(876) Furia

C’è una furia dentro di noi, una furia silente. La sento solo io? Bhé, ognuno sente la sua, ovvio, e non è per tutti uguale. La mia al momento è davvero speciale. Credo che una furia così sia la prima volta che la provo. Già questo la dice lunga. Non è che sono una che la furia la schifa, tutt’altro. Ma così, mai prima. 

Questo da un lato mi incuriosisce – chissà che disastri mi sta preannunciando – e dall’altro mi infastidisce – mai una gioia! – e da un altro lato mi mortifica – ma non ero io quella dell’autocontrollo? – e da un altro ancora – ma quanti lati ci sono? -mi fa temere per quanto sarò capace di fare. So quanto sarei capace di fare in queste condizioni emotive. Lo so benissimo.

Diamo per scontato che i presupposti non si discutono, il motivo è talmente limpido e ben focalizzato che faccio fatica a manomettere la sua solidità. Quindi passando da lì non vado da nessuna parte. Anche la questione di trovare una via di comunicazione adeguata per convogliare utilmente l’energia è da scartare. La furia si è potenziata dopo i numerosi fallimenti assorbiti in questi ultimi tempi. Cosa rimane? La rassegnazione.

Ci si vive così come viene e ci si prende sul muso le conseguenze. Così sia.

No, no. La furia non passa. La furia, dopo che si è esplicitata e dopo aver fatto i morti che deve fare, si posa. Si posa dentro. Si indurisce, come cemento armato, e rimane lì per sempre. La furia non si accontenta di una vittoria immediata, vuole rimanere per godersi i frutti della devastazione. 

Non c’è modo di scamparla.

Evviva.

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(739) Scappare

Scappare dai pensieri che non servono a niente, quelli che anche se sono giusti, anche se sono sacrosanti, sono ormai il passato e sono ormai solo zavorra. Non si mettono pezze a quel che è stato, non si riempiono le buche e non si cuciono gli strappi, ormai tutto è dato e tutto è fatto. Amen.

Scappare non significa che puoi dimenticartene, che sei un’altra te e che non sei ancora sofferente o incazzata. Significa soltanto concentrarsi su quello che stai facendo e su chi sei adesso. Perché quei pensieri boicottano il tuo ora e lo faranno per sempre se tu glielo permetti.

Scappare è uno scarto di lato, è un calcio che tiri per allontanare la palla avvelenata da te. Scappare non significa che chiudi gli occhi e tutto si cancella, non è un atto codardo per far finta di nulla, è proprio l’azione che ti salva la vita perché non c’è più niente per cui combattere.

Non si può rimurginare per sempre, ci si stanca anche. Quindi lasciamo stare chi insiste che dobbiamo andare fino in fondo e analizzare ogni dettaglio per accettarlo e per digerirlo. Fatelo voi. Non ho niente da digerire, è già andato tutto giù, voglio solo allontanarlo da me perché è dannoso per la mia salute. Non ho più conti in sospeso, ho solo il mio adesso e lo voglio leggero, lo voglio pulito, lo voglio addirittura splendente. Vi disturba? Spero abbiate cose ben più importanti da fare, magari scappare dalla vostra zavorra – che non sarebbe male, senza dovervi preoccupare di come mi gestisco i pensieri.

No, non ce l’ho con voi, sto solo dicendo quello che anche voi state pensando: basta con le menate, andiamo avanti. Vero? Allora rimettiamoci in movimento, qualsiasi sia stato il nostro ieri ormai non ci appartiene più. Il presente è ancora nostro, però, vediamo di ricordarcelo.

 

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(327) Appunti

Sono quella cosa che faccio in automatico. Non è che qualcuno me lo abbia insegnato, sono proprio io che a un certo punto ho iniziato a farlo (a scuola, ovviamente) e non mi sono più fermata. Trovo che sia un’attività indispensabile per agevolare il mio cervello nel suo barcamenarsi quotidiano.

Non ho un gran cervello, diciamo che ha misure standard, insomma è quello che è e non l’ho visto crescere tanto negli ultimi 40 anni, giusto quel che bastava per adeguarsi all’età. Significa che, conoscendone i limiti, ho dovuto inventarmi qualcosa per rendergli il lavoro meno pesante. Prendendo appunti… giustappunto!

(ho sempre desiderato usare giustappunto in un mio scritto e ora l’ho fatto: bellissimo!)

Ritornando al topic del post, riflettevo sul fatto che un’attività privata, silenziosa e, per certi versi, poco divertente come questa, mi ha permesso di gestire una traballante emotività e un poco brillante Q.I. in modo decente, quel che basta per farmi sopravvivere e non è poco. Posso affermare serenamente che non mi è andata male, anche se non ho ancora imparato a vivere alla grande (e mi piacerebbe, ma ci vuole troppa energia e temo di non averne a sufficienza).

Il mio vivere umilmente – non lo dico per vantarmi, ma per focalizzare meglio la riflessione – non è dovuto a una scelta illuminata bensì a una mancanza di mezzi (intellettivi e fisici), eppure scartare le mancanze per creare onorevoli sostituti ha origine proprio nel mio geniale diletto del prendere appunti.

Su di me, sugli altri, su quello che vedo, su quello che non riesco a vedere… la lista può continuare all’infinito perché seppure il mio mondo sia nettamente delimitato da confini e orizzonti troppo vicini, la possibilità di prendere appunti su tutto il resto non vede, e non ha, fine. Me ne sorprendo pure io, ma è così.

Questo mi fa stare bene. Lo dico senza un grammo di umilità: ben fatto Babs!

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