(622) Spinta

Ci vuole una spinta, che parte dal plesso solare che porti il tuo corpo in avanti. Una spinta che ha motivazioni che non serve neppure capire, ma è importante sentirne la potenza, la grandezza delle cose ineluttabili. Ecco, quella spinta ti fa superare tutto: deserti, oceani, mancanze, violenze. Tutto.

Non è che sei più forte degli altri, non sai neppure quanta forza ti è rimasta nelle ossa. Non te lo sai spiegare, eppure tu sei qui e altri no. Lo chiamano Destino. Chi dice che sia lui a decidere di te, chi dice che sei tu che ne abbracci uno o l’altro decidendo per te. Va’ a capire chi dei due comanda. Si è comunque inseparabili, sembra.

Nasci, vivi e muori. Tra il vivi e il muori il Destino si compie. Tutto lineare, tutto molto semplice. Tutto così come deve essere.

Dicono che te lo puoi costruire il tuo Destino, piano piano. Dicono anche che il Destino è uno solo e per quanto tu faccia non gli puoi sfuggire. Dicono che ognuno ha quello che si merita, va’ a capire la tabella del merito chi la compila. Dicono che alcuni non si meritano il Destino che hanno avuto, ma non si sa se è detto per compassione o convinzione.

Penso che sia la spinta a comandare, a comandare noi e i nostri Destini. Non puoi gestirla, non puoi alimentarla, non puoi chetarla, non puoi distruggerla. Lei decide cosa fare di te: gestirti, alimentarti, chetarti o distruggerti. La spinta sa tutto di te e usa tutto quello che sa per te e, a volte, contro di te. La spinta non è buone e non è cattiva, è la spinta e basta. Credo che agisca motivata da una passione o da una disperazione o da una aritmia del cuore. Credo che, spesso, se non ci fosse lei saremmo immobili per la gran parte del tempo, lì a valutare ogni scelta possibile. Il libero arbitrio è una tagliola, se ti prende i piedi non avanzi, se ti prende le mani non afferri. La spinta ti ci può far finire in mezzo o ti fa fare un balzo di lato e la scampi.

La mia spinta la chiamo per nome, un nome che non pronuncio mai. Siamo così io e lei, ci rispettiamo e ci temiamo un po’. A fasi alterne, dipende dai giorni e dagli umori. Lei teme che io la neghi, io temo che lei mi spinga troppo oltre ai miei limiti e che il mio cuore la prossima volta non reggerà.

Così aspettiamo, insieme. In silenzio.

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(591) Brivido

Quelli che preferisco, quelli positivi, ormai non li provo più da millenni. Bah, sarò diventata cinica. Sarà che a forza di tirar su muri protettivi alla fine te ne freghi anche dei brividi. Basta che non ci siano casini, il resto va tutto bene.

Non mi passano, invece, quelli negativi, quelli legati a degli eventi allucinanti che non potevi neppure immaginare potessero accadere. Quelli non passano, nonostante il bombardamento mediatico ci metta il carico da cento per costringerti all’assuefazione. No, non mi farete addormentare prima della mia fine estrema, non ci riuscirete per quanto vi potrete impegnare. Omicidi, eccidi, assoluzioni, indifferenza, assurdità inenarrabili… una lista infinita.

Quando la realtà fa schifo, e tu te ne rendi conto che fa schifo, puoi fare due cose: o te la racconti in modo da fartela piacere oppure fai del tuo meglio per cambiarla affinché non ti faccia più tanto schifo. Si possono contare sulle dita di una mano le persone che scelgono la seconda opzione, lo sappiamo bene. Perché sono così pochi? Perché è faticoso e può essere anche frustrante e snervante. Potresti non arrivare mai a ottenere neppure la metà di quello che speri, nonostante i tuoi sforzi e la tua fede. Cosa da pochi, da chi c’è nato così e non riesce a inventarsi un modo di essere diverso da questo. Quando non hai scelta, il libero arbitrio è dettaglio ininfluente.

Raccontarsela per farsela piacere, invece, è lo sport nazionale. Noi italiani siamo dei maestri in questo e possiamo fare scuola a chiunque. Mi vengono davvero i brividi quando incontro storie deliranti, facilmente demolibili, che vengono portate avanti con prepotenza, e contro tutti, soltanto per non ammettere la realtà delle cose. Perché la realtà delle cose non si fa insabbiare facilmente, ritorna in superficie appena può. La codardia, la furberia, la castroneria – anche quando condivisa dai più – rimangono lì a far mostra di sé. Non si cancellano.

Sono brividi brutti e non passano. Ecco, questa realtà delle cose non riesco a raccontarmela in modo che mi piaccia. Non ci riesco proprio.

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