Da bambina ho imparato una cosa importante: non si può avere tutto. O questo o quello. Tutto non si può. Credo sia stato l’insegnamento che più ha aiutato la mia resistenza alle avversità. O questo. O quello.
Va da sé che ogni volta mi sono trovata a scegliere tra quello che era giusto per me e quello che per me non era giusto, abbracciando sempre la prima ho capito presto che avrei dovuto rinunciare a un bel po’ di cose. Non ho cambiato la mia posizione neppure quando si trattava di perdere tutto quello per cui avevo lavorato. Se la mia pancia urla lo fa perché quello che vede non può accettarlo. Io seguo la mia pancia, anche se il cervello mi dice che non è saggio rischiare una perdita del genere.
Non è giusto essere calpestati. Non è giusto essere manipolati. Non è giusto essere usati. Non è giusto. Semplicemente non è giusto.
Mantengo la mia posizione.
Ho perso lavori importanti per questo. Ho perso persone importanti per questo. Eppure, dopo anni, posso affermare che forse non erano così importanti perché io sono ancora qui e la mia vita è migliore adesso.
Nel tempo ho notato che mantenere la mia posizione è sempre meno difficile. Insomma, so come si fa, so come si sta durante e come si sta dopo. So che poi troverò qualcosa che mi confermerà che quel giusto che mancava non poteva essere sopportato, accettato, ingoiato giorno dopo giorno per timore di ritrovarmi senza niente.
Io per me sono tutto, non niente. E da lì si riparte.
Si tratta di sentire dove inizia quel “non giusto” e metterci uno stop. L’ascolto ti può evitare tanta sofferenza gratuita.
Basta saperlo, no? Anche se sceglierai la sofferenza gratuita, sarà pur sempre una tua scelta e di nessun altro. Basta saperlo.