(1001) Leoni

Sono giorni di lavoro selvaggio. Quelli che preferisco. Dove ci si guarda e ci si capisce perché tutti dentro, immersi fino al collo, nello stesso mood.

E c’è un’energia che scorre tutta nella stessa direzione, c’è lo sguardo che si focalizza nello stesso punto nevralgico, lì i cuori pulsano.

Il progetto si espande e trova la sua forma, mentre noi modelliamo l’abito che dovrà indossare per debuttare in società. Emozionante.

Ed è vero che potrebbe essere bocciato, domani, ed è vero che sarebbe una botta non da poco con tutta la fede che vi abbiamo riposto. Eppure da lì dobbiamo passare, non ci sono scorciatoie e domani verremo giudicati e verrà giudicato il nostro lavoro.

Comunque vada, però, sarà la prova che testimonierà che le nostre competenze sono solide, che le nostre volontà sono d’acciaio e che possiamo andare oltre. Oltre quello che già abbiamo fatto, per proiettarci dove ancora non siamo mai stati. La crescita è questione di un pezzo per volta, non si ragiona a salti quantici.

Sono molto orgogliosa di quello che insieme abbiamo costruito, molto orgogliosa di quello che abbiamo creato in queste settimane, molto orgogliosa di ogni scazzo e ogni ripresa che ci ha attraversato.

Domani affronteremo i leoni. Non saremo soli, saremo insieme. Questo vale tutto. Tutto davvero.

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(996) Spensieratezza

Se dovessi disegnarla non saprei da che parte iniziare. Mi si sporcherebbero le mani dal tanto pensarla senza aver concluso niente. Quella gaiezza di cui parla il dizionario a me scappa via appena ne scorgo l’ombra. Non sono programmata per questo, mi ripeto. Dandomi ragione coi fatti.

Partendo da questi presupposti non è che si va da qualche parte. Si resta fermi lì.

E se fossi obbligata ad andare oltre, cosa dovrei inventarmi? Artifizi. Che non sono altro che il frutto dell’abilità creativa. Dovrebbe essere il mio pane quotidiano, eppure quando le cose le cali su di te cambia tutto. Perdi lucidità e tiri colpi selvaggi come se non ci fosse un domani. Come se non ci fosse un domani, ma un domani c’è. E il domani è qui.

Devi scendere a patti con le tue convinzioni per liberarti dal pregiudizio, probabilmente. Ma le convinzioni fanno capo a lezioni imparate, fossero anche state fuorvianti o una sorta di infiniti fraintendimenti le cose non cambiano. Si chiama imprinting e ci marchia la carne viva che trattiene il ricordo. Così è. 

Un reset completo per ripristinare le funzioni di fabbrica è un’opzione pericolosa, la lobotomia non è una strategia vincente, anzi non è proprio una strategia. 

Spostarsi un po’. Da qui a lì. Si può fare? In linea di massima si può. Mezzo passo basterà? In linea di massima potrebbe bastare. Mi farà sentire meglio? In linea di massima no, ma prima di afferrare la spensieratezza per la collottola e scrollarla come merita mi ci dovrò avvicinare, e ci si avvicina di mezzo passo alla volta o si perde l’equilibrio. 

Ricordarmi che non sono più quella che ero l’ultima volta che ci ho sbattuto contro, andandomene per altre strade, potrebbe essere già quel mezzo passo. Forse prendere in considerazione di concedermi un aggiornamento dell’intima visione che ho di me stessa, a questo punto, visto che è una cosa che mi si impone di affrontare e che è una possibilità per riscrivere la mia storia di oggi e di domani (così come l’ho scritta ieri non funziona più, evidentemente), forse sarebbe il caso. 

Che poi non è mai il caso, spensierato e leggero, che vorrei. È sempre una lotta con le Forze Oscure che si agitano dentro di me.

Evviva.

 

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(960) Pendenza

Presente quando cerchi di stare dritta ma ti senti un pesetto da niente dentro che scivola e impercettibilmente e inesorabilmente si presenta quella pendenza da niente che fa slittare da un lato o l’altro un sacco di roba che pensavi magari di aver buttato e invece no? Presente? Ecco.

Ce la metto tutta e tenere impilate le cose lì, in ordine. Basta un niente, ma proprio un niente, e un peso minuscolo si sposta. Da lì so che è solo questione di qualche secondo e sbotto.

Si dice “pendere da una parte o dall’altra”, non si può pendere in su o in giù. È già qualcosa… eh.

Faccio fatica a scrivere stasera, scrivere in pendenza non è mica facile… eh.

Faccio anche fatica a pensare, i neuroni si sono spostati da un lato appesantendomi la testa che sta piegando il collo… eh.

Ho idea che mi sveglierò domani mattina con una cervicale da paura, e domani è venerdì, e domani è un giorno impegnativo, e domani tra poco è qui.

Quindi…

Niente. Quindi niente.

‘notte.

 

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(818) Domani

Se sei fortunato arriva, il domani arriva. Quando arriva, però, puoi fingere stupore e puoi fingere gratitudine ma non puoi fingere che il tuo ieri sia stato all’altezza, che sia stato onorevole, se così non è. Non puoi perché le conseguenze si ripercuotono inesorabilmente nel suo domani. E il domani diventa oggi prima di diventare ieri, quindi in poche parole: sei fottuto. O ti vivi bene l’oggi o ti rovini il passato e il futuro. Semplice, ovvio, dannatamente sottovalutato.

Ci sono stati degli oggi nella mia vita dove mi domandavo costantemente (minuto dopo minuto) perché diavolo fossi finita in quella situazione. Minuto dopo minuto, ora dopo ora… non c’è niente di più asfissiante.

Ci sono degli oggi nella mia vita dove mi dico: che figata essere qui. Questi sono gli oggi che preferisco, ovviamente. Non mi riesce con tutti gli oggi che vivo, ma sto migliorando. Quindi i miei domani sono su un altro livello. Superiore senza dubbio.

Ho sempre pensato che domani sarei riuscita a dare una svolta alla mia esistenza, perfino quando mi trovavo in piena svolta. Il mio concetto di svolta, forse è da rivedere, me ne rendo conto. Volevo fare altro, fare ancora di più e mi muovevo per realizzare quel domani. L’oggi che vivevo era di impegno, di concentrazione, raramente di divertimento. Mi domando chi me l’ha insegnato che per lavorare bisogna essere grevi… se ti diverti non viene meglio tutto?

Credo di averlo testato sulla mia persona e credo sia per questo che ora quando penso al domani lo faccio con meno ansia, con meno concentrazione. So che con le premesse di oggi, con le esperienze di ieri, il mio domani non potrà essere disastroso. Magari difficile, magari duro, magari complicato. Certo, ci sta. Non disastroso, però, perché in qualche modo saprò dove andare e saprò dove attingere la forza per affrontare tutto.

Domani andrà meglio. E non è così tanto per dire, è un calcolo matematico preciso, lineare. Domani sarà meglio di oggi. Domani sarà sicuramente meglio di ieri. Domani, spero arriverà, sarò ancora qui a scriverlo.

A domani.

 

 

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(702) Rischio

Corri il rischio se pensi che ne valga la pena. Corri il rischio quando il danno che ne potrebbe derivare è comunque maneggiabile, sopportabile. Il rischio calcolato non lo è mai fin nei dettagli, arriva fino a un pezzo e poi boh. Sia quel che sia.

Se giochi con la tua vita e non coinvolgi nessun altro, hai carta bianca per quanto mi riguarda e in certi casi hai anche la mia ammirazione. Se non sei solo, se il danno cadrebbe addosso a chi non c’entra nulla, allora dovresti fermarti. Se non ti fermi qualcuno dovrebbe farlo, dovrebbe fermarti. Con le buone meglio che con le cattive, in ogni caso non si tratta solo di te se ti trascini dietro un’intera nazione. Ci siamo capiti?

Ruba, inganna, mistifica, ingrassati di soldi e potere, ma non decidi con la tua misera coscienza malata per milioni e milioni di Esseri Umani – trattandoli come insetti da schiacciare – impunemente. Qualsiasi troglodita che ti ha votato, e ti ha permesso di arrivare nella posizione di potere in cui ti trovi ora, ha il diritto di essere protetto da te e dalla tua scelleratezza. Un troglodita è pur sempre un Essere Vivente, anche se si meriterebbe una mazzata in testa. 

Alzare lo sguardo al cielo e vedere sfilare sopra le nostre teste le flotte armate come se fossimo stati catapultati dentro un colossal storico hollywoodiano mi sembra semplicemente assurdo, semplicemente inammissibile, semplicemente inconcepibile. E chi pensa il contrario deve essere fermato. Fermato da chi? Da chi ha coscienza civile, umana direi, da chi sa guardare lucidamente le conseguenze e non vuole far finta di niente. Da noi. Siamo in tanti, noi. 

Io lo so che ‘sta cosa del votare democraticamente è una questione delicata, ma bisognerebbe votare a neuroni sani e non andare giù di rabbia e violenza come se non ci fosse un domani. Perché un domani c’è ancora e faremmo meglio a pensare ai rischi e alle conseguenze prima di consegnare le nostre vite nelle mani sbagliate. 

Non credo in chi urla di più e in chi alza di più i pugni o digrigna meglio i denti. Preferisco il ragionamento trasportato su un piano dialettico corretto e pulito, preferisco il confronto onesto allo storytelling da Game of Thrones. Preferisco l’incontro allo scontro, la pace al conflitto, la vita alla morte. E poi detesto i bugiardi cronici che ti pensano un idiota e ti tirano matto con le diverse versioni della stessa minestra. Ah, è vero, dimenticavo: questa è la politica, così dicono. 

No, questa è la brutta politica, e bisognerebbe recuperare quel concetto di buona politica che manca da troppo tempo. Eh, anche questo è un tema che dovrebbe essere affrontato prima o poi e non certo da me. 

In ogni caso, rischiare perché? Perché il margine di miglioramento a beneficio di tutti a cui accedere è talmente certo da riuscire a farti sognare. Anzi: sperare.

  

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(110) Fiamma

Dovrei riuscirci, ma forse pretendo troppo, è presto per farlo. Dovrei riuscire a tradurre in parole quello che ora sto provando, ma forse sono troppo impegnata a provare quello che sto provando e non mi rimane energia sufficiente per trovare anche le parole.

Ogni cosa ha il suo tempo. Dovrei averlo imparato, eh!

Eppure, questa fiamma che si riaccende mentre penso alla strada che mi sono costruita (fiamma che la fatica sembrava aver spento), si sta rifacendo vivace. Progetti, speranze, nuove cose che si aprono e altre che si chiudono perché è ora che lo facciano. Tutto questo ora non è solo sognato, ora è reale e mentre lo vivo sento dentro di me la fiamma che scoppietta.

Post fa parlavo della felicità come di una cosa che non ero in grado di acchiappare, forse è il caso di ricredersi. Mi riscaldo le mani, che fuori è tutto gelato, e provo a godermi il tepore senza pensare troppo a quel che sarà.

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