(950) Performance

Come prima di uno spettacolo: la pressione aumenta e la tensione si fa densa e appiccicosa. Come avere dentro quella plastica d’imballaggio con le bollicine e tu le scoppi una ad una e non ti fermi finché non le hai passate tutte, una ad una. Come un presagio di disfatta, come una speranza di rivalsa, come un aereo da prendere. Ecco, così.

Se non lo hai provato non sai. Non sai che vorresti allontanarti da te il più in fretta possibile, che vorresti teletrasportarti in un altro corpo e un’altra mente, che vorresti delegare a chiunque ti passi davanti ogni singolo atomo della tua esistenza. Lasciatemi in pace, finitela di tormentarmi.  Ecco, così.

E c’è, come sempre, un buon modo di affrontare questo stato d’animo e uno meno buono. C’è uno pessimo e uno ancora peggiore. Le variazioni sul tema possono essere diverse e di diversa consistenza, dipende da quanto vogliamo pensarci e da quanto siamo disposti a sbatterci per sistemare le cose dentro di noi. Ci vuole metodo anche nel fare le pulizie. 

Allora, so benissimo che è soltanto un passaggio, che in linea di massima non sto così tutto il tempo, e che tra qualche giorno si sistemeranno le cose e io potrò finalmente scrivere. Lo so. Eppure rimane il dubbio che l’Apocalisse si presenterà alla mia porta e che suonerà con tono allegro fingendo di essere lì per caso e che tutto finirà in un istante, le mie paure più bastarde si concretizzeranno in contemporanea e mi toglieranno il senno. 

So anche che tutto andrà bene appena sentirò in un angolo del mio orecchio Lucio Battisti che mi canticchia “lo scopriremo solo vivendo” e io avrò la voglia matta di dargli una testata. Solo allora avrò ripreso possesso di me stessa. 

Attendiamo pazientemente.

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(911) Indirizzo

Metaforicamente parlando, quando conosci l’indirizzo di qualcuno hai in mano un’arma carica. La mossa tattica del comparire a sorpresa sulla soglia della tua vittima facendo finta di capitare lì per caso è sempre letale. Capiti quando capiti, ricevi quel che ricevi. Questa dovrebbe essere la punizione. Ecco, per quanto mi riguarda ho deciso di sostituire il sorriso di circostanza con una bella testata.

Così.

Sempre metaforicamente parlando, non è che sei sempre il benvenuto. Se decido di aprire la porta non è tanto perché ho voglia di scoprire chi c’è – a sorpresa – dalla parte opposta, ma per una sorta di pudore malato che mi obbliga a non fingere di non essere a casa. Sarebbe fottutamente maleducato, sarebbe proprio una cafonata. No? Capitare, invece, per caso come se non ci fosse neppure una remota possibilità di disturbare è una cosa carina. Davvero davvero davvero carina.

La questione “Entrata libera” e “Uscita libera” è – per quanto riguarda la mia esistenza – la norma. Tu decidi quando comparire a sorpresa e decidi anche quando scomparire a sorpresa. Tanto l’indirizzo lo sai. Houdini ti fa un baffo. Bravissimo. 

Così.

Dunque, credo che sia un diritto inalienabile di qualsiasi Essere Vivente il poter fingere di non essere in casa e di non aprire quella dannata porta. Posso essere anche gentile, per una sorta di buona creanza di cui non riesco a liberarmi, ma se non ti faccio entrare è perché quando sei uscito (di tua iniziativa e senza salutare) per quel che mi riguarda lo hai fatto una volta per tutte. E la tua scelta l’ho registrata come E-T-E-R-N-A.

Te lo dirò? Magari quando ti tirerò quella testata che è lì pronta per partire. Ora la domanda è: oserai suonare quello stramaledetto campanello?

Sto aspettando (e mi odio per questo).

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(850) Stronzata

stronzata /stron’tsata/ s. f. [der. di stronzo], volg. – 1. [comportamento e azione da persona spregevole] ≈ (fam.) canagliata, (fam.) carognata, infamia, (volg.) merdata, (volg.) porcata, (volg.) vaccata. 2. (estens.) [azione, discorso, comportamento e sim., da stupido: ha fatto un’altra delle sue s.; smettila di dire s.!] ≈ [→ STUPIDAGGINE (2)].

Ogni stronzata sparata random da qualcuno è un’affascinante scalata. Io la vedo così. Se hai la voglia e il tempo di farti ‘sta scarpinata scopri sempre la meraviglia da cui è scaturita: che si tratti di un cervello atrofizzato o di uno geniale è lo stesso, sempre meraviglia rimane.

Come si riconosce una stronzata? Eh. Le migliori non le riconosci se non quando è troppo tardi e te la sei già presa in quel posto. Questa è la grande potenza insita in ogni stronzata. Parte come un niente per rivelarsi – col passaparola – letale. Al di là del giudizio (bene/male), bisognerebbe prendere in considerazione che la crescita di una ipotetica misera stronzata può subire un’impennata esponenziale fino a coinvolgere il mondo intero, ma che dico il mondo, l’universo intero. La Bullshit Power è la vera grande minaccia per l’estinzione dell’Universo. Bene saperlo, no?

Partiamo dal presupposto che chi sta dicendo una stronzata se ne renda perfettamente conto, la sta dicendo per intortare il suo interlocutore per un qualche interesse. Parte in malafede, insomma. Già lì ti verrebbe di dargli una testata, ma andiamo avanti. Lo ascolti che sta sparando una stronzata e appena te ne accorgi (ci potresti mettere un po’ più del previsto perché tu sei in buonafede e finché non scatta il campanello d’allarme abbocchi innocentemente) contrattacchi educatamente usando il buonsenso. Ok, rimani educata perché lo pensi soltanto superficiale o male informato o poco intelligente – dipende dall’interlocutore ovviamente – e pensi che riportandolo a una sorta di ragionamento la stronzata sparirà. Non è così. Bene. La discussione si fa animata perché il tizio non molla la sua stronzata, l’argomenta anche bene, la sublima a tal punto che in te un dubbio nasce. Stoooooooooooooooooooooop.

Zoommiamo per un istante su questo istante d’empasse: ti sorge il dubbio. Ok, sei una persona assennata e pure umile nel tuo porti, ma se il dubbio ti pervade e ti blocca, allora non va bene per niente e devi importi. Non serve l’educazione, non serve l’umiltà, serve presenza e assertività. 

Riprendiamo l’azione: lui argomenta, tu dubiti, lui si accorge del tuo istante di dubbio e raddoppia la dose. Tu che fai? Una testata. Ecco, questo sarebbe il finale perfetto. Fai partire una testata, lui è costretto a chiudere la fogna di bocca che si ritrova e la stronzata svanisce. Puf. 

Questo film mi piace, lo rivedrei ancora e ancora e ancora. La Giustizia trionfa, l’armata delle stronzate sta perdendo la sua forza, l’Impero delle stronzate sta barcollando, fra poco si ripiegherà su sé stesso implodendo. Tutto perfetto. 

Poi accendi la tv e finisce l’illusione.

Buonanotte Universo, perdonaci.

 

 

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(659) Pavone

C’è solo il pavone che può permettersi di fare il pavone. Primo perché lo è, e nessuno lo può confutare, e secondo perché è bellissimo e anche questo è inconfutabile. Chiuso il discorso.

Parliamo di cosa dovremmo fare davanti a chi pavone non è ma lo fa. Tu stai lì e lo guardi sfoggiare una miserevole boria e ti vien voglia di dargli una testata. Non lo fai. Un po’ perché il mal di testa conseguente te lo vuoi evitare, un po’ perché la violenza se puoi te la risparmi. Ma ti rimane la voglia, quello sì.

I vanagloriosi sono un popolo vasto, vastissimo. Un vero e proprio ammasso di decerebrati che fa sfoggio di tutto quello che non possiede: intelligenza, sensibilità, eleganza, stile. Questi gap incolmabili sono enormi buchi neri che si palesano a chiunque sia dotato di un minimo di decenza, pudore, buongusto (oltre che intelligenza, sensibilità, eleganza e stile), e lo spettacolo è impressionante. Non ci si può credere di quanto sia profonda la pochezza d’animo di questi campioni di ben poca umanità. 

Trovare un modo efficace per far chiudere loro la coda una volta per tutte ed evitare in contemporanea la violenza fisica, secondo me, non è umanamente possibile. Non la capiscono che sono fuori luogo, che sono disgustosi, che sono dei cialtroni senza sostanza, che sono tenuti per decoro a starsene zitti. Non la capiscono. Non possono. Averne compassione, forse, è la strada. Ma per riuscirci bisognerebbe essere evoluti, io non lo sono. Io mi fermo alle mani che prudono e alla voglia di mollargli una testata sul naso. Mi fermo lì, al pensiero. Ma non perché sono buona, soltanto perché non voglio sprecare energie preziose. Mi ritraggo per mancanza di coraggio? O per pigrizia? O per indifferenza per le sorti del genere umano? Non lo so. 

Non sono indifferente, in realtà, forse sono soltanto stanca di fare la Don Chisciotte della situazione. E poi mi fa male la testa. 

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(555) Pochezza

Sì, la pochezza di certa gente mi lascia sempre esterrefatta. Sempre. E no, non sono un’arrogante, né una presuntuosa, sono soltanto nauseata dalla esasperante limitatezza di certi ragionamenti. Più sei ignorante più ti senti in diritto di dire la tua, ma la tua è una visione claustrofobica e maleodorante di tutto ciò che vedi perché non solo non hai i mezzi per raffinare il tuo pensiero ma di questo tuo imbarazzante gap ne sei persino orgoglioso.

Sì, quanto è bello poter far uscire tutta l’immondizia che hai dentro senza essere menato a sangue soltanto per il fatto che stai sporcando l’ambiente circostante con la convinzione che TU PUOI. Sputi su tutto e tutti. Tu la sai più lunga, tu vedi meglio di tutti, tu hai le risposte e le risposte portano sempre a una conclusione semplice e chiara: il mondo fa schifo, tutto fa schifo, tranne TU.

E questo ti fa stare bene, benissimo. Perché ti puoi lamentare, perché puoi guardare gli altri con superiorità, gli altri che non vedono, che non meritano, che se hanno qualcosa è giusto che la perdano – che qualcuno gliela tolga! – e che quel qualcosa vada a te. Tu meriti, tu vali, tu sei stato martoriato dalla vita e sempre ingiustamente. Tu vuoi la tua rivincita, tu vuoi che il mondo sappia chi sei, sappia che tu sei migliore di quello che loro pensano. Tu vuoi che tutti lo riconoscano così finalmente ti potranno baciare il culo.

Ecco.

Questo tipo di decerebrato quando lo incontri ti fa veramente vomitare. Ti vien voglia di dargli una testata sul naso, così senza neppure parlare. Te la do a prescindere, perché te la meriti, perché – sì – è giusto che il mondo sappia di te e sappia che tu meriti, meriti esattamente quello che dai al mondo ogni giorno. Meriti di essere ripagato per la tua immondizia e per la tua crassa boria che spargi ovunque senza ritegno. Meriti una testata in pieno viso. E se ti rialzi, ne prendi un’altra. Perché? Perché qualcuno che tu hai ferito, qualcuno su cui tu hai sputato, qualcuno che hai danneggiato e che hai deriso, denigrato, umiliato, ecco proprio quel qualcuno ha diritto pure lui a una soddisfazione. Il tuo silenzio è un principio di ricompensa, secondo me.

Bé, da qualche parte si dovrà pur iniziare, no?

 

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