(752) Fede

La fede può trasformarsi in una brutta bestia se si perde la ragione. Gli uomini pensano che sia una giustificazione per tutto, presentandola come la sola ragione possibile. Non mi ci ritrovo lì dentro, non voglio proprio starci in una gabbia come quella. Però sono una persona di profonda fede.

Ho fede nella vita, nelle cose della vita intendo.

Credo fortemente che le cose della vita siano destinate al bene. Non le cose provocate dagli uomini e dalla follia violenta che li pervade, ma quelle cose che fanno parte della vita e che accadono a tutti e accadrebbero a tutti anche se stessimo fermi immobili senza respirare – oops… forse è troppo – in apnea intendo.

Con la convinzione che le cose della vita cambino e si sistemino sempre per un disegno positivo da completare, faccio conto che tutto quello che la vita mi fa accadere e che io prendo male (lo faccio spesso, purtroppo) sia dovuto a una semplice questione: non capisco un cavolo della vita e delle sue cose. Non capisco. Punto.

Voglio dire che se non capisco e non riesco ad accettare le situazioni che mi vengono imposte, questo è e rimane un mio problema, mica un problema della vita. Lei se ne frega bellamente, e giustamente, perché ha altro a cui pensare, io dovrei invece prendere in seria considerazione il fatto che se sono sopravvissuta fino a ora, forse, significa che le cose attraversate erano alla mia portata.

Se riduco l’intensità del sentimento, e le complicanze annesse, il peso del vissuto si alleggerisce. C’è di peggio, dai, c’è di peggio. In questo pensiero proprio basic mi sono fatta accompagnare dal riccio, che come animale totem parla proprio di questo: la fiducia nel fatto che andrà tutto bene. E prima o poi andrà tutto bene, perché non dovrebbe? Per me è sempre andata così, non subito, ma guardandomi ora sarei una pazza a non ammetterlo.

A pensare male si vive male. Se vivi male scambi la fiducia nella vita con la fede in un Dio a cui potresti pure e giustamente stare sulle  palle. Ecco, io preferisco non rischiare e appellarmi alla forza della vita e a tutte quelle cose che ho trovato nel pacchetto all-inclusive. Una tra tutte? La mia fede.

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(155) Hop!

Fai un bel salto, hop!

L’ho fatto. Ci pensavo da tanto tanto tempo, non potevo farlo prima, proprio non potevo, ma a forza di pensarci m’era venuto il sospetto fosse una di quelle cose che mai potranno accadere.

L’ho fatto. Che non significa nulla a raccontarlo, i dettagli del salto sono irrilevanti, ma il salto nel concreto non lo è. Non per me.

Si fa presto a dire Hop! e uno s’immagina che sia questione di coraggio, questione di volontà, questione di… no, non sempre è così. Se il salto dipende solo da te, se puoi gestirtelo, allora è con te che devi fare i conti. Quando, invece, il salto lo vuoi fortemente, ma le condizioni te lo impediscono non puoi far altro che continuare a volerlo, fortemente, in apnea.

Non perdere il contatto con quel salto che desideri, rischieresti di perderti questo Hop! che prima o poi arriva. Primo o poi arriva.

E quando arriva… Hop!

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(53) Apnea

Vivere in apnea non è bello. Ogni appassionato di yoga che si rispetti te lo può dire in mille modi diversi: re-spi-ra.

Me ne dimentico continuamente. Respiro poco, è un miracolo che io sia ancora viva. Eh!

Vivere in apnea significa che non osi, non osi respirare per non farti individuare dalla sfiga che con te ha una mira eccellente. No, scherzo… ma non del tutto.

Non osare un respiro profondo, credo, significhi pensare che il respiro che fai te lo devi guadagnare e osarne uno più profondo mi metterebbe nella situazione di essere in debito con la vita… non me lo posso permettere, devo aprire un mutuo per poter concedermi un respiro profondo, devo vendermi un rene, devo ipotecare casa… devo devo devo devo.

Mi è stato detto che nel momento in cui sostituirò il “devo” con il “voglio” la mia vita cambierà.

Non mi spaventa un cambiamento di vita, piuttosto il cambiamento in me (chi mai potrò diventare? In cosa mi potrei trasformare? Non va già abbastanza male così come va?).

E con questa rivelazione credo di aver toccato il fondo del patetico. Amen.

b__

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