(572) Levigare

Ho sempre lavorato sul levigare le increspature del mio carattere con l’intento di ricavarne una superficie liscia, piacevole al tatto. Se per certi versi penso ancora che ci fosse bisogno di farlo, per altri mi rendo conto che forse non mi sono fatta un buon servizio. Forse ho sbagliato a focalizzarmi sull’essere piacevole agli altri, quasi fosse un obbligo, quasi fosse un dovere, quasi fosse indispensabile per essere come gli altri. 

Gli altri chi, però? Attorno a me c’erano e ci sono ben pochi Esseri Umani levigati, ognuno di loro ha imperfezioni e sanno essere persino splendidi a volte! Anche per gli altri oltre che per se stessi, bisogna dirlo.

Io per quanto mi ci sia impegnata, non sono riuscita a levigare ogni angolo di me, anzi, e negli ultimi anni ho lasciato perdere. Non volentieri, solo per stanchezza. La vivevo come una sconfitta, come un percorso non terminato e quindi inutile.

Valutato che per me non capire un cavolo è prassi, almeno non subito e non perfettamente, mi sto risvegliando da questo profondo sonno, dove giudicarmi e fustigarmi era la regola, per – forse – iniziare a rivalutare le nodosità del mio carattere. In poche parole, ho riposto la piallatrice e sto valutando la superficie di certe zone della mia personalità che sono emerse di recente: quelle implacabili, quelle risolute, quelle severe, quelle indigeribili, quelle urticanti, quelle pedanti, quelle irascibili e molte altre ancora. Non me ne frega niente di risultare piacevole, non più. Si vede che qualcosa dentro mi è morto o forse è nato, qualcosa di diverso da prima c’è e anche se non capisco che cosa sia non cambia nulla, devo comunque adeguarmi.

Una superficie liscia fa scivolare ogni cosa, senza curarsi di trattenere nulla. Lo dovevo capire molti anni fa che non sono nata per questo, non ho gli anticorpi giusti e neppure l’astuzia giusta. Io ostacolo, trattengo, assorbo. Ci sarà pure un motivo per cui sono così. Magari prima o poi lo scoprirò. Magari.

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(297) Lesinare

Non sono una che risparmia, più che altro non sono una persona che si risparmia e questo in nessuna delle cose che fa. Non va bene, me ne sono resa conto negli ultimi tempi che proprio non va bene.

Bisognerebbe farsi accorti e risparmiare un po’: in energia, in buonafede, in passione, in entusiasmo, in generosità. Non tanto, ma un po’ sì.

Il punto è che non lo so fare, nessuno me lo ha insegnato, e le lezioni ricevute non sono riuscite a farmi cambiare atteggiamento, sono soltanto riuscite a mortificare il mio scialacquarmi per un breve periodo. Sono una che impara con una lentezza esasperante.

La questione, però, ha anche il suo bel rovescio della medaglia: non vivo di rimpianti. Investendo tutto quello di cui sono capace, non posso rimproverarmi di non aver fatto abbastanza, detto abbastanza, dato abbastanza. Anche se non è stato sufficiente, era tutto quello che potevo fare, dire, dare. Aggrapparmi a questo, probabilmente, significa ostacolare il cambiamento – tipico di un toro cazzuto come sono io – e forse entra in ballo la paura di snaturarmi.

Rimango dell’idea, comunque, che lesinare su certe cose della vita me la renderebbe meno faticosa. Eppure insisto e persisto. Mah.

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