(609) Preferire

Preferisco tacere quando sono veramente incazzata. Preferisco tacere anche quando sono fortemente in disaccordo, farmi passare i primi 10 minuti di furore e poi tradurre più serenamente il mio disaccordo in modo che risulti il più civile possibile. 

Preferisco il silenzio alla musica mediocre, perché anche se è mediocre quando mi entra in testa non c’è verso di farla uscire – per ore intere. Preferisco qualsiasi musica a tutti i silenzi branditi come armi di distruzione. Preferisco la musica che posso cantare e preferisco il mio silenzio a quello degli altri.

Preferisco guidare che fare da viaggiatore a traino. Preferisco volare piuttosto che camminare, per questo mi sarebbe piaciuto prendere il brevetto di volo o lanciarmi col paracadute – non c’entra niente, lo so, o forse sì.

Preferisco preferire qualcosa o qualcuno anziché farmi piacere tutto o non farmi piacere niente. Scegliere mi viene facile, non scegliere è un’agonia che cedo volentieri. Male che vada ho scelto male, pazienza, vedrò di rimediare in qualche modo.

Preferisco non soffermarmi sulle cose che mi danno fastidio, ma faccio fatica a dimenticarmele. Ho una sorta di spugna in testa che non rilascia un cavolo e continua ad assorbire assorbire assorbire. Ha una tenuta sorprendente e sono terrorizzata dalla possibilità che a un certo punto rilascerà le parti che non vorrei dimenticare per lasciarmi sola con le cose che dovrei dimenticare. Sì, avrei bisogno di uno psicoterapeuta in gamba, lo so.

Preferisco star qui a scrivere le mie idiozie e far finta che un giorno qualcuno le leggerà, che guardare la televisione – qualsiasi canale, qualsiasi programma, qualsiasi faccia vi compaia in qualsivoglia orario diurno o notturno. Preferisco leggermi un buon libro e rinunciare a un’uscita con la persona sbagliata – il tempo è un privilegio che non va ingannato.

Preferisco parlarmi chiaro per evitare di eludere concetti che poi mi chiederanno il conto, conto sempre salato. Preferisco, spesso, pagare un conto molto salato pur di arrivare alla verità oggettiva, perché della mia versione strettamente soggettiva – utile com’è – solitamente non so che farmene.

La lista potrebbe continuare, ma sto crollando sulla tastiera per sfinimento neuronale. Buonanotte.

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(537) Lestofante

La bellezza della nostra lingua! 

Ci sono parole dispregiative che si celano abilmente sotto altre che suonano benissimo: lesto (veloce, agile) + fante (soldato di fanteria, bambino) = lestofante (furfante, brigante, delinquente ecc.). CortoCircuito Neuronale.

Tempo fa ho coniato un insulto, tutt’ora in uso e fa sempre il suo porco effetto, che definisce chi si trova con la mente dislocata in luoghi poco consoni per poter gestirsi un ragionamento sensato. Ne vado particolarmente fiera. 

Lestofante, però, si porta addosso quell’aura antica che fa pensare a un D’Artagnan sguainante, a un Robin Hood punitivo, a una Lady Oscar determinata a farti rimangiare il malfatto… queste cose qui, insomma.

Immersa in questa amena atmosfera mentale, che vede l’insulto come punto sublime di un’ipotetica rivincita su quella parte del genere umano che meriterebbe solo calci in culo perpetui, sto qui a valutare nuovi modi per catalogare la fauna umana con cui ci si trova in forte disaccordo senza possibilità di incontro. Perché ci viene insegnato a porgere l’altra guancia, ad accogliere ogni individuo per quello che è astenendoci dal giudizio, a essere compassionevoli, comprensivi e chissà cos’altro ancora, ma francamente tutta questa fatica penso sia sprecata. Lo si fa quando ci sono probabilità di cambiare lo stato delle cose, se non ce ne sono allora si passa al piano B: si stoppa la comprensione e si afferma la propria presenza. 

No, non sto parlando di violenza, ma di presenza dinnanzi alla violenza e questa è tutta un’altra faccenda.  

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