(1007) Romanticismo

Nel giro di qualche secolo siamo passati da “rivalutazione del sentimento, della fantasia, della soggettività” (definizione da dizionario di romanticismo) alla “sopravvalutazione del sentimento, della fantasia e della soggettività” che fa capo alla selfie-ossessione che pervade il globo terracqueo senza ritegno.

Da rimanerne allibiti.

Abbiamo pensato ad un certo punto del nostro percorso umano che il sentimento fosse uguale a emotività. No, non è la stessa cosa (e non sto qui a fare la lezioncina che non serve a nessuno, tranquilli). Abbiamo anche pensato che la fantasia contenga più valore della realtà. No, e non se la giocano neppure alla pari (purtroppo, lo dico con dispiacere, ma a una certa bisogna pure avere il coraggio di accettare quel che deve essere accettato). Abbiamo inoltre pensato che la soggettività potesse scavalcare qualsiasi concetto di oggettività e comunità. No, non funziona, la nostra stessa sopravvivenza in quanto genere umano ne è la prova. In poche parole: abbiamo perso la brocca. Siamo partiti per la tangente e abbiamo stravolto ogni norma di buonsenso e di buongusto.

Ritorniamo al concetto di romanticismo: se lo pensi come eccesso di sentimentalismo è un peccato. Davvero. Trasformi qualcosa che era partita bene in una storia col finale patetico. Ma perché?

Due persone che si guardano negli occhi senza bisogno di parlare e si trovano vicini come se non ci fossero due corpi e due menti ma uno/una soltanto, cosa che può durare un istante al massimo, è un piccolo romantico evento che se hai la fortuna di viverlo ti fa volare in alto. Non è patetico. È prezioso.

Ed è estremo. È estremo perché significa lasciarsi cadere nel vuoto senza paracadute. Eppure, praticare il bondage sembra più intrigante (legare come un salame un altro essere umano per renderlo libero di provare). Come riusciamo a rincoglionirci con i concetti filosofici noi moderni… è addirittura questione affascinante. E sfuggiamo gli sguardi e i tocchi gentili, romanticismi d’altri tempi, per provare emozioni forti in situazioni forti con chi è forte quanto noi. Forti quanto? Più forti possibile, ovvio. Ah. Interessante, molto interessante.

Il sentimento, la fantasia e la soggettività sono strade che si percorrono con una certa idea di misura e di equilibrio. Sono delicate vie che portano lontano e che allo stesso tempo ci fanno avvicinare l’un l’altro. Quando ci si dedica all’arte della gentilezza (che è un pensiero leggero e che non sono sicura si possa insegnare), le cose si possono fare molto forti, estremamente forti, ma non per distruggerci, per completarci. E lì che scopri chi sei. 

In poche parole, ho sempre schifato i sentimentalismi, ma mi sono sempre fatta forte dei miei sentimenti. Ho sempre schivato l’esasperazione dell’individualità, ma ho sempre curato la mia soggettività. Mi sono sempre rifugiata nella fantasia per ricaricare le batterie, ma non l’ho mai confusa con la realtà (soprattutto perché la realtà non me lo ha mai permesso – grazie Realtà, a buon rendere).

Quindi nonostante il mio lifestyle non lo dimostri con grande evidenza, mi posso definire una romantica.

E questa potrebbe essere, per quanto mi riguarda, la rivelazione dell’anno… santiddddio!!!

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(959) Fluttuare

Fluttuare leggera come un cavalluccio marino, una specie di danza che scivola e si confonde con l’ambiente. Così mi piacerebbe vivere. Mi ritrovo, invece, a muovermi a balzi e frenate, accelerate e virate, come stessi sugli autoscontri. Tutto perfetto.

È soprattutto l’umore che mi disturba, che non si riesce mai a stabilizzarlo per più di mezz’ora. Cioè: parto bene, col sorriso, poi per un qualcosa o un qualcuno o soltanto un pensiero… track, crolla tutto. Positività addio, benvenuto dramma. In loop.

Ho provato a tenere conto delle cose che mi fanno sorridere e sono tante, stesso vale per le cose che mi fanno incazzare (una bella lista, lo ammetto), e poi ho provato a contare tutti i cambiamenti emotivi che durante mezza giornata (manco una intera, soltanto mezza) si succedono dentro di me. Impressionante. So benissimo che con un po’ d’impegno si può curare quasi tutto, ma il punto è un altro: da dove iniziare? Da quello che provo? O dai motivi per cui lo provo? O dal fatto stesso che provo in questo modo anziché un altro? O dal solo dato che “provo” e che dovrei smetterla una volta per tutte?.

Si attaccano i pensieri a quello che sentiamo dentro. Non è solo questione di stomaco che si chiude, è che ci sono dieci pensieri da un lato e dieci dall’altro che spingendo lo chiudono. Tu dovresti parlarci con ognuno di questi venti pensieri e ridurli alla ragione: fa niente, lascia stare, vai avanti, stai tranquillo, fatti una dormita, rimanda a domani… insomma, terapia bella e buona. Personalizzata, o non serve a niente.

Una fatica disumana. Ignorare tutto viene più facile e forse viene meglio.

Siamo ormai assuefatti da decenni di psicologia e affini, sembra davvero che una volta che apri il tuo benedetto/maledetto subconscio per far pulizia, tiri fuori tutto, spolveri, sistemi ordinatamente tutte le tue miserie, una volta che lo richiudi sei come nuovo. Hai fatto l’inventario, sei a posto. E ti affidi a qualcuno che ti sviscera miseria per miseria e ci mette del suo, il suo carico di miseria, che si va a confondere con il tuo. Tutto questo sembra che aiuti. Non so chi di preciso, non voglio neppure saperlo. Fatto sta che quando si è in balìa di una mente e di un corpo che ti parlano no-stop e che ti danno anche messaggi discordanti, magari avresti voglia di avere tra le mani una mappa o di far partire il gps. Funziona fino alla prima rotatoria, poi le indicazioni si confondono e devi votarti ai santi o al tuo senso dell’orientamento.

Al momento il mio funziona discretamente. Sperando che le batterie reggano. Ma di fluttuare elegantemente non c’è proprio verso. Mai una gioia.

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(845) Me

Si passa una vita a cercarsi e quando ti trovi ti cadono le braccia. Ti aspettavi che le cose si aggiustassero magicamente, che quella fosse la chiave. Wrong. Le deliziose sorprese del ritrovamento di pezzi di te che stavano persi nell’inconscio (se esiste, un motivo ci sarà no? Eh!) non è che siano una festa. Maneggi pezzi di quel che ignoravi – e che ora vorresti ricominciare a ignorare bellamente (e felicemente anche) – e ti domandi che cosa diavolo te ne puoi fare. 

Per quanto la lista sia breve (è davvero così?), il carico è comunque troppo.

Il maneggiare con cura perde proprio di valore, dovresti chiamare la squadra antimine per sanare la situazione. Certo, certo, la consapevolezza. La padronanza delle proprie potenzialità, la compassione nei confronti dei propri limiti e di quelli degli altri. L’illuminazione. Tutto bellissimo. Ma da dove iniziare? Non è che al momento del ritrovamento c’è pure un bignamino da consultare. E a dirla tutta il pulsante ON/OFF non funziona, s’è bloccato sul ON e le batterie non sono destinate a scaricarsi, a meno che tu non ti voglia scaricare. Bitch.

Faccio un esempio: scopri che stai mettendo in atto una dinamica di protezione che ignoravi. Ovvio che lo fai perché ti senti minacciata da un qualche mostro che sta là fuori. Ok. Questo è quello che pensavi. Sciocca. Il mostro non sta fuori bensì dentro. E adesso, fenomeno che non sei altro? Ecco. Roba del genere. Ritrovarsi con i propri mostri belli in fila davanti a te che ti strizzano l’occhio (sicuri che da lì non li sposterai neppure con le bombe), non è proprio tranquillizzante. Evviva, ora li vedi. Evviva, sei consapevole. Evviva. So what?

Quindi, lo dico serenamente e senza paura di essere smentita: la ricerca, prima o poi, comporta un ritrovamento – bisgona saperlo. Il ritrovamento riserva un sacco di sorprese – bisogna saperlo. Raramente bellissime – bisogna saperlo. Alcune carine, altre mostruose. Facendo una media… son cazzi. Ora, certo che il senso della vita sta nella ricerca. Ovvio. Certo che affrontare noi stessi è l’unico modo per aggrapparsi a un senso. Ovvio. Certo che sprecare l’esistenza agendo alla cavolo, tirando colpi a destra e a manca, è un’opzione come tante. Ovvio. Certo che si può fare di meglio. Ovvio. Soltanto che essere te, davvero te, comporta dei fastidi – bisogna saperlo.

Tutto qui. 

 

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