(1074) Pappagallo

Se non capisco non funziono. Non è che ripeto quel che sento o riprendo quello che gli altri fanno o copio pedissequamente quello che già c’è. Non funziono così. Allora è ovvio che azzardo, che mi sbilancio, che provo e fallisco, che dico troppo o troppo poco, faccio troppo o faccio male. È ovvio. 

E anche se sbaglio, se fallisco, se mi combino un disastro, dal mio punto di vista fa tutto parte del concetto legato al F-U-N-Z-I-O-N-A-R-E. Fa parte di me, anzi, sono proprio io. Autoreferenziale? Ehmmmm… sì. Certo. Ovvio. La prendo sul personale, si tratta di me, di chi altro?

E vedo quelli che copiano, quelli che giocano sul sicuro perché altri hanno già provato, e già fallito o già vinto, e provo una grande delusione perché penso che siano tutte occasioni sprecate. E non sto parlando di inventare cose mai viste prima, ma di maneggiarle e renderle diverse – magari migliori – quello sì. Ed è l’eterna sconfitta che è propria delle grandi ambizioni, ed è il sale del provare perché non si sa mai quello che può accadere, ed è la ragione di tutto. Di tutto.

L’Umanità avanza così, provando cose diverse, partendo da quanto già conosce e spingendosi un po’ più in là o in qua o in su o in giù… che ne so.

Io sono soltanto un atomo di un Universo dove ambiziose menti superiori stanno facendo fare a tutti salti quantici notevoli, non è che mi metta in competizione con nessuno, faccio solo la mia parte. Non mi tiro indietro, non ho paura di spingermi oltre a quello che già so fare. E non mi aspetto niente. Davvero.

Non faccio per ottenere una ricompensa, non faccio per mettermi in vetrina, non faccio per arrivare chissà dove. E se non ti è chiaro questo di me, non capirai mai un cazzo di me. Ma non è importante. Davvero. Non sono qui per essere capita o supportata, so fare da me. Tranquillamente.

Lo scrivo anche se so che non lo dimentico. Lo scrivo perché è stata una delle lezioni più difficili da imparare per me e so che ci sono persone che si chiedono ogni giorno se quello che stanno facendo valga la pena di essere portato avanti, perché sono sole o perché sono ostacolate continuamente. E io vorrei dire a tutte loro, a tutti voi che passate di qui, che non solo ne vale la pena, ma che non c’è niente di più importante a cui dedicarsi, e che la ricompensa siete voi stessi e che arriverete così soddisfatti ovunque siate diretti che non ci saranno più domande in sospeso.

I pappagalli in natura sono splendidi pennuti simpatici, tutti gli altri sono soltanto patetici. Ricordiamocelo la prossima volta che ne incrociamo uno più invadente degli altri che ci vuole tagliare la strada.

E… senza pietà, mi raccomando.

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(950) Performance

Come prima di uno spettacolo: la pressione aumenta e la tensione si fa densa e appiccicosa. Come avere dentro quella plastica d’imballaggio con le bollicine e tu le scoppi una ad una e non ti fermi finché non le hai passate tutte, una ad una. Come un presagio di disfatta, come una speranza di rivalsa, come un aereo da prendere. Ecco, così.

Se non lo hai provato non sai. Non sai che vorresti allontanarti da te il più in fretta possibile, che vorresti teletrasportarti in un altro corpo e un’altra mente, che vorresti delegare a chiunque ti passi davanti ogni singolo atomo della tua esistenza. Lasciatemi in pace, finitela di tormentarmi.  Ecco, così.

E c’è, come sempre, un buon modo di affrontare questo stato d’animo e uno meno buono. C’è uno pessimo e uno ancora peggiore. Le variazioni sul tema possono essere diverse e di diversa consistenza, dipende da quanto vogliamo pensarci e da quanto siamo disposti a sbatterci per sistemare le cose dentro di noi. Ci vuole metodo anche nel fare le pulizie. 

Allora, so benissimo che è soltanto un passaggio, che in linea di massima non sto così tutto il tempo, e che tra qualche giorno si sistemeranno le cose e io potrò finalmente scrivere. Lo so. Eppure rimane il dubbio che l’Apocalisse si presenterà alla mia porta e che suonerà con tono allegro fingendo di essere lì per caso e che tutto finirà in un istante, le mie paure più bastarde si concretizzeranno in contemporanea e mi toglieranno il senno. 

So anche che tutto andrà bene appena sentirò in un angolo del mio orecchio Lucio Battisti che mi canticchia “lo scopriremo solo vivendo” e io avrò la voglia matta di dargli una testata. Solo allora avrò ripreso possesso di me stessa. 

Attendiamo pazientemente.

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(743) Maestosa

Ho un’idea Maestosa della Vita. Di come la Vita è – nonostante tutto quello che di Lei possiamo farci (che non è granché perché non siamo capaci di azioni maestose se non di rado). Eppure la Vita porta in sé – e per sé – questa maestosità in ogni sua espressione. Basta solo farci caso e avremo davanti ai nostri occhi tutte le prove che ci servono.

Questa mia convinzione va contro ogni cosa che affronto quotidianamente perché la Maestosità in gioco non è sempre quella che ti porta carichi di felicità, e forse è ora di sfatare questo mito: la Vita ci vuole vivi ma non necessariamente felici, la scelta sta a noi.

Le proposte che la Vita ci mette a disposizione hanno un miliardo di variabili l’una, cambiano a seconda delle circostanze e degli intrecci e degli incontri e degli incidenti e degli imprevisti e delle sfighe o delle fortune. Variabili a non finire, variabili da perderci il sonno, variabili da sbattere la testa contro il muro. Talmente tanto e talmente tutto insieme che non lo si potrebbe definire se non nel modo che ho scelto io: Maestoso. Un dannatissimo Maestoso modo di farci attraversare ogni atomo dell’Universo con i nostri poveri sensi martoriati.

Come fare per non restare schiacciati da tutta questa Maestosità? Riconoscerla e rispettarla, credo. Non possiamo fare altro se non cavalcarla e sperare che non ci disarcioni. Non dobbiamo fare altro se non affidarci a quello che deve essere senza mai smettere di fare quello che dobbiamo fare: cercare e scoprire, cercare e provare, cercare e trovare. Pezzo dopo pezzo ci faremo un bel puzzle e ce lo guarderemo una volta diventati vecchi, ricordando un po’ e il resto inventando come fanno i bambini. Guarderemo il cielo invidiando le stelle che nonostante la mancanza di vita ancora sanno brillare. E saremo grati per tutto quello che di Maestoso ci avrà attraversato, perché la Vita avrà saputo prendersi cura di noi – nonostante tutto, nonostante noi.

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(625) Confronti

I confronti sono una brutta bestia. A forza di comparazioni ci si fa un torto difficile da lavar via, per quanto tu possa grattare resta sempre una macchia. Ci cadiamo tutti, continuamente. Ed è quel continuamente che bisognerebbe contenere, costruire un bel argine per non perdere la brocca. 

Il confronto che ci vede vincitori, ci dà l’illusione di essere superiori, migliori. Soltanto un gioco di prospettive, un abbaglio, che però incalza l’ossessione di noi stessi e ci rende arroganti, supponenti, prepotenti. Non va bene, stiamo un attimo a montarci la testa e una vita a farcela smontare (qualcuno lo farà, prima o poi, anche se non glielo chiediamo – una sorta di Giustizia Universale, chiamiamola così).

Il confronto che ci vede perdenti, purtroppo, non ci dà soltanto un’illusione ma ci costruisce una mina antiuomo dentro lo stomaco, che appena ci mettiamo il piede sopra: bum. Iniziamo a guardarci con occhi brutti, con disprezzo. Cominciamo da lì ad analizzare ogni dettaglio che ci riguarda come se non vedessimo l’ora di trovarci ulteriore materiale per denigrarci, per raderci al suolo. Solitamente ci riusciamo, siamo maghi in questo, nessun rivale.

I confronti sono una brutta bestia che ci costruiamo da noi, quotidianamente, con mattoni piombati che ti vanno a pesare sul cuore. Non riesci a guardarti con disincanto, a considerarti un Essere Umano normale, ti vedi o come Superman o come un atomo di niente. E non va bene, lo sappiamo che non va bene, ma lo facciamo, sempre. Un eterno Io vs. Resto-dell-Umanità che neppure quando ha senso fa capo a un valore.

Non sto qui a dire che siamo tutti unici e irripetibili, anche se lo penso, eppure siamo quello che siamo e siamo qui per fare del nostro meglio, soltanto questo. Fare del nostro meglio ci mette in una posizione di imparagonabilità magnifica. Ammirare le qualità o le vittorie degli altri e osservare i loro limiti e le loro debolezze, senza marce funebri né sambe indiavolate, sarebbe già un bel modo per tenersi d’occhio, no?

Virtualmente parlando, non fa una grinza. Bastasse questo sarei a posto.

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