(1001) Leoni

Sono giorni di lavoro selvaggio. Quelli che preferisco. Dove ci si guarda e ci si capisce perché tutti dentro, immersi fino al collo, nello stesso mood.

E c’è un’energia che scorre tutta nella stessa direzione, c’è lo sguardo che si focalizza nello stesso punto nevralgico, lì i cuori pulsano.

Il progetto si espande e trova la sua forma, mentre noi modelliamo l’abito che dovrà indossare per debuttare in società. Emozionante.

Ed è vero che potrebbe essere bocciato, domani, ed è vero che sarebbe una botta non da poco con tutta la fede che vi abbiamo riposto. Eppure da lì dobbiamo passare, non ci sono scorciatoie e domani verremo giudicati e verrà giudicato il nostro lavoro.

Comunque vada, però, sarà la prova che testimonierà che le nostre competenze sono solide, che le nostre volontà sono d’acciaio e che possiamo andare oltre. Oltre quello che già abbiamo fatto, per proiettarci dove ancora non siamo mai stati. La crescita è questione di un pezzo per volta, non si ragiona a salti quantici.

Sono molto orgogliosa di quello che insieme abbiamo costruito, molto orgogliosa di quello che abbiamo creato in queste settimane, molto orgogliosa di ogni scazzo e ogni ripresa che ci ha attraversato.

Domani affronteremo i leoni. Non saremo soli, saremo insieme. Questo vale tutto. Tutto davvero.

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(921) Arabesque

Una certa grazia è d’obbligo. Le persone che bypassano questa delicatezza di pensiero mi lasciano sempre perplessa. Dai per scontato che l’educazione sia un optional curioso da poter sistemare alla fine della lista-priorità nei rapporti umani e ti arroghi il diritto di entrare a gamba tesa nello spazio del tuo prossimo come se niente fosse. 

Mi succede spesso di tirare il freno a mano prima di approcciarmi con un altro Essere Vivente, penso sempre se non esista un modo migliore di quello che sto dando per scontato per interagire con il mondo. 

Non è detto che le mie urgenze siano le urgenze degli altri, che siano prese in considerazione immediatamente e che siano condivisibili. Non è detto. Quindi pensarci mi fa bene. Mi fa riposizionare la mia urgenza in una prospettiva più lucida, mi fa controllare il mio movimento nello spazio e nei tempi (quelli che entrano in gioco, tutti) e mi fa prendere un respiro. 

Il controllo fa tanto. L’arabesque è questo.

La questione dei tempi giusti è in ogni ambito una grande risorsa. Anticiparli ti fa bruciare l’occasione, ritardarli ti fa mangiare le mani perché ormai non c’è più spazio per te. A valutare bene le cose della vita, sbagliare i tempi è la prassi e le conseguenze si spandono volentieri in ogni dove e la tua esistenza va a rotoli. 

Con questa visione ottimistica del mai-una-gioia-pensiero non si va lontano, ma anche far finta di nulla quando invece ci sono delle Leggi Universali che concorrono alla realizzazione dei tuoi desideri, o si oppongono alla tua volontà, strategicamente non è molto intelligente.

E l’arabesque, strategicamente, non sbaglia un colpo. Davvero.

 

 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(652) Farina

Indispensabile, ci ha permesso con un pizzico di creatività e di pratica di sopravvivere per millenni. E chi lo avrebbe mai detto che lo avremmo fatto così bene? Che avremmo imparato a usare la farina per alzare il livello di mera sopravvivenza a livello gourmet 2.0? La storia che ci racconta la farina ha dell’incredibile, secondo me, e non finirà mai.

Pensando a tutto questo, non so come sono arrivata a pensarci perché non ricordo da dove sono partita, ho iniziato a valutare quanto quello che poi facciamo nella nostra vita sia impastare la nostra farina – fonte di nutrimento in trasformazione – per farne qualcosa che risulti: buono, sostanzioso, diversificato. Ognuno di noi ha la sua ricetta per arrivare al risultato che più gli pare, dandosi la possibilità di risistemarla a seconda della necessità, dell’occasione, delle possibilità. 

Provo grande ammirazione per chi si è impastato per bene la propria esistenza, golosa di carpire segreti che mi sono ancora preclusi e che potrebbero aiutarmi a fare meglio. A volte, sotto, ci sono dei piccoli atti coraggiosi che potrebbero passare inosservati ai più e che hanno saputo creare un ambiente ideale per nuove e fortunate situazioni. L’importante è tirarsi su le maniche, alla farina aggiungere acqua e altri ingredienti che sappiamo indispensabili (sale, lievito ecc.), e di buona lena impastare. Farlo noi, non farlo fare a un robot. Farlo noi, metterci la nostra forza, la nostra volontà, la nostra tenacia. Sappiamo farlo, sappiamo come farlo, dobbiamo solo scavalcare due metri di pigrizia atavica, e che sarà mai?!

La ricetta ce l’abbiamo, non usarla sarebbe un vero peccato, no? 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(594) Coppia

Una coppia = due. Due che è 1 + 1. Quindi due che si sommano. Ecco, così mi piace. Ti sommo a me, in modo che la forza si raddoppi. Visto che non siamo uguali riusciremo anche a smorzare le reciproche debolezze, tu colmi le mie e io cerco di colmare le tue. Se lavoriamo insieme in questa direzione, possiamouna  andare lontano.

Sembra facile, ma è un casino. Il risultato ottenuto ogni volta è stato un dimezzamento delle mie forze e un rafforzamento delle mie debolezze. Com’è possibile? Non una, non due, non tre volte, sempre. Com’è possibile?

E star lì a pensarci non è che mi abbia portato a grandi illuminazioni, soltanto grande scoramento e questo non aiuta né l’autostima, né le speranze in una nuova possibilità – migliore, ovviamente, più fortunata. Eh.

Si riparte sempre dalla teoria, e la mia teoria non fa una piega. Una formula matematica, in realtà, non fa pieghe ed è per questo che ci si appiglia volentieri alla sua chiarezza e alla sua fermezza. E non mi funziona, però. C’è qualcosa che non funziona nella scelta, probabilmente, di una  metà della coppia. Io, per forza di cose e non per volontà – sia chiaro – non mi posso cambiare pertanto sono l’unico punto fermo della coppia (per me) e mi devo anche prendere la responsabilità delle scelte fatte. In poche parole: scelgo male. Scelgo proprio male. Non so perché e non so come, ma scelgo proprio proprio male. Avrei bisogno di un corso dal titolo accattivante, tipo: “Fai la scelta giusta, oh – tu – povera idiota!”.

Esisterà on-line qualcosa del genere? Ora cerco.

 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(174) Superare

superare1.  ≈ oltrepassare, passare, sorpassare, valicare, varcare, scavalcare, (ant.) soverchiare, sorpassare, attraversare. 2. ≈ lasciare indietro, sopravanzare, sorpassare, ↑ subissare, surclassare ≈ battere, sconfiggere, vincere. ↑ annientare, (fam.) fare a pezzi, (fam.) polverizzare, sbaragliare, (fam.) stracciare, stravincere, surclassare, umiliare. 3. ≈ ‖ aggirare, bypassare, scavalcare, sormontare,  scampare.

Mi sembra una bella parola “superare”. Faticosa, faticosissima, ma bella. Ogni volta mi mette davanti qualcosa che, in realtà, è lì alla mia portata. Superabile. Certo, presuppone forza di volontà e energia, non ti viene regalato nulla, ma una volta che ci sei riuscito ti si apre il respiro.

Non uso questo verbo nell’intento di competere con i miei simili, la uso per misurarmi con me stessa. Non vinco mai veramente, non perdo mai del tutto. Rimane un confronto con quella parte di me che tende a lasciar stare perché non si sente abbastanza. Abbastanza cosa? Abbastanza tutto.

Conosco bene quella parte e per quanto io la possa capire e anche tollerare, non voglio più ascoltarla. Non è lei quella che deve attivarsi, quella che voglio spingere a superare se stessa e i propri limiti. L’altra, quella che è tenuta alla presenza, è quella che ora sta scrivendo e che trova sempre un buon motivo per farlo.

Superare. Per farlo bene ci vuole osservazione, calcolo dei tempi e rapida analisi del terreno e delle condizioni ambientali. Se azzardi è bene che tu sappia che non può andarti sempre dritta. Ma azzardare, alle volte, è l’unico modo per superare.

 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF