(1099) MENTRE – il pentimento

In tutte le storie che funzionano a un certo punto c’è un baratro che si apre e gli eroi ci finiscono dentro. Infatti, io e il mio team (vedi post precedente) a un certo punto ci siamo visti risucchiare da un vortice di morte. 

Non volevo scrivere. Mi sembrava inutile. Mi sembrava stupido. Mi sembrava troppo faticoso. Scrivevo altro, scrivevo per lavoro, scrivevo per uno scopo più concreto. Scrivere i ***Giorni Così*** mi sembrava soltanto una perdita di tempo. Certo che continuavo a farlo, ma con la certezza che avrei fatto meglio a smettere. Non me li rileggevo neppure, li pubblicavo e basta.

Facevo anche fatica a trovare un topic nuovo (pensare a quante parole esistono nel dizionario della lingua italiana e io lì che non riuscivo a sceglierne una per scrivere qualche pensiero… era allucinante). Per esempio: il mio post 998 si intitola “Ineluttabile” e ottantasette giorni dopo ho pubblicato il 1085 titolato “Ineluttabilità”. E non me ne sono accorta. Ok, una volta in tre anni può capitare, è vero. Allora eccovi un altro esempio: il 27-10-2018 ho scritto “Via” e il 01-05-2019 ho scritto “Vie”. Addirittura ridicolo, concordo.

Non ho mollato soltanto perché avevo dato la mia parola: tre anni, tutti i giorni, senza perdere un colpo. E ogni volta che ci pensavo mi pentivo amaramente: ma come cazzo m’è venuto in mente?! E non c’era nessuno che mi diceva “dai, scrivi!” perché giustamente a nessuno interessava. Giustamente. Davvero.

Un giorno mi sono fermata a guardarmi mentre brancolavo come una patetica ubriaca in cerca di un argomento di cui parlare e mi sono messa a ridere. Che diavolo di melodramma stavo portando in scena? A che scopo? Era una lamentela fine a sé stessa perché avrei potuto tranquillamente mollare. Ma non lo facevo non solo per aver preso un impegno, lo facevo anche perché in fin dei conti ci credevo. Credevo che alla fine ne sarei stata contenta. Alla fine avrei capito un po’ più di me stessa e della mia scrittura. Alla fine avrei potuto darmi una pacchetta sulla spalla e dichiarare senza paura di essere smentita che ce l’avevo fatta.

1095 giorni di scrittura quotidiana. Pensavo che ogni mese avrei potuto scrivere due righe a me stessa monitorando il lavoro mentre lo stavo svolgendo. Una sorta di resoconto del work in progress. Ho resistito soltanto qualche mese, mi sono ben presto resa conto che non potevo sostenere una lucidità che non avevo. E non potevo averla perché ero troppo coinvolta, quindi ho lasciato perdere. In fin dei conti già stavo facendo del mio meglio per aprire ogni giorno il blog e tentare di scrivere qualcosa che avesse un senso.

Chi altro può dire di aver fatto lo stesso nel suo blog? Non lo so, magari qualcuno sì, ma ben pochi. Ecco, io sì.

E allora? Niente. Le cose che contano nella vita sono ben altre, me ne rendo conto, ma onorare un impegno preso (soprattutto se preso con me stessa) è una di quelle cose a cui tengo. Danno la misura della persona che sono. E mi piace essere questo tipo di persona. Nel bene e nel male. Mi piace.

Quindi mi sono pentita di aver ceduto al baratro e esserci finita dentro per settimane. Non era necessario, me lo sarei potuta evitare. Avrei potuto usare un po’ di ironia, di autoironia, e bypassare il baratro con una certa agilità. Non l’ho fatto. Non so perché, ma non l’ho fatto. E la cosa peggiore è che di tanto in tanto lo faccio, anziché schivare la morte della gioia ingoio il veleno e metto in discussione tutto. Non è una mossa intelligente, ma non riesco ad evitare di ricascarci. Il mio lato oscuro.

E quindi, a parte essere dispiaciuta per aver dato retta all’oscurità, posso dire con una certa dose di orgoglio che ho saputo affrontarla e l’ho saputa sconfiggere perché la sfida l’ho vinta e nessuno mi potrà togliere quanto fatto.

Mentre il mondo andava avanti io me lo riscrivevo guardandolo da angoli privati, in silenzio, senza clamore. Con una mug di caffè fumante davanti a me e le mani sulla tastiera. Con gli occhi sul monitor e ogni tanto oltre la finestra. Sempre io, sempre la solita. Mentre il mondo cambiava forse sono cambiata anche io, ma riconosco ancora i miei tratti, non mi sono lasciata sopraffare.

Paura superata.

Davvero.

Wow.

 

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