(880) Shuttle

Che significa “navicella spaziale”, ma non posso metterci due parole nel titolo (è una regola dei ***Giorni Così***, ve ne siete accorti?), quindi userò per l’ennesima volta un termine inglese. Rischio la galera, sappiatelo (sto ridendo, certe notizie sono davvero esilaranti se non uscissero dalla bocca dei nostri politici potrebbero stare tranquillamente sul palco di Zelig).

Fatto sta che oggi stavo pensando a com’è guardare dallo Spazio Infinito il nostro Pianeta Terra. Stavo guardando una delle foto che vengono postate su certe affascinanti pagine Facebook (quelle belle davvero) che ritraeva la Terra vista da lassù. Se non fosse per le orecchie che si tappano e il dover mangiare cibo liofilizzato, fare l’astronauta mi piacerebbe. Nella prossima vita magari.

Il mio pensiero si è spinto un po’ oltre: ma quante cose ancora non conosciamo?, mi sono chiesta. E poi: ma c’è proprio bisogno di conoscere tutto?, e mi sono risposta no. No. Non c’è alcun bisogno di conoscere tutto lo scibile extra-umano. Anche perché tutto quello che conosciamo finiamo per distruggerlo, quindi ignorare l’esistenza di qualche parte (più o meno rilevante) dell’ambiente terrestre e spaziale, potrebbe far bene al nostro pianeta e allo Spazio Infinito in generale. Siamo peggio della peste bubbonica noi Esseri Umani. 

Credo che guardare le stelle e pensarle vive e felici mentre brillano, solo per il piacere di brillare, sia un bel pensiero. Ignorante, ma bello.

Credo anche che immaginare che la Luna abbia occhi, bocca e naso, sia un modo carino per rendercela amica seppur distante. Idiota, ma bello.

Credo che sognare un pianeta (Marte?) vivibile e vivace quanto la Terra sia innocuo e divertente. Inutile, ma bello.

Non sono fautrice del “ignorante è meglio” per la maggior parte delle cose che ci riguardano, il Sapere e la Conoscenza sono sacri per me, ma certi particolari ci rendono la vita migliore. Sciocca, certo, ma bella. Come quando sei innamorato e vedi solo i lati positivi della persona che ti fa sbelinare il cervello. Così. Non dura molto, lo sappiamo, ma goderci quell’intorpidimento dell’intelligenza è piacevole. Bello addirittura, no?

Temo che non sappiamo più goderci questi nostri spazi di illusione pura e sberluccicante. Un vero peccato perché da lassù la Terra sembra un gioiello. Quei colori mordono la nostra coscienza e ci lasciano il segno. Siamo qui per poco e ci agitiamo come se dovesse essere per sempre. Pensando di dover sapere tutto perché così saremo noi i possessori dell’Universo, mica l’Universo che può fare di noi quel diavolo che gli pare.

Poveri noi.

 

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(817) Natale

Sto cercando di farmi venire idee natalizie, così da non stonare con l’atmosfera. Niente da fare. Fingere non mi riesce neppure a fin di bene. Il bene di chi? Della massa che sta festeggiando il Natale. Noi, Grandi Italiani, che abbiamo rifiutato di dare approvvigionamento a quasi 350 anime che stanno da giorni in mezzo al mare senza poter approdare in nessun porto. Buon Natale a tutti noi, noi che non ci pensiamo perché siamo al caldo e a pancia piena.

Questi sono i pensieri che mi ribollono in corpo in questi giorni. Non ci posso fare niente, il Natale per me rimane una bufala. La sagra dell’ipocrisia.

Certo, certo, c’è chi il Natale lo sente in modo sincero, c’è chi fa del bene, c’è chi ha fede e prega col cuore. Queste persone, però, lo fanno sempre, non solo a Natale. Queste persone sono sempre in linea con il proprio sentire, non fingono. Quindi non è con loro che me la sto prendendo. Con gli altri. E gli altri sono tanti.

Natale è quella cosa che, al di là del bambinello e del bue e l’asinello nella stalla, ti riporta a una nascita, a una rinascita anche. E non è facile nascere, figuriamoci rinascere dopo che la vita la si è conosciuta e la si è strapazzata per bene. Figuriamoci. Dovremmo prendere certe cose più seriamente, lasciare gli sketch da Zelig ai commedianti che abbiamo al governo. A loro viene bene la battuta e la menzogna, hanno sorrisi da spendere perché a loro non costano nulla. Plastica a perdere.

E a dirla tutta, io sono al caldo e a pancia piena, non sono in mezzo al mare a prestare aiuto, sto solo pensandoci qui al sicuro tra le quattro mura di casa. Quindi non è che mi senta proprio a mio agio a festeggiare, sono un’ipocrita almeno quanto quelli là, anche se in modo diverso. Io mi sento una merda, loro si sentono splendidi. Ma quel tipo di splendore non lo vorrei neppure gratis, figuriamoci se costa la vita a persone che hanno soltanto la colpa di voler vivere, vivere meglio intendo, e che invece se qualcuno non li aiuta moriranno atrocemente.

Sì, stanno ricevendo aiuto, ma non da noi italiani. Questa è una vergogna per tutti noi. Tutti, tutti, tutti. Noi non abbiamo concesso loro neppure coperte e un po’ di cibo per affrontare il Natale in mare, col meteo che non promette bene. Non ne parliamo, non ci pensiamo. Come se tutto fosse normale, tutto fosse a posto. Italiani brava gente. Certo.

Auguri, quindi, alla nostra anima di plexiglass. Ne abbiamo bisogno.

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(400) Humour

Ci sono proprio nata, l’ho ereditato per geni e l’ho perfezionato nel tempo grazie alla vicinanza della mia famiglia. Non sto dicendo che sono una simpatica umorista, tutt’altro, ma che nel mio sangue c’è la risata. Anche quando fa male perché serve soltanto a sollevare le sorti di una giornata, di una settimana, di un mese, di un decennio tragico. 

Sei lì, in mezzo al vuoto che t’inghiotte e mentre ti guardi scomparire spari una cazzata. E ridi. La capisci solo tu, ma non lo stai facendo per un pubblico, per un applauso, per una pacca sulla spalla. Soltanto per accompagnare il tuo affondare.

E quando scopri che funziona, smetti di sentirti in colpa. Perché se stai male e ridi sembra che tu non stia così male. Potresti risultare mostruosa agli occhi del mondo, gelida per chi ti sta accanto, idiota persino. Sono giudizi superficiali, devono scivolare via subito perché rovinano l’operazione di salvataggio che la tua anima sta portando avanti nonostante te.

Se riesci a farlo, se riesci a restare attaccato a quell’amaro che ti fa storcere la bocca e che si trasforma in risata per un pensiero stupido che ti fa uscire di botto dalla situazione che stai vivendo e ti rende disumano anche solo per due secondi… se ti riesce l’acrobazia, diventa la tua arma segreta. Tanto lo sai che non è finita, lo sai che poi passa, lo sai che il dolore è uno stato mentale limitante, lo sai. E allora ridici sopra, fallo a pancia all’aria, fallo in mezzo al vuoto e che sentano tutti. Fallo. Non pensarci, fallo e basta.

Che son bravi tutti a fare gli scemi a Zelig, prova a farlo quando stai per essere inghiottito dal vuoto. Lì che ti voglio. Non ti scappa da ridere? Dovrebbe. Fidati, dovrebbe.

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