Mi piacciono tantissimo, ma proprio tanto. Mi piacciono così tanto che vado in cerca di quelle migliori: profumate, dolci, succose. Non sempre le trovo, anzi. Negli ultimi anni una volta su dieci, se va bene.
Questa situazione può essere presa benissimo come metafora per qualsiasi cosa che mi piaccia. Ricerco il meglio. Poi non lo trovo sempre, ovvio, ma miro al meglio che c’è. Tanto per intenderci: o mangio una pizza buona o non la mangio, o mi compro un paio di scarpe belle e comode o non me le compro proprio, o ho l’occasione di passare del tempo con persone che per me sono speciali oppure me ne resto da sola. Sono forse un’estremista nella ricerca forsennata della qualità? Sì, e Pirsig sarebbe fiero di me.
Gli escamotage che rendono light le cose che sono in realtà buonissime ma pesanti, li schifo. Piuttosto me ne privo, non è la fine del mondo, ma la Coca-Cola light non la voglio neppure vedere in fotografia. Vada retro.
Stessa cosa per le persone light. E lo so che se lo scrivo sembra ancora più brutto che a dirlo soltanto, ma è la verità. Sono una persona pessima, ma le persone con i neuroni light mi fanno salire la saudade. Non je la posso fa’.
La cosa peggiore? Più invecchio e più ‘sta cosa si radica in me. E non me ne frega niente. Se quand’ero giovane potevo avere un qualche dubbio o rimorso, se riuscivo ancora a valutare la versione sociopatica di me come un problema da risolvere, ora è tutto l’opposto. Ho una sola versione e la versione ribadisce il concetto: solo il meglio. E non è un problema. Un’aggravante che non lascia via di scampo. Lo so.
Fatto sta che il tempo non fa che mettere ancor più in evidenza quei tratti del mio carattere che cercavo di mimetizzare pensandoli orrendi. Mi viene da ridere, ora. Sono probabilmente diventata una persona orrenda e la trovo una cosa superdivertente. A saperlo prima!
Noi prendiamo una manciata di sabbia dal panorama infinito delle percezioni e la chiamiamo mondo.
(Robert M. Pirsig, “Lo Zen e l’Arte della manutenzione della motocicletta”)