(943) Atmosfera

Non ce ne rendiamo conto, ma l’atmosfera è tutto. E quando dico tutto intendo proprio tutto: ogni nostra reazione dipende dall’atmosfera in cui siamo immersi. Molte volte la subiamo, altre la diamo per scontata e non facciamo nulla per modificarla, altre volte la combattiamo selvaggiamente senza un minimo di lucidità, di strategia. Ripeto: l’atmosfera è tutto.

Spiegare questo concetto mi è difficile, ma se entriamo in un luogo dove non ci sentiamo a  nostro agio non è che possiamo pretendere troppo da noi stessi. Siamo comunque in modalità c’è-qualcosa-che-non-mi-torna, e stare sulle spine in attesa di un’imboscata non ti aiuta a dare il meglio di te. Mai.

Se ci sentiamo sotto interrogatorio, reagiamo male. Se la conversazione fluisce naturalmente, potremmo rispondere anche alle domande più delicate senza sentirci a disagio e senza essere infastiditi.

Creare l’atmosfera giusta ti permette di non entrare in conflitto con chi ti sta di fronte, ti aiuta a instaurare una conversazione basata sul rispetto reciproco.

Se sei pronto ad azzannarmi, non ti mostro il collo. Chiaro? E le intenzioni che esplicitiamo con il nostro corpo sono talmente evidenti anche senza bisogno di parole che diventiamo addirittura ridicoli quando pensiamo che gli altri non se ne accorgano. Credo che perdere il controllo della propria emotività sia poco dignitoso, ogni volta che mi capita vorrei sprofondare dalla vergogna. Ma non posso distogliere lo sguardo da quella me stessa che grottescamente si arrabatta per dire la sua. È lì che devo lavorare più duramente, perché dare agli altri il peggio di me mi fa stare male.

Eh.

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(817) Natale

Sto cercando di farmi venire idee natalizie, così da non stonare con l’atmosfera. Niente da fare. Fingere non mi riesce neppure a fin di bene. Il bene di chi? Della massa che sta festeggiando il Natale. Noi, Grandi Italiani, che abbiamo rifiutato di dare approvvigionamento a quasi 350 anime che stanno da giorni in mezzo al mare senza poter approdare in nessun porto. Buon Natale a tutti noi, noi che non ci pensiamo perché siamo al caldo e a pancia piena.

Questi sono i pensieri che mi ribollono in corpo in questi giorni. Non ci posso fare niente, il Natale per me rimane una bufala. La sagra dell’ipocrisia.

Certo, certo, c’è chi il Natale lo sente in modo sincero, c’è chi fa del bene, c’è chi ha fede e prega col cuore. Queste persone, però, lo fanno sempre, non solo a Natale. Queste persone sono sempre in linea con il proprio sentire, non fingono. Quindi non è con loro che me la sto prendendo. Con gli altri. E gli altri sono tanti.

Natale è quella cosa che, al di là del bambinello e del bue e l’asinello nella stalla, ti riporta a una nascita, a una rinascita anche. E non è facile nascere, figuriamoci rinascere dopo che la vita la si è conosciuta e la si è strapazzata per bene. Figuriamoci. Dovremmo prendere certe cose più seriamente, lasciare gli sketch da Zelig ai commedianti che abbiamo al governo. A loro viene bene la battuta e la menzogna, hanno sorrisi da spendere perché a loro non costano nulla. Plastica a perdere.

E a dirla tutta, io sono al caldo e a pancia piena, non sono in mezzo al mare a prestare aiuto, sto solo pensandoci qui al sicuro tra le quattro mura di casa. Quindi non è che mi senta proprio a mio agio a festeggiare, sono un’ipocrita almeno quanto quelli là, anche se in modo diverso. Io mi sento una merda, loro si sentono splendidi. Ma quel tipo di splendore non lo vorrei neppure gratis, figuriamoci se costa la vita a persone che hanno soltanto la colpa di voler vivere, vivere meglio intendo, e che invece se qualcuno non li aiuta moriranno atrocemente.

Sì, stanno ricevendo aiuto, ma non da noi italiani. Questa è una vergogna per tutti noi. Tutti, tutti, tutti. Noi non abbiamo concesso loro neppure coperte e un po’ di cibo per affrontare il Natale in mare, col meteo che non promette bene. Non ne parliamo, non ci pensiamo. Come se tutto fosse normale, tutto fosse a posto. Italiani brava gente. Certo.

Auguri, quindi, alla nostra anima di plexiglass. Ne abbiamo bisogno.

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(729) Balla

Una balla di fieno pesa. Pesa parecchio. A volerla spostare ci devi mettere tutta la tua forza e se non sei prestante non basta. Una balla di fieno è una balla ingombrante, bella da vedere, perfetta nelle sue sembianze, ma se la lasci lì è inutile e dà fastidio. Una balla di fieno è semplicemente una balla di fieno, ci puoi salire sopra, puoi farle una foto, puoi appoggiarci la schiena mentre ti prendi due minuti di riposo, e poco altro, ben poco altro.

In generale, invece, una balla è una mezogna che ha peso variabile – ma può pesare anche parecchio – e a spostarla dal posto in cui l’hai inserita ci devi mettere un bel po’ d’ingegno e non sempre riesci a ottenere un buon risultato, ed è sempre ingombrante perché te la devi ricordare e quando le cose attorno cambiano ti si potrebbe ritorcere contro. Per quanto perfetta e splendida possa risultare una balla dà sempre fastidio a chi se la deve sorbire, diventa inutile perché tutto quello che ci costruisci sopra va inesorabilmente a remengo e se la usi per prendere tempo devi sapere correre veloce per scampare alle conseguenze.

Una balla rimane una balla, semplicemente una balla. È fatta di niente, è fatta di inganno. Io posso anche far finta di crederci, posso appoggiarmici contro, salirci sopra, ma quando deciderò di andarmene perché mi sarò stancata, quella balla rimarrà lì a rendersi ridicola.

Questo per dire che sconsiglio a tutti di costruirsi belle ed enormi balle per mettersi in mostra perché dimostrare la propria svilente nullità è controproducente. Non sono tutti scemi, ce ne accorgiamo. E forse non diciamo niente perché proviamo vergogna per voi.

Le balle di fieno hanno uno scopo, che non è quello di arrecare alcun danno. Le altre balle hanno sempre un fine losco: nascondere qualcosa, sopprimere la verità, prendersi gioco di qualcuno. In tutta sincerità io preferisco le balle di fieno. Non so voi.

 

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(674) Umiltà

Di certo una dote, rara. Eppure mi sto domandando da qualche tempo quante facce può avere l’umiltà e se mi piacciono tutte. Siamo soliti pensare che ciò che non è umile è falsamente umile, e non a torto, ma la reale umiltà credo non abbia solo un modo per esprimersi e una sola faccia da mostrare.

Beninteso, non voglio dire che l’umiltà sebbene multifaccia e multiforma sia da dividersi in vera e falsa o buona e cattiva, dico soltanto che non penso che l’umiltà sia soltanto dimostrata dal prostrarsi, dalla mancanza di orgoglio, dal prendere le distanze rispetto alle proprie sicurezze personali. Non lo penso.

In realtà, mi imbarazza chi si prostra e chi si mette totalmente da parte perché non si pensa degno di considerazione. Sento dal profondo delle viscere che non va bene, che nessuno dovrebbe, che la dignità intatta e l’umiltà possono e devono abbracciarsi per completare l’uomo e la donna. Non si possono scindere senza causare uno scempio.

Non nutro la modestia, mi risuonerebbe dentro come una campana sbeccata. Non nutro l’arroganza, mi schiaccerebbe a terra piena di vergogna. Non nutro la superiorità come sentimento, mi ridurrebbe in cenere prima del tempo. Mi piace, però, valutare per bene i miei limiti e le mie forze, mi piace guardare le persone negli occhi – fossero il Papa o un neonato – considerandomi alla pari come Essere Umano. Mi piace riconoscere i meriti, i pregi, le capacità, i talenti, le genialità dei miei simili e imparare da tutti. Mi piacerebbe anche che le mie qualità fossero riconosciute senza doverle ostentare, perché ostentare è una di quelle cose che mi mette fortemente a disagio e lo evito più che posso.

Questa è la mia faccia dell’umiltà, non quella che i Santi potrebbero vantare, ma la mia personale modalità per pormi nei confronti del mondo con la presenza di cui sono capace – né più né meno. Basta test, basta chiedere il permesso e basta chiedere scusa. Ho una faccia soltanto e questa contiene versioni molto personali di pregi e di difetti. Come tutti, semplicemente come tutti.

 

 

 

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(631) Balsamo

Il buon vecchio Manzoni definiva la benevolenza un balsamo, ovvero un rimedio portentoso contro la sofferenza. Ognuno ha il suo, alcuni ne hanno più d’uno. Bisogna ammetterlo: un rimedio portentoso contro la sofferenza non è cosa di tutti i giorni. Balsami che abbiamo la potenza di rimediare a certe abominevoli ferite non sono facili da trovare. E più li cerchi e più questi ti si celano.

Non è che ‘sto pensiero mi stia portando molto lontano, credo di essere troppo stanca perfino per riflettere – anche se le dita sulla tastiera vanno dove sanno andare perché hanno ormai vita propria. In momenti come questo, a fine giornata, quando la giornata è stata intensa come quella di oggi ho solo voglia di buttarmi a letto e dormire tutte le ore che posso. Potrebbe essere che in questo periodo il mio balsamo sia il sonno?

Allora ben venga! Ci sono montagne di sonno perso che mi devo scalare, un mese non basterebbe. Le cose più ovvie sembrano quelle meno importanti, non ho mai capito il perché. L’ottusità umana – che appartiene anche a me – è un mistero, oltre che una vergogna. Ci vorrebbe un balsamo per guarire la vergogna o l’ottusità? No, non ora, non riesco neppure a tenere gli occhi aperti, figurati se riesco a tenere collegate le sinapsi.

Buonanotte a chiunque si sia fermato qui per leggermi, mi scuso, ma stasera meglio di così proprio non riesco a fare. Davvero.

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(549) Show

Ognuno fa il suo. Non è detto sia del tutto edificante, bisognerebbe non darlo per scontato. Bisognerebbe partire da una logica diversa dal solito, quella che ti impone di farti vedere al massimo della forma. Bisognerebbe volare bassi.

Parti a razzo e pensi di sorprendere tutti, sei sicuro che rimarranno a bocca aperta, in estasi. Ti pensi Madonna (se sei ateo) o La Madonna (se sei cristiano praticante), in breve ti pensi come non necessariamente sei, forse a come ambiresti essere. Credo che questo sia il vero peccato.

Se procedessimo invece con altro criterio, quello del volo rasente e poi piano piano risalissimo le correnti ascensionali (citando qualcuno, qualche tempo fa) per farci vedere al massimo del nostro splendore, magari lo stupore sarebbe reale e forse durerebbe più a lungo.

Mi sta bene la grande mascherata, nel senso che la giustifico, ma il buongusto deve avere la meglio sulla baracconata. Sempre. Perché non c’è bisogno di andare oltre, non c’è bisogno di fare i fenomeni, non c’è bisogno di dichiarare la propria superiorità. Se il bisogno c’è è perché non siamo fenomeni e non siamo superiori, tutt’altro.

Ora: che lo si faccia è un dato di fatto, che la maggior parte delle volte il nostro buonsenso non riesca a limitare l’enfasi del nostro show è un dato di fatto, che ci possa andare bene nove volte su dieci è un dato di fatto, ma…

Ma anche la Giustizia Divina è un dato di fatto, ha lastricato di prove ogni secolo d’esistenza del Genere Umano, e arriverà comunque il giorno in cui il nostro show non verrà tollerato, non verrà perdonato, non verrà fatto passare. Verrà il giorno in cui durante uno dei nostri maestosi show qualcuno ci darà un bel pugno sul naso. Quel giorno dovremmo ricordarci di incassare con onore. Non si piange, non si urla, non si bestemmia, non si ribatte, non ci si giustifica, non si incolpa qualcun altro. Quel giorno ci beccheremo il pugno sul naso, il naso sanguinerà, e noi staremo zitti, a testa bassa a prenderci in pieno tutta la vergogna che meritiamo.

Perché “Show must go on” è una canzone dei Queen, e il nostro show dovrebbe terminare ora. Le discussioni stanno a zero. Bisognerebbe capirlo una volta per tutte.

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(205) Protezione

Che il cielo ti protegga!

E se non lo fa lui, chi ci pensa a te? Tu stesso. Dovresti pensarci tu. Dovremmo ormai aver imparato che aspettarsi la protezione da qualcuno che non siamo noi non sia il modo più intelligente di gestirci. Se capiti male, la protezione diventa un cappio, una lama, un proiettile.

Cosa abbiamo fatto? Abbiamo trasformato il bisogno più puro di tutti, quello con cui siamo nati, in un peccato, in una vergogna, in una condanna.

Proteggere significa prendersi cura, riparare qualcuno o qualcosa con lo scopo di difenderlo da tutto cio che potrebbe danneggiarlo. Si protegge chi non può farlo perché debole e indifeso, si protegge chi ami anche se non ne avrebbe bisogno… ma chi non ne ha bisogno? Chi?

Il bisogno non è una cosa sporca. La protezione non è qualcosa che si deve mendicare, fa capo all’amore e basta a se stessa. E che tu sia povero o ricco, felice o triste, buono o cattivo, non cambia nulla.

Protezione significa riparo, cura, difesa. Ha origine da un bisogno puro: di riceverne e di offrirne, senza lucro e senza interesse. Perché ce lo siamo dimenticato? Perché? Perché? Perché?

 

 

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