(1067) Convincere

Ci hanno un po’ convinto che il mondo andrà in malora vero? Ce la stanno mettendo tutta e ci hanno quasi convinto. Vedo che ci manca la gioia. Anche solo per andarsi a mangiare un gelato o farsi una passeggiata o guardare le stelle, ci hanno proprio rubato la gioia.

Lo hanno fatto massacrandoci di notizie atroci. Morti esplosi, morti torturati, morti a causa di calamità naturali o di incidenti dolosi, morti di malattie e morti suicidi. Ci parlano di morte continuamente, ce la fanno vedere e respirare senza tregua. Ci hanno quasi convinto che il peggio sta per arrivare.

E noi non ci arrendiamo, noi progettiamo di fare famiglia e avere dei figli, ma ormai senza troppa gioia perché la preoccupazione ci ha tolto il sonno e l’ansia ci mangia l’anima.

Ci siamo incattiviti, ci siamo inariditi e non ce ne rendiamo neppure conto.

Guardiamo l’orizzonte cercando di indovinare da dove arriverà la prossima tempesta sperando di vederla in tempo e di schivarla, di nuovo, di poterla giocare e allontanare da noi la fine.

Mi domando quando è iniziato tutto questo, con la bomba atomica? Mi domando, soprattutto, se sia possibile fermare questa politica di annichilimento della gioia e salvare la nostra mente dandole un po’ di speranza. Non lo so, dovrebbe esserci un risveglio di massa, una rivoluzione gioiosa (e non sto parlando del Beach Tour di Jovanotti santocielo!). Dovremmo trovare il modo per far sì che ci importi ancora.

Ma ci importa ancora? Diavolo, a me sì!

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(629) Fuori

Fuori può essere accompagnato da una moltitudine di piccoli e grandi concetti che vanno a rafforzare il suo stato: sei fuori quando non sei dentro. Eh, sembra facile, ma forse non lo è.

Fuori dalle regole, fuori dal mondo, fuori porta, fuori serie, fuori dal seminato, fuori fuoco, fuori sede, fuori dal coro, fuori orario, fuori tema, fuori di testa, fuori casa, fuori controllo, fuori dal tempo, fuori dal comune, fuori strada, fuori posto, fuori classe, fuori servizio… fuori dalle balle! – è un’esortazione forte e richiede sempre il punto esclamativo.

Il mio stato normale è proprio questo essere fuori, ed è una cosa sottile sottile sottile, che più cerchi di tenere in mano e più ti sfugge. Ho pensato molto al fatto che volevo venirne a capo, volevo capire, volevo trovare delle ragioni, volevo volevo volevo. Forse troppo.

La mia fortuna è che certe volte mi stanco di essere ostinata e lascio andare. No, non è che lascio perdere, mi sale il nervoso se penso a tutte le cose che ho dovuto lasciare andare o addirittura allontanare da me, lasciare perdere non è nelle mie possibilità – il rimurgino sì, quello è uno sport in cui do il meglio di me stessa. Ripenso a quello che ho lasciato andare e mi dico che avrei potuto fare diversamente, magari mi sono persa un’occasione. Stronzate, lo so benissimo, ma per un istante ci credo davvero e mi sento un’inetta. Poi passa, ma non passa mai il mio essere fuori.

Fuori tiro, fuori dagli schemi, fuori rotta, fuori gioco, fuori luogo, fuori dai binari. Fuori. Nel mio essere fuori raramente lo sono in compagnia. Ma proprio rarissimamente. A chi sta fuori come me la compagnia non fa sempre bene, il silenzio invece sì. La compagnia ideale è quella che non ti obbliga  a rientrare, quasi fosse un dovere che cerchi di schivare. Ma non è così semplice. Se stai fuori soffri il vento e il sole e la pioggia e la tempesta e non si smette mai di cercare rifugio. E quando lo trovi dura poco. Stare fuori è una condizione dell’Anima e l’Anima non si cambia, ma l’Anima – se l’ascolti – ti cambia.

Non è che è sia meglio stare fuori che stare dentro, non lo potrei mai affermare perché non so come si sta dentro. So solo che va bene comunque, basta saperlo, basta potersi vivere la propria condizione con un certo equilibrio e onestamente.

E poi c’è chi finge, in quel caso non c’è proprio niente da dire.

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(592) Sorvolare

A volte per riuscire a dare davvero il 100% di me stessa in una situazione devo costringermi a sorvolare sui dettagli. Non posso intignarmi su particolari che non mi vanno a genio altrimenti mi cadono le braccia e non vado avanti. Diamo per scontato che la situazione perfetta non esiste, almeno io non ne ho mai incontrata una che una, quindi quello che devo fare prima di buttarmici è: valutare quanto questa imperfezione mi può essere sopportabile o meno. Insomma, fin dove devo lasciare che il mio fastidio si spinga. Metto in chiaro a me stessa che arrivo fin lì e non oltre e poi faccio conto che devo gestirmi il fastidio al meglio se voglio arrivare alla meta finale. 

Se i dettagli non sono proprio cosa da poco e il fastidio supera la soglia prefissata e sfocia nel dolore (quando i nervi stroppiano), manco mi ci metto. Dico grazie e me ne tolgo subito.

Sorvolare sui dettagli, però, non è che mi viene proprio facile. Di mio sono una che non si rassegna a farsela andare bene, una che quando vede che certe storpiature si possono raddrizzare non riesce a stare zitta. Lo so, sono una pigna nel c—, me ne rendo conto. Ma me ne frego. Solitamente me ne frego perché molto probabilmente parto da presupposti di arroganza blandamente mimetizzata. Va bene, mea culpa. Ma me ne frego anche di questo, non ho sensi di colpa al riguardo. Non lo so il perché, di fatto è così.

Quindi, partendo dal presupposto del “Conosci te stesso” non è che mi sia facile mantenere alto l’entusiasmo. Comunque è un doppio lavoro quello che devo fare: fai finta di niente e chiudi la bocca. Ti pare? A una come me? Se avessi ancora sedici anni non mi terrebbe zitta neppure una tempesta di fulmini scagliati da Zeus, ora le cose sono diverse. Non è che nel frattempo son diventata pigra? Molto probabilmente sì, discutere all’infinito mi sfinisce. Preferisco sorvolare. Fino dove e fino a quando… bhé, mica posso prevedere il futuro!

Tiro fuori il parafulmini, è meglio.

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(567) Teoria

In teoria chi fa bene merita bene e chi fa male merita male. Balle. In teoria quello per cui lavori – con passione e dedizione – prima o poi lo raggiungi. Balle. In teoria se vuoi veramente una cosa e ti avvii in quella direzione prima o poi la ottieni. Balle. Balleballeballeballeballe.

La teoria sa essere bastarda, non gliene frega nulla di venire sbugiardata perché si appella al peggio dell’umanità che è la causa di tutto. Francamente questa spiegazione non mi basta: se in teoria funziona allora in pratica si deve concretizzare, altrimenti che diavolo di teoria è?

Uno sta lì ad affinare il pensiero, a smussare ogni angolo teorico, e tutto si risolve in uno sfanculare l’analisi, lo studio, l’aggiustamento per frantumarsi contro un ostacolo qualsiasi. La teoria è sempre troppo vulnerabile davanti alla pratica, perché le diamo ancora credito? Non ci ha deluso abbastanza? Ecco, con lei non funziona così, a lei le si dà più possibilità, ci sono le contingenze e le circostanze e le pertinenze e cos’altro ancora?

In teoria tutta questa teoria che ci riempie la bocca va a disintegrarsi contro ogni sassolino che le capita sulla strada come se fosse un muro di cemento armato. La cosa incredibile che è un attimo a farne su un’altra per sostituirla, un attimo! Ma mettiamoci un po’ di più – santiddio – che magari la facciamo meno fragile, meno friabile… che magari duri un paio di giorni in più… che magari sappia affrontare qualche cunetta, che galleggi durante una tempesta o sappia ballare se c’è uno smottamento… insomma!

In teoria son bravi tutti. Nella pratica diventiamo un allevamento di microcefali. E non c’è più niente da aggiungere.

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