(862) Battito

Un tocco, ripetuto, con un suo ritmo e un suo respiro. In realtà, il tocco può mutare il suo respiro. Accelera e decelera, seguendo spesso quello che sente. Agitazione, tranquillità, piacere, fastidio… i battiti ci raccontano come stiamo. Ci raccontano chi siamo. 

Mi accorgo spesso che il mio battito mi sta dicendo cose che non capisco. O cose che non voglio capire. Soprattutto. Sono molte le cose che non voglio capire, molte le cose che temo di capire. Non so il perché. 

Le cose che capisco, solitamente, attraversano il mio corpo. Quelle che capisco meglio sono quelle che mi crollano addosso. Lì non posso far altro che registrare l’evidenza delle cose e arrendermi. Non mi viene facile arrendermi. Non lo so perché. Non è una scelta, suppongo, semplicemente non mollo finché non sono sfinita. A volte anche stupidamente, lo ammetto, ma essere stupida fa parte del pacchetto. Non è che una può essere intelligente tutto il tempo. L’intelligenza è stancante.

Fatto sta che i miei battiti, ultimamente, sono cambiati. Senza avvertirmi, per di più. Me ne sono accorta per lo scoramento che mi portavo addosso da un bel po’. A un certo punto, per sfinimento più che altro, mi sono fermata e mi sono chiesta che diavolo stesse succedendo. Rincoglionimento isterico? (suona come un ossimoro, lo so, e lo è, quindi immaginiamoci il mio stato)

Sì, uno stato nevrotico che non è da me. Non è da me. Non è da me, diavolo!

Va bene, appurato questo concetto basico ho cominciato a far caso ai miei battiti. Era una vita che non ci pensavo. Avevo archiviato la questione, come se la questione potesse essere archiviata. Quando sono stupida lo sono pienamente. Una sorta di apoteosi della stupidità condensata in un corpo solo. Meriterei un applauso. Comunque sia, ho ritirato fuori dall’archivio la questione e mi sono arresa all’evidenza. Faccio fatica ad arrendermi, ma quando sei arrivata al capolinea non è che hai altra scelta. Quindi l’ho fatto. Mi sono consegnata – rassegnata – ai miei battiti e, come se non aspettassero altro, hanno mollato il tamburellamento ossessivo. Mi sono rasserenata. Così.

Ora mi trovo in una situazione curiosa di rassegnata serenità. Che è strano. Che non può durare a lungo. Che sto studiando per capire come diavolo riesco sempre a non capirci un tubo di me. Nonostante gli sforzi, nonostante l’impegno, nonostante l’allenamento. Proprio niente.

Per fortuna ho questo battito. Che respira. E respira. E respira.

Per fortuna.

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(253) Chimica

È quella cosa che anche se non la conosci, anche se la eviteresti, anche se non ne vuoi sapere… c’è. È parte di te, funziona a prescindere da tutto. Ti sorregge o ti sotterra, ti asseconda o ti si oppone, ti fa spaccare tutto o ti fa in pezzi. Dipende da come funziona e dipende da te controllare che funzioni bene.

A un certo punto della mia vita ho deciso che dovevo saperne di più. Ho iniziato a leggere e ad approfondire il discorso, pensando che una volta capito avrei gestito meglio le cose. Ecco, mi sbagliavo.

Non è che capisci come funziona la chimica del tuo corpo e lo gestisci meglio. Funziona, invece, che riesci appena appena a capire cosa ti sta succedendo riconoscendone certe dinamiche, e prendendo atto delle conseguenze dirette scatenatesi nella tua mente e nel tuo corpo.

Io, maniaca del controllo, mi sono arresa. Non voglio più controllare nulla. Mi arrendo alla chimica, mi arrendo alla vita, mi arrendo al flusso d’energia che comunque mi sovrasta.

Anzi, no: mi affido. Meglio.

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(70) Arresa

Non è quella che dici: non m’importa niente. Anzi. E’ quella che ti consente di rispettare la libertà di scelta di chi ami anche se non sei d’accordo, anche se non ti piace, anche se ti fa soffrire.

Non è mollare, gettare la spugna, dichiararsi sconfitto. No, sto parlando d’altro. Perché non è una guerra, ma è ricerca di ciò che è giusto fare.

Ti arrendi, semplicemente, al fatto che non è, non sarà, quello che tu desideri. Ti fai da parte e lasci andare la tua idea di quel che dovrebbe essere per accettare quello che è.

Credo, temo, sia un processo lungo una vita. Ho la sensazione che sarà tutto più semplice quando arriverò lì, all’arresa.

Mi domando quanto ci metterò.

b__

Share
   Invia l'articolo in formato PDF