessa nei tuoi stessi confronti, figurati come gli altri possono “sentirti”) e porti pazienza quando sei guardata con evidente sospetto, magari sei oggetto di rifiuto o fastidio o sei vittima di pregiudizi/preconcetti.

Barbara è solo questo e tutto questo: straniera. Che può essere letto come “strana” e come “estranea”.

Da come mi guardi mi guardi, resterò esattamente così: estranea, strana, straniera. Credo sia consolante, dopottutto. Azzarderei un “rassicurante”. Almeno sai cosa ti aspetta.

Devo questo nome a mio padre, al suo essere stato un artigliere, un alpino. E quando mi è stato imposto (durante le lezioni di stenografia) di venire a patti col mio nome, non mi rendevo conto di quale lezione fondamentale mi venisse chiesto di imparare. Ci ho messo un po’ di tempo, ma non sono mai veloce nell’imparare le lezioni, purtroppo.

Però, una volta che l’ho imparata non la dimentico più. Una volta che l’ho imparata è mia e la posso anche condividere.

Credo che iniziare dal proprio nome sia un bel modo per avvicinarsi a noi stessi.

Parola di straniera.

b__

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(66) Bene

Il bene che vuoi alle persone a cui sei legato non lo tieni in mano, non ci sta. Te lo puoi avvolgere attorno come uno scialle, ti tiene caldo anche se stai marciando contro vento e il vento è quello freddo che arriva da dentro.

Ho la fortuna di voler bene a persone che mi sanno avvolgere e che mi aiutano a non farmi abbattere dal mio vento.

E il mio vento non è più gelido, ora è tiepido.

b__

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(65) Sollievo

Credo che la cosa che più vorrei donare a chiunque si trovi in una brutta situazione sia: sollievo. Sollevare da un peso, da una sofferenza. Sollevare il velo della disperazione per far indovinare che al di là c’è aria pura da respirare a pieni polmoni.

Libero da una preoccupazione, da un’ansia, da un timore. Ogni volta è un rinascere.

Il mio sollievo di oggi è immenso, ha profonde radici, ha ampi orizzonti. Guardo la fonte del mio sollievo e non posso che provare una profonda gratitudine. Si apre in me ancora la capacità di credere che è solo l’inizio e che il peggio è passato.

Ogni volta è un rinascere.

Poter essere di sollievo a qualcuno che ne ha profondo bisogno, credo sia la cosa più preziosa che si possa donare. Durasse anche solo un secondo, non importa. Quel secondo può espandersi in eternità e creare nuova vita.

b__

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(64) Disequilibrio

Mancanza di equilibrio = disequilibrio (o disquilibrio).

Letta così è piuttosto una condanna: mancanza. Ti manca l’equilibrio e fai fatica a stare in piedi, fai fatica a camminare e pure a stare fermo. Se lo si legge in termini di tempo, il per sempre o per il momento fa la differenza.

In generale non manco di equilibrio mentale, ma se vado nel particolare posso ammettere tranquillamente che perdo l’equilibrio molto facilmente. Un colpo di vento e mi ritrovo per terra.

Il fatto che inciampo spesso ne è la prova.

Inciampo anche sui miei stessi piedi, il che è ridicolo lo so. Mi dimentico il corpo mentre la mente è altrove, non faccio caso agli ostacoli né a dove metto i piedi. Figuracce ed ematomi sono all’ordine del giorno. Non mi sorprendo più di quanto riesco a essere goffa, neppure me ne vergogno più, lo do per scontato che proprio quando meno dovrei… inciamperò. Amen.

La cosa peggiore, però, è quando mi succede dentro. Allora sì che vorrei scomparire, perché quella mancanza può avere riverberi dolorosi e il per sempre è quasi assicurato.

Il paracadute non serve, neppure fare più attenzione serve quando si tratta di cose dell’anima. Se inciampi con l’anima in un ostacolo, stai pur certo che è l’ostacolo che l’anima ha cercato per te senza prima avvertirti e tu ci sei cascato. Lì devi imparare qualcosa, non sarà bello, non lo capirai subito, non ti piacerà quello che capirai (se lo capirai), ma resterà con te per sempre.

Ho inciampato, ancora non capisco, l’Anima fa silenzio, io brancolo senza equilibrio. Raggiungo il letto e…

buonanotte.

b__

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(63) Intenzione

Non riuscirò mai ad accettare che la mera intenzione non è sufficiente a far funzionare le cose. Perché nell’intenzione uno ci mette l’Anima. L’intenzione è il desiderio espresso in parole creatrici. Eppure Non Basta.

Ci sono le correnti in mezzo. Quelle fredde, quelle calde, quelle contrarie, quelle a favore, quelle che non perdonano.

L’intenzione non può bastare, mi ripete tutto quello che mi ruota attorno. Senza, però, darmi un’alternativa più efficace.

Allora, io ancora e ostinatamente mi aggrappo all’intenzione. La mia.

b__

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(62) Vuoto

Devo imparare a guardare meglio dentro il vuoto. Il mio astigmatismo non mi aiuta, però.

L’unica cosa che so essere cambiata è che non cadrò di testa. In ginocchio, se non in piedi, ma non di testa.

Devo cercare meglio dentro il vuoto. Usare le mani, le orecchie, il naso, la bocca, ogni volta che gli occhi non sono abbastanza.

Del dolore parlerò un’altra volta.

b__

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(61) Nemico

Ci dicono che sono dappertutto. Nemici ovunque. Ci vogliono schiacciare, ci vogliono eliminare. E sono i più forti, lo stanno dimostrando.

La paranoia cresce cresce cresce, perché quando il cervello va in loop può combinarti dei casini devastanti. E quando te ne accorgi è troppo tardi.

Chi è il nemico che sta per avere la meglio su di noi? Bah! Non ha un nome, è una lobby, è un organismo tentacolare, è grande, enorme, ma invisibile.

Non abbiamo scampo.

La nostra mente può ingoiarci se glielo lasciamo fare. Buonsenso e logica perdono forza e argomentazioni, perché non li stiamo più ad ascoltare. La paura ci sta divorando e siamo noi a permetterglielo.

No, non dico che al mondo non ci siano minacce. Dico soltanto che possiamo essere noi ad avere la meglio, di tanto in tanto.

Consapevolezza e non smarrimento autodistruttivo.

La paura? Può essere messa da parte. Deve essere messa da parte se ha intenzione di smantellare, pezzo dopo pezzo, la tua esistenza.

b__

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(60) Delicatezza

Delicatezza è uno dei sinonimi di “sensibilità”. Ho il sospetto che ormai la distanza tra le due attitudini non sia più questione di sfumature. Tutti si reputano sensibili, anzi, si offendono quando qualcuno dubita del loro essere sensibili.

Io penso che lo siamo davvero tutti, tutti molto molto sensibili, ma non significa che tutti i sensibili siano anche dotati di delicatezza. La sensibilità è un “sentire” molto personale, ritagliato e cucito su di noi, sui nostri bisogni, i nostri desideri, le nostre priorità. Lo tradurrei così: io io io io io io io io io io io (ad lib.).

Appena qualcuno ci tocca il nervo scoperto, zak! La nostra sensibilità ha un’impennata. Automatico. Sicuro. Immediato.

La delicatezza presuppone una predisposizione allo spostare quel maledetto “io” in “tu”. Tu come stai? Tu come ti senti? Tu cosa vuoi? Tu come la pensi?

Delicatezza è quando metto da parte il mio “sentire” per occuparmi del tuo. Non perché io debba prendermene carico, solo perché voglio prendermene cura per quello che posso. Magari evito di dire o di fare qualcosa che in quel momento ti risulterebbe come un pugno in faccia.

Essere delicati con gli altri non ha ricompense. Spesso gli altri neppure se ne accorgono, non subito almeno, ma quel “non sferrare il colpo”, quel “guardare da un’altra parte” quando vedi il nervo scoperto che potresti toccare e far sanguinare… ecco quella cosa lì, la delicatezza, è un premio che diamo a noi stessi. Non per essere stati buoni, ma per aver avuto il coraggio di avvicinarci a un altro essere umano disarmati.

Chi agisce con naturale delicatezza può sollevare pesi indicibili. Praticare la delicatezza è un esercizio durissimo e allo stesso tempo leggero e bellissimo.

b__

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(59) Sorgere

Non è cosa che sa fare solo il sole, nel dizionario italiano il verbo sorgere ha significato splendido anche per gli umani: alzarsi, elevarsi, innalzarsi.

In linea di massima vuol dire che eri steso, magari al buio, e che stai per rimetterti in piedi per guardare l’orizzonte e farti innondare dalla luce. Così è come mi piace leggerlo, questo verbo che rende bene la poesia della rinascita.

Nascere, però, non è una passeggiata. E’ più che altro un trauma. Lo shock del consegnarsi alla luce può farti perdere l’orientamento, ecco perché i bimbi nascono con gli occhi chiusi (o comunque non vedono granché appena nati), la natura li protegge.

Il primo respiro è doloroso, l’aria fredda ti procura una scossa, piangi.

Ora, credo di essere in questa fase: primo respiro, gelo, scossa, pianto. Tutto molto silenzioso, la mia natura introversa mi protegge. Eppure mi sembra di aver perso l’orientamento, non riconosco più la differenza tra cielo e terra.

Soprattutto: non mi importa granché di farlo. Cammino senza guardare la strada.

Se sia bene o male lo scoprirò tra qualche tempo. Immagino. D’altronde mica è la prima volta che rinasco. Eh!

b__

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(58) Positivo

Va tutto bene? Positivo.

Che non è una risposta politica, non è una risposta comoda, non è una risposta con il sorriso sulle labbra. E’ semplicemente l’unica risposta possibile.

Se ci soffermiamo sui dettagli si offusca il concetto. I dettagli sono sempre troppi e sono per lo più inutili, fanno zavorra. Noi stiamo lì a contarli e ricontarli e loro non fanno altro che aumentare non solo di numero ma anche di portata.

Va tutto bene? Positivo.

Perché è così, il positivo non lo si trova nella perfezione, lo si estrae dalla realtà e lo sappiamo bene che la realtà è bastarda. Non fa mai quello che vogliamo noi. Cerchiamo di far combaciare il nostro ideale, che abbiamo alimentato con l’immaginazione e ostinatamente contro corrente per decadi, con ciò che possiamo tenere in mano.

Eppure nutrire un ideale mi sembrava un gesto positivo.

Mi sono persa tra i pensieri perdendo il filo. E’ positivo, erano solo dettagli da nulla. Fuori piove, io sono al sicuro, al caldo, con chi amo.

Va tutto bene? Sì. Positivo. Dannatamente positivo.

b__

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(57) Tasti

Avessimo davanti a noi la tastiera di un pianoforte sarebbe più facile: bianchi e neri. Distanziati con un certo criterio che rimane invariato benché tu possa usare i tasti come più ti garba. Decidi tu la melodia, decidi tu il ritmo, decidi tu il tempo.

Trovare i tasti della mia vita mi comporta un sacco di energia spesa, ancora non so se bene o male perché ancora non so se i tasti che mi sembra di aver trovato siano reali o solo il frutto della mia bizzarra immaginazione.

A volte è davvero tutto così confuso che mi verrebbe voglia di spaccare questo pianoforte del diavolo, ma poi, a un certo punto, quando mi calmo e mi siedo davanti alla mia tastiera… toh! Ecco comparire i bianchi e i neri!

Allora mi concentro su quello che c’è, su quello che posso fare, a volte addirittura su quello che voglio fare e viene ancora meglio.

Sì, la musica che racconta il mio voglio è davvero potente. L’ho vista abbattere muri di ostracismo ostinato quanto insulso, l’ho vista rimbalzare tra i giudizi velenosi e le piccole miserie, l’ho vista trasformare le mie relative virtù in qualcosa di bello da offrire a chi mi sta accanto.

Il mio desiderio più grande di bambina era imparare a suonare il pianoforte. Tutta quella magia solo a sfiorare i bianchi e i neri… no, non ho mai potuto prendere lezioni e non ho mai imparato.

Eppure, proprio ora, sto qui davanti al mio pianoforte e sto suonando la musica che voglio io.

Tasto dopo tasto, con una melodia, un tempo, un ritmo, un tono, un colore.

Che magia!

b__

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(56) Spazio

Lo spazio che puoi mettere tra te e il resto del mondo è estremamente elastico quando il tuo rapporto con il resto del mondo è decente, quando il rapporto che hai con te stesso è del tutto onorevole. Se così non è, però, lo spazio si irrigidisce e non si fa più manipolare.

Quel tipo di spazio che caratterizza i rapporti umani richiede morbidezza, se pensiamo di metterci al sicuro rendendolo solido facciamo un torto a noi e a chi con noi deve averci a che fare. Volenti o nolenti, spesso.

Quando incontri un Maestro sulla tua strada, lo spazio lo senti soffice, addirittura accogliente, perché l’Essere Umano che ti sta davanti nonostante sia anni luce più evoluto si muove verso di te per condividere ciò che sa e aiutarti a innalzarti un po’. Se incontri un Maestro sulla tua strada, sii grato alla strada, al Maestro e all’Universo intero.

Quando incontri uno stronzo sulla tua strada, lo spazio si mummifica. Diventa difficile gestire l’azione che si riduce a un fastidioso allungarti verso di lui per instaurare un minimo di comunicazione utile e a un frustrante guardarlo dal basso verso l’alto perché lui ti pensa un essere inferiore. Ecco, questo tipo di persone potrebbero insegnarti ciò che sanno (cerebralmente parlando), ma non potranno insegnarti nulla di buono sull’essere umani.

Un incontro di questo tipo diventa uno scontro, perché uno stronzo sostanzialmente vuole rimanere stronzo. Ne fa proprio una questione di principio: lui è lassù e tu stai quaggiù. Lassù stanno i fighi e quaggiù stanno i poveracci. Ce la mette tutta per rendere il concetto comprensibile, solitamente con modi brutali se non feroci.

Ecco: oggi mi sono scontrata con una stronza e ha vinto lei.

Però, c’era un testimone con me ed è stato lui il mio Maestro. Non solo mi ha fatto recuperare la stima di me stessa, ma ha sotterrato la stronza senza troppa fatica.

Alla fine ho vinto io.

Grazie Maestro.

b__

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(55) Sottosopra

Ci sono giorni in cui mi sento completamente sparpagliata. Un mucchietto di lettere senza arte né parte, buttate lì alla rinfusa.

Non sono bei momenti. Mi capitano sempre cose assurde, cose che mi fanno sentire un’idiota. A buona ragione, visto che le cose assurde mi capitano perché sono sparpagliata e non faccio attenzione.

Mi chiedo dove sono in quei giorni e in quale livello multidimensionale sto vivendo una vita fantastica per avere qui su questo piano risultati così disastrosi.

Non ho risposte.

Devo solo far finta che sia una giornata sottosopra e basta, che domani sarò più in ordine e farò meno idiozie. Una speranza non una certezza, beninteso. Eppure, non ho mai pensato di buttarmi dalla rupe Tarpea benché effettivamente io possa considerarmi a tutti gli effetti una goffa traditrice di me stessa. Insomma, sono oggettivamente autoboicottaggi inquietanti, senza se e senza ma.

Se non ci fosse da ridere mi preoccuperei. Deve esserci qualcosa che s’inceppa in me, a volte. Appena scopro cos’è lo scrivo.

b__

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(54) Geroglifici

Tutto sta nel trovare il codice d’entrata e poi mettersi lì a tradurre tutto. Pezzo per pezzo, parola per parola. Non solo: azioni, pensieri non detti, incontri, addii, chiusure, apertura, inizi, fini. Ogni singolo dettaglio. Siamo esseri antichi, e questo è un fardello che dovremmo portare con più leggerezza perché è un valore aggiunto più che un peso.

Se lo prendi come esercizio quotidiano, prima o poi, vedrai quei segni indecifrabili che compongono la geografia della tua esistenza assumere un significato.

Non è detto che il significato ti piaccia. In realtà, non è tenuto a farti piacere. Lui se ne frega, è più forte di tutto, anche del tuo giudizio. Sicuramente più forte di ogni fraintendimento, tanto nonostante te al dunque ci arriva.

Questi geroglifici che ci sostengono come una ragnatela, noi siamo il ragno, sono affascinanti. Lo credo davvero. Sono segni che riconosci, anche se spesso lo neghi, e che alla fine hanno la meglio e ti incantano.

Ho spesso davanti a me questo papiro, dove i geroglifici, che ormai conosco perché me li rigiro dentro da molto molto tempo, mi parlano e mi spiegano e mi incantano.

Oggi ne vado fiera.

b__

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(53) Apnea

Vivere in apnea non è bello. Ogni appassionato di yoga che si rispetti te lo può dire in mille modi diversi: re-spi-ra.

Me ne dimentico continuamente. Respiro poco, è un miracolo che io sia ancora viva. Eh!

Vivere in apnea significa che non osi, non osi respirare per non farti individuare dalla sfiga che con te ha una mira eccellente. No, scherzo… ma non del tutto.

Non osare un respiro profondo, credo, significhi pensare che il respiro che fai te lo devi guadagnare e osarne uno più profondo mi metterebbe nella situazione di essere in debito con la vita… non me lo posso permettere, devo aprire un mutuo per poter concedermi un respiro profondo, devo vendermi un rene, devo ipotecare casa… devo devo devo devo.

Mi è stato detto che nel momento in cui sostituirò il “devo” con il “voglio” la mia vita cambierà.

Non mi spaventa un cambiamento di vita, piuttosto il cambiamento in me (chi mai potrò diventare? In cosa mi potrei trasformare? Non va già abbastanza male così come va?).

E con questa rivelazione credo di aver toccato il fondo del patetico. Amen.

b__

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(52) Linee

Una linea retta può essere più o meno lunga e orientata in 360 diversi gradi. Pace.

Una linea retta può essere spezzettata, ovvero può essere composta da più pezzetti che volendo si possono combinare in modo da rivoluzionare il suo essere retta. Pace.

Una linea retta può andare avanti all’infinito, ma ben si sa che per l’infinito l’essere umano non è attrezzato. Pace.

Una linea retta, in teoria, può portarti alla tua meta. In teoria, perché la pratica è diversa, quindi: scordatelo.

Sì, pace anche per questo dettaglio.

Una linea retta alla fine non è che mi dà tante certezze e mi toglie sicuramente fantasia.

No, niente pace.

Scelgo la linea curva.

Ecco, sì… adesso pace sia.

b__

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