(714) Decantare

E poi ci sono quei verbi che ti lasciano un po’ di stucco. Decantare le qualità del tuo ristorante preferito e lasciar decantare il giudizio per non mancare di obiettività. Usato nel primo modo enfatizza lo slancio e nel secondo modo posa a terra lo slancio per la riflessione e la rivalutazione della faccenda. Eh.

Ci sono periodi in cui pratico la decantazione e sembra che il mio cervello sia partito per altri lidi. Funziono per metà. Succede perché tutto quello che ho assorbito vivendo ha intorbidito le acque del mio delicato ruscello mentale e non ci capisco più niente. Ma non è uno stato che riconosco coscientemente, quindi ho sempre paura che il rincoglionimento sia definitivo.

Fino a ora m’è andata bene. Speriamo il gioco regga ancora per un po’.

La parte interessante arriva quando l’acqua ritorna quasi limpida e il vederci attraverso mi fa riprendere il nervo giusto. Ecco: penso di trovarmi in quel preciso momento. Non è la prima volta, ma questa volta vorrei proprio scriverlo perché è una sensazione intensa e gratificante e mi dispiacerebbe dimenticarmela alla prima incazzatura in programma – che potrebbe verificarsi tranquillamente anche tra cinque minuti a mia insaputa.

Non so come spiegarlo, però, perché spesso le parole lasciano troppo spazio vuoto e invece mi piacerebbe saperlo colmare. Sì, è una sensazione che potrebbe essere paragonata a quella di quando hai le mani sporche e te le lavi con un sapone profumato. Ti cambia l’umore, ti cambia i pensieri. Come nuova. Ecco, in questo momento mi sembra che a vederci meglio, capendo meglio, gestendomi meglio, io abbia iniziato un nuovo periodo della mia vita. Non so ancora dove mi porterà, ma lo riconosco come inizio e posso abbracciarlo come tale. Perché? Semplicemente perché mi fa stare bene. Anche se sono stanca morta, anche se andrei a Bali a farmi una vacanza, anche se domani le cose da fare non saranno mille ma duemila. Pazienza.

Questo è un inizio vero, non dev’essere facile perché nessun inizio è facile, dev’essere intenso. E questo inizio lo è.

Un bel respiro e via!

 

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(704) Violino

Si dice “essere tesi come una corda di violino”, ma il violino non è l’unico strumento a corde che se non le tendi non riesci a suonare. Hanno preso il violino come esempio? O la tensione delle corde del violino – producendo un suono secco e lamentoso – sono le uniche che necessitano di una tensione spasmodica per poter suonare come suonano?

Ebbé, se qualcuno si basasse su questi miei pensieri per capire l’intensità della mia intelligenza sarei spacciata. Lo so. Per fortuna un Essere Umano è molto più di quello che dice, di quello che scrive e persino di quello che pensa – anche se un Essere Umano che pensa da schifo fa venire zero voglia di indagare sul resto che lo riguarda.

Ormai tutti sanno della mia incapacità congenita di fermarmi e restare immobile a meditare, così mi sono scaricata un’app splendida che ti permette di entrare nel mirabolante mondo della meditazione come in un sogno e farti vivere questa esperienza come mai prima l’hai saputa immaginare. Fantastico.

Ok, oggi potevo iniziare. Me l’ero pure imposta, l’avevo programmato, non vedevo l’ora di iniziare… non so cos’è andato storto, ma mi sono persa nel vortice di pensieri spumeggianti di questa prima domenica di fine estate dove vorrei che il tempo si fermasse perché si sta così bene e… mi sono scordata dell’app e della promessa che mi ero fatta.

Non è detto che prima di dormire io non lo faccia, ma per il momento ho altre dieci cose in programma e nessuna la coinvolge. Non è cattiveria, credo, è proprio che mi sembra una perdita di tempo. Odio perdere tempo e una voce nel mio cervello mi dice che posso fare altro anziché perdere tempo meditando… magari sfidarmi a Parole Collegate (un giochetto idiota eppure impegnativo, che mette in crisi anche chi con le parole ha una certa dimestichezza). Cosa si vince? Nulla. Allora si perde tempo? Ehmmmmm… ni… quasi… insomma…

Ok, la mia tensione cerebrale ha molto a che fare con le corde di un violino, lo ammetto. Ora mi faccio una doccia e poi inizio con l’app meditativa, programma: anti-stress. Se entro due minuti non funziona mi butto su Netflix.

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(609) Preferire

Preferisco tacere quando sono veramente incazzata. Preferisco tacere anche quando sono fortemente in disaccordo, farmi passare i primi 10 minuti di furore e poi tradurre più serenamente il mio disaccordo in modo che risulti il più civile possibile. 

Preferisco il silenzio alla musica mediocre, perché anche se è mediocre quando mi entra in testa non c’è verso di farla uscire – per ore intere. Preferisco qualsiasi musica a tutti i silenzi branditi come armi di distruzione. Preferisco la musica che posso cantare e preferisco il mio silenzio a quello degli altri.

Preferisco guidare che fare da viaggiatore a traino. Preferisco volare piuttosto che camminare, per questo mi sarebbe piaciuto prendere il brevetto di volo o lanciarmi col paracadute – non c’entra niente, lo so, o forse sì.

Preferisco preferire qualcosa o qualcuno anziché farmi piacere tutto o non farmi piacere niente. Scegliere mi viene facile, non scegliere è un’agonia che cedo volentieri. Male che vada ho scelto male, pazienza, vedrò di rimediare in qualche modo.

Preferisco non soffermarmi sulle cose che mi danno fastidio, ma faccio fatica a dimenticarmele. Ho una sorta di spugna in testa che non rilascia un cavolo e continua ad assorbire assorbire assorbire. Ha una tenuta sorprendente e sono terrorizzata dalla possibilità che a un certo punto rilascerà le parti che non vorrei dimenticare per lasciarmi sola con le cose che dovrei dimenticare. Sì, avrei bisogno di uno psicoterapeuta in gamba, lo so.

Preferisco star qui a scrivere le mie idiozie e far finta che un giorno qualcuno le leggerà, che guardare la televisione – qualsiasi canale, qualsiasi programma, qualsiasi faccia vi compaia in qualsivoglia orario diurno o notturno. Preferisco leggermi un buon libro e rinunciare a un’uscita con la persona sbagliata – il tempo è un privilegio che non va ingannato.

Preferisco parlarmi chiaro per evitare di eludere concetti che poi mi chiederanno il conto, conto sempre salato. Preferisco, spesso, pagare un conto molto salato pur di arrivare alla verità oggettiva, perché della mia versione strettamente soggettiva – utile com’è – solitamente non so che farmene.

La lista potrebbe continuare, ma sto crollando sulla tastiera per sfinimento neuronale. Buonanotte.

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(296) Programmi

I programmi sono fatti per essere disattesi, lo sanno tutti, ma io non mi rassegno. Sia mai!  Quindi ecco qui un breve tutorial per programmare un bel piano:

  1. Fai una bella lista di tutto quello che vorresti fare
  2. Appiccicala in qualche modo sul pannello dietro al monitor (così mentre lavori ci puoi dare una sbirciatina e tenere sotto controllo l’andamento dei lavori)
  3. Spunta ogni voce che hai saputo portare a termine

A questo punto ti arriverà una telefonata per un lavoro urgente, sarai costretta ad accettarlo quindi la spunta rallenterà notevolmente il suo procedere. Appena pensi di poter ricominciare ti arriverà un altro impegno che non potrai rifiutare e da lì a valanga una lista impressionante di urgenze.

Cosa fare in questi casi? Per non rovinarti le giornate struggendoti per i programmi andati a monte, la cosa più saggia è strappare in mille pezzi il foglio/programma e non pensarci più.

Amen

 

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(268) Umanità

In generale, tutta insieme mi fa paura. La evito proprio. Tutta insieme è troppa, diventa una minaccia anche se c’è aria di festa. Non lo so, sarò stata traumatizzata dalle volte in cui mi sono trovata schiacciata tra la folla senza poter respirare (concerti). Quindi resto ben distante dalle situazioni dove l’Umanità può avere la meglio su di me.

Eppure, quella che esce dagli Esseri Umani in situazioni di incontro one-to-one è ancora fonte di grande fascinazione per me. Entrare in sintonia con chi ho di fronte per trovare il modo di comunicare a un livello più profondo, quasi viscerale, credo sia la sola possibilità per vivere il legame. Può durare un’ora o solo dieci secondi, a volte non servono neppure le parole, basta uno sguardo, basta un tocco, basta un nulla perché il varco si apra e avvenga l’incontro.

Essere Umano che incontra Essere Umano.

Tutto molto semplice, molto naturale, molto… molto. Sono assolutamente fortunata perché mi capita spesso, molto fortunata perché il programma che era nato senza altro pensiero se non quello di immortalare quei momenti delicati e intensi continua a darmi ragione. Ormai non dubito più.

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(263) Folks

Me lo chiedono spesso perché nella formula di saluto dei miei programmi radiofonici io usi la parola americana folks. Anche oggi è successo. 

In realtà, è nato tutto perché volevo trovare un modo di salutare che non fosse legato alla parola amici (perché non è che io conosca tutti quelli che si sintonizzano per ascoltare i miei programmi, e sono quasi certa che neppure il 5% dei miei amici è solita ascoltare i miei programmi) oppure ascoltatori (perché è un termine che non mi appartiene, non sono mica Linus a Radio Deejay!).

Al tempo (era il 2008, se non erro), nel rimurginare m’è venuto in mente la formula dei Looney Tunes che compare alla fine di ogni puntata.

Riproporla pari pari mi sembrava di cattivo gusto, ma Folks mi piaceva perché è un modo affabile di rivolgersi a qualcuno anche se non lo si conosce di persona. Le formule in italiano sanno di presa in giro: Ciao Gente!  oppure Ciao Cari! oppure Ciao Belli! e via di questo passo. 

Bentrovati Folks! – mi suonava bene, un bel benvenuto. Così ho iniziato a usarlo ed è rimasto il mio modo per rivolgermi a chi non posso vedere e che ha voglia di stare con me il tempo della puntata in questione. Un saluto rispettoso e affabile.

Ad alcuni ho scoperto che dà fastidio, un po’ mi dispiace, ma non è che cambi molto. L’intento con cui è nato questo mio approccio radiofonico mi è chiaro, mi ha anche portato molta fortuna – visto che sto ancora conducendo i miei programmi e che stanno andando bene – quindi credo lo terrò con me.

Spero non vi dispiaccia, Folks.

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