(1038) Freschezza

La ricerca della freschezza sembra essere diventata un’ossessione di massa. E non mi riferisco alla cura per scampare alla calura estiva, ma a quella cosa che non ha sostanza e forse non ha modo di spiegarsi a sufficienza. È un dato di fatto che ci si inventa di tutto per vendere quella sensazione di freschezza che ci può risolvere la giornata: dal chewing gum al profumo, dal deodorante per ambienti alla maglietta di cotone. 

Mi sto domandando da settimane il perché senza venirne a capo. Bypassando le ovvietà, non riesco a capirne l’origine. E sono in questo tunnel – per il momento senza uscita – grazie a un collega avanti di mille miglia rispetto a me che mi ha buttato lì sul piatto la freschezza della comunicazione a cui bisogna puntare. Mettendo da parte il fatto che in quell’ambito pare io sia riuscita a dargli soddisfazione (un sollievo pazzesco), questa cosa qui si è propagata in ogni angolo del mio cervello e ho perso il controllo.

Cos’è questa stramaledetta sensazione di freschezza?

Il brivido di freddo che ti inebria? O un pensiero che ti racconta di un nirvana piuttosto inverosimile e quanto mai lontano da ogni immagine che uno si potrebbe immaginare nello spazio-tempo che comprende tutto l’immaginabile da qui alla fine del mondo? Mah.

La freschezza di un sorriso, la freschezza di un incontro, la freschezza di una storia… devo continuare? Francamente, a me viene in mente il Chilly (e dio-solo-sa-quanto-odio-il-chilly) e la questione del brivido-a-tutti-i-costi mi perplime parecchio. 

Va bene, ora che ho ammorbato tutti con questo inutile pensiero (ma pieno di freschezza, ammettetelo), credo me ne andrò a letto. E dichiaro che la frescura del temporale che ha appena attraversato il lago e sollevato tutti dall’afa è la benvenuta. A prescindere.

‘notte

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(903) Nervi

La tenuta dei miei nervi ha un limiti. Credo sia una cosa positiva avere dei limiti, almeno sai dove ti dovresti fermare. I limiti dei miei nervi li ho sempre un po’ sottovalutati. Sbagliando.

A questo punto della situazione, loro hanno deciso di farmelo presente. E hanno fatto bene, mi hanno fatto male, ma hanno fatto bene.

Negli ultimi due mesi ho ignorato volutamente i segnali, ho pensato che non potevo fermare le cose pertanto avrei dovuto comunque estenuarmi finché non si sarebbero sistemate. Così ho fatto. Non tutto è a posto, ma si sta sistemando. Sollievo, giusto? Ecco. No. No, perché i miei nervi mi stanno facendo presente che non è che sono elastici, che li tiri e li molli a seconda di come ti pare a te.

Mi stanno facendo sgambetti poco piacevoli che devo in qualche modo gestirmi. I primi sono stati inaspettati. E sono finita a terra. Ripetutamente. Ora, ho capito e li vedo arrivare. Quindi se finisco a terra non sono più sorpresa, soltanto rassegnata perché così dev’essere.

Qui potrei anche psicanalizzare tutto il mio operato dalla nascita all’età odierna, ma mi sembra davvero inutile. Voglio dire, interessantissimo certo, ma piuttosto fuorviante considerato che c’è ben poco di nascosto per quel che riguarda le mie magagne da tirare fuori per estrinsecare traumi e sofferenze. Evitiamo, grazie. Quello che posso fare, invece, è focalizzarmi sui limiti della mia tenuta-nervi, che è pur sempre un argomento affascinante (almeno per me).

Ho capito che li ho sottoposti a uno stretching di parecchi parecchi parecchi anni contro il loro volere. Ho capito che il loro volere è comunque da tenere in considerazione. Ho capito che a fermarmi prima magari avrei evitato quello che adesso mi ha shakerato (no, non è stato bello), ma forse non sarebbe bastato. Forse mi avrebbe soltanto shakerato meno. Forse.

In pratica ho camminato sopra un lago ghiacciato, con la pretesa di non farlo crepare, e seppur io ce l’abbia fatta a raggiungere l’altra sponda, la superficie del mio lago è decisamente crepata. Di brutto. Che fare quindi? Non lo so. So che sta entrando la primavera e comunque ci sarà il disgelo e comunque io sono ormai sulla riva e comunque è andata bene anche stavolta.

Ma, comunque, sono esausta.

Eh.

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(870) Bello

Come un invito a sorpresa da chi non ti saresti mai aspettata. Bello come quando guardi il cielo che brilla e respiri bene e puoi sorridere. Bello come un segreto che ti viene svelato soltanto perché la vicinanza lo permette. Bello come quando ti puoi affidare a un silenzio perché è tutto già pieno e non serve altro.

Bello che puoi ricominciare a sentire. E pensavi fosse un lusso che non ti saresti più potuta permettere.

Bello il lago che ti parla col suo azzurro sempre diverso, che un po’ segue quello che ti succede dentro e puoi rimandare anche le spiegazioni. Bello quando le parole che decidono di uscire trovano ascolto anche se qualche dubbio rimane. Bello quando non conti i passi e non conti il tempo e non conti il come-dove-quanto-quando perché va tutto bene.

Bello che te ne accorgi, che riesci a gustarlo e gli permetti di depositarsi con gentilezza senza pretendere di metterci sopra altro.

Bello poterlo scrivere, perché non è ovvio che si possa fare e che non sia forzato e non sia tradotto in un linguaggio lontano che poco ha a che vedere con te.

Forse è un pezzettino di felicità.

Bello.

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(173) Calma

Ho fama di essere una molto calma. Vorrei, ora e qui, sfatare il mito: mi obbligo alla calma, non lo sono affatto. Sono un’ansiosa cronica. Mi scoccia essere ansiosa, mi scoccia essere quella che si preoccupa sempre di tutto e di tutti, quindi m’impongo un certo contegno. In poche parole: fingo.

Non è una finzione atta a mettere nel sacco il mio prossimo, bensì me stessa.

La teoria che sta alla base di questa mia posizione è semplice: se fingo bene bene bene di non essere ansiosa, la calma entrerà in me e s’impossesserà della mia mente per sempre. Divento zen per autoconvinzione fingendo di esserlo già, in pratica.

Non voglio dubitare neppure per un istante che non sarà così, pertanto continuo a fingere e continuo ad aspettarmi grandi risultati da questo mio estenuante esercizio. Dovrei forse lasciare che il panico abbia la meglio? Nossignore! Accompagno il panico alla porta e mi pongo se non sorridente almeno presentabile agli occhi del mondo.

L’unico momento in cui vengo smascherata in modo vergognoso, però, è durante una seduta di meditazione guidata di gruppo. Lì m’infastidisce tutto e tutti. Non riesco neppure per un nanosecondo a estraniarmi e a percepire il benessere di quella luce bianca o rosa o azzurrina che una volta che ti avvolge ti trasporta lassù ad abbracciare il tuo nirvana. La calma che so fingere perfettamente va a farsi benedire, il mondo mi scopre per quella che sono e si ricomincia daccapo.

Rifuggo le suddette situazioni, ben inteso, passata da lì una volta mi sono ripromessa mai più. Ho intenzione di perpetrare la mia attività di calma apparente finché questa non si piegherà al mio volere e io, anche se non abbraccerò il mio nirvana come si suppone io faccia – prima o poi – almeno potrò salutarlo da una posizione più comoda. Con vista lago.

 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF