(179) Gratitudine

Si era avvicinato a me timidamente chiedendomi se volessi insegnargli a scrivere nonostante la sua non più verde età: aveva 82 anni. Gli risposi che non avrei potuto insegnargli nulla, ma che avremmo potuto parlare di scrittura e avrei potuto accompagnarlo durante il percorso – voleva scrivere dei racconti.

Diventammo amici e diventai la sua editor per dieci anni.

Dopo un intervento piuttosto deciso su un racconto giallo che, però, risultava essere più un sgambetto al lettore che un guizzo geniale, lui non mi parlò per un mese. Finalmente poi mi chiamò e mi disse: “Hai ragione tu, riscrivo il finale”. Il racconto fu un piccolo capolavoro. Fui orgogliosa di lui, ancora una volta, e lui di se stesso.

“Scrivo perché così non posso morire finché non ho finito di scrivere”, mi disse un giorno.

Da qualche tempo le sue storie facevano fatica a uscire, e a un certo punto fui consapevole che avrebbe mollato le redini poco a poco, discretamente come era stato il suo vivere.

Non è un addio questo, è un pensiero che mi permetterà di stargli vicino e accompagnarlo comunque, anche se da lontano. Quest’amicizia così inaspettata e speciale non finirà solo per uno stupido sfasamento dimensionale.

Grazie Giorgio. Grazie.

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