Una cosa che mi viene bene, immergermi. Prendo le misure e vado. Sotto, in profondità. Quando sono là sotto perdo il contatto con tutto il resto, quello che lascio in superficie, e là sotto non sento mancanze, non sento lontananza, là sotto mi basto.
Il tempo dell’immersione non è lunghissimo, ma non per mio volere, soltanto perché qui in superficie ci sono cose da fare e io le devo fare.
Non pratico soltanto un tipo di immersione, ma tutte. Proprio tutte. Immaginane una e io già l’ho provata. Anche se non l’ho sperimentata con il corpo, la mia mente l’ha già percorsa quella via. Si tratta di allenamento, ma l’ho già detto: è una cosa che mi viene dannatamente bene.
Solo una piccola parte di queste immersioni diventa concreta, scritta e quindi consegnata alla realtà della superficie. Credo sia giusto così.
Un dato di fatto è che là sotto ci sono colori pazzeschi e il silenzio è pieno di suoni che parlano di tutto quello che in superficie si frantumerebbe perché delicato, perché pulito, perché troppo vivo.
E così è.