(772) Affidarsi

Quando ti affidi a qualcuno cedi il tuo potere, la tua libertà, la tua vita. Non ti appartiene più nulla, la persona a cui ti stai abbandonando può fare di te tutto quello che vuole, come e quando vuole. In poche parole: sei finito.

Qualcuno che ti ama non ti chiederebbe mai di consegnarti e diventare un niente da manovrare e di cui – per forza di cose – doversi occupare. Alla fine dei conti si troverebbe con un fardello doppio da trasportare da una parte all’altra della sua esistenza, che sarebbe anch’essa una prigione esattamente come e quanto la condizione che impone alla persona che dice di amare.

Follia.

Un bimbo si affida perché non può fare altro. Ancora peggiore di un mostro è chi se ne approfitta o ne abusa. Eppure, chi si consegna volontariamente decide di regredire, di delegare all’altro la salvaguardia della propria integrità, di retrocedere davanti alla responsabilità di essere adulto. E c’è chi lo chiama amore.

Follia.

Stare in piedi sulle proprie gambe, stare saldi anche se in precario equilibrio, essere interi e a volte a pezzi ma intatti dentro – dove la dignità non viene scalfita neppure per sbaglio – chiedere il vero e offrire il vero senza dubbi né concessioni: questo significa amare. Amare se stessi per amare la persona che abbiamo scelto di accompagnare, che no, non ci appartiene ma ci può sostenere e ci può curare senza per questo pretendere nulla ma ha il diritto di aspettarsi che altrettanto le sia dato.

Come un trick ben riuscito, a bici volteggiante e rotelle in aria, ritornare a terra per continuare la corsa e accorgersi che soltanto se liberi, se interi, se saldi, saremo in grado di riconoscere l’amore. Quello vero. Oppure niente.

Oppure niente.

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(766) Uomini

Perché parlare non basta, sono i fatti che dimostrano chi sei. Quando il dubbio su chi sia il migliore neppure ti sfiora, la gentilezza si spande soffice e uniforme senza squilli di trombe. Non ci sono sguardi stonati, non ci sono imposizioni. Nessun sottomesso e nessun padrone. Che a scriverlo sembra fantascienza, vero?

Non nasci per servire qualcuno, neppure l’uomo che hai scelto di accompagnare. E se tu accompagni lui, lui accompagna te.

L’ascolto segue binari fluidi, forse ritmi diversi e tonalità che fanno da contrasto, ma non è guerra, potrebbe piuttosto essere un concerto strampalato. Che quando si è in due a suonare, anche fosse la stessa canzone, qualche nota dallo spartito può scappare e se ritorna la si risuona meglio, più sicura, basta volere un’altra occasione.

Quando si sbaglia si chiede scusa, non perché la pensiamo diversamente però. Non ci si scusa per ciò in cui si crede, si spera, si sogna.

Gli uomini, quelli che vorresti incontrare, sono quelli che sanno chiedere pronti a ricevere risposte che non si aspettano eppure accettano perché nient’altro saprebbero fare se non comprendere. Sono quelli che non si fanno intrattenere  per non pensare, sanno condividere per approfondire quel che serve e capire meglio quello che non conoscono. Senza paura, senza inganno.

Noi donne amiamo volentieri anche gli uomini che dicono di non voler essere amati perché raramente ci fermiamo alla superficie. Le cose dette volano via nell’istante in cui si aprono al suono, i fatti si posano – per rimanere – sulle Persone e sulle Cose e sulla Vita e sulla Morte. Anche sull’Amore.

Soprattutto sull’Amore.

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(752) Fede

La fede può trasformarsi in una brutta bestia se si perde la ragione. Gli uomini pensano che sia una giustificazione per tutto, presentandola come la sola ragione possibile. Non mi ci ritrovo lì dentro, non voglio proprio starci in una gabbia come quella. Però sono una persona di profonda fede.

Ho fede nella vita, nelle cose della vita intendo.

Credo fortemente che le cose della vita siano destinate al bene. Non le cose provocate dagli uomini e dalla follia violenta che li pervade, ma quelle cose che fanno parte della vita e che accadono a tutti e accadrebbero a tutti anche se stessimo fermi immobili senza respirare – oops… forse è troppo – in apnea intendo.

Con la convinzione che le cose della vita cambino e si sistemino sempre per un disegno positivo da completare, faccio conto che tutto quello che la vita mi fa accadere e che io prendo male (lo faccio spesso, purtroppo) sia dovuto a una semplice questione: non capisco un cavolo della vita e delle sue cose. Non capisco. Punto.

Voglio dire che se non capisco e non riesco ad accettare le situazioni che mi vengono imposte, questo è e rimane un mio problema, mica un problema della vita. Lei se ne frega bellamente, e giustamente, perché ha altro a cui pensare, io dovrei invece prendere in seria considerazione il fatto che se sono sopravvissuta fino a ora, forse, significa che le cose attraversate erano alla mia portata.

Se riduco l’intensità del sentimento, e le complicanze annesse, il peso del vissuto si alleggerisce. C’è di peggio, dai, c’è di peggio. In questo pensiero proprio basic mi sono fatta accompagnare dal riccio, che come animale totem parla proprio di questo: la fiducia nel fatto che andrà tutto bene. E prima o poi andrà tutto bene, perché non dovrebbe? Per me è sempre andata così, non subito, ma guardandomi ora sarei una pazza a non ammetterlo.

A pensare male si vive male. Se vivi male scambi la fiducia nella vita con la fede in un Dio a cui potresti pure e giustamente stare sulle  palle. Ecco, io preferisco non rischiare e appellarmi alla forza della vita e a tutte quelle cose che ho trovato nel pacchetto all-inclusive. Una tra tutte? La mia fede.

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(605) Team

Credo sia arrivato il momento per me di riflettere su quello che è stato il percorso professionale più shakerante della mia vita fino a ora – e spero sia una strada che continuerà per qualche tempo almeno. Mi è indispensabile ogni tanto fare il punto della situazione, le cose sono sempre tante e sempre complicate perché se le vuoi conoscere a fondo non ti puoi accontentare di quello che ti passa sotto il naso.

Lavorare assieme agli altri comporta rischi e dolori imprevisti perché l’Essere Umano è imprevedibile e come tale è un rischio per se stesso e per chi gli sta attorno. Alcuni rischi si esplicitano in eventi concreti e questi possono causare dolore, dolore tangibile e non semplici paranoie autocommiseranti. Per molti anni ho incontrato altri Esseri Umani raggruppati per interessi comuni, non ne sono mai uscita bene, e questo è un dato di fatto: la mia vulnerabilità – per la maggior parte del tempo dissimulata con successo – è la mia peggiore nemica.

Non parlo di sensibilità, sensibili lo siamo tutti, ma di vulnerabilità e non tutti sono vulnerabili anche quando sono molto sensibili. Non sono sinonimi, sono due condizioni che si possono vicendevolmente accompagnare ma che non necessariamente sono legate tra di loro.

La vulnerabilità di ciascuno di noi fa capo al sentimento che nutriamo nei nostri confronti – ognuno nel suo intimo – e questo sentire può essere camuffato in talmente tanti modi diversi da non farsi trovare se non siamo ben motivati a scoprirlo. Il salto nel buio è evidente: come faccio a maneggiare quello che andrò a scoprire? Ecco, se ci penso mi viene già l’ansia. Esatto.

La cosa più spaventosa, però, è che non arriverai mai al nocciolo della questione se non ti metti in rapporto diretto con gli altri e no, non con un Essere Umano per volta, bensì con un gruppo di persone e tutte insieme. Devi immergerti nel caos emozionale di più Esseri Umani che entrano in collisione e che fanno scintille, ed essere devastato a sufficienza per scoprire che cosa in realtà senti per te stesso.

Il punto è chiaro: se il giudizio che pesa su di te arriva dal mondo esterno, ma questo giudizio tu non lo condividi, non ne verrai detronizzato. Se chi ti sta attorno ha un giudizio su di te duro che entra in risonanza con quello che tu stesso pensi di te – magari inconsciamente – allora il dolore e lo smarrimento e la rabbia e la frustrazione avranno la meglio. Potresti sbriciolarti, sappilo.

Lavorare in team è un’esperienza incredibile, ma se non sei disposto ad andare in fondo a te stesso per scoprire che sentimento nutri nei tuoi confronti, lascia stare perché se non ti offri onestamente non meriti onestà e il team potrebbe diventare un inferno.

Sono felice di essere riuscita a guardare nel mio abisso… in tutta sincerità pensavo fosse peggio.

Eh.

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