(874) Fobie

Tutto quello che vogliamo è una piccola casa in cui rifugiarci. Vero? Poi quella casa la arrediamo come più ci piace, o semplicemente come siamo capaci, e ci rintaniamo per scampare al mondo che resta fuori. Che male c’è? 

Diventa claustrofobico il nostro rifugio quando pensiamo che tutto quello che ci abbiamo messo dentro ci possa bastare. Non è così. Il mondo là fuori, nel bene e nel male, ci è necessario per riempirci. Non di cose, di esperienze.

Tutto molto semplice detto così, vero? Sì, ma perché dovrebbe essere tanto più complicato? Perché abbiamo così paura a ridurre il carico per poterlo sostenere? Pensiamo che sia troppo per noi e lo guardiamo sconsolati. “Mi dispiace, ma non ce la faccio”, ci prostriamo davanti a quel mucchio di roba che manco sappiamo riconoscere più cos’è. Siamo costernati davanti all’abbondanza. 

Quando abbiamo meno siamo più focalizzati, vero? Less is more? Bah. Chi non ha niente potrebbe non essere dello stesso parere, suppongo. Fatto sta che rifiutando il mondo ci sentiamo rifiutati dal mondo. Un gioco perverso che non ci vede vincitori, ma sopravvissuti scontenti. Lamentosi. Rabbiosi. E dentro la nostra casa ci nutriamo di robaccia che attraversa l’etere per depositarsi nei nostri neuroni sfiniti. 

No, non siamo felici, neppure dentro il nostro rifugio. Non siamo felici quando camminiamo per strada, non siamo felici quando raggiungiamo il picco della montagna, non siamo felici quando attraversiamo gli oceani baciati dal cielo. Non siamo mai felici. Ci risvegliamo, di tanto in tanto, e sorridiamo. Sì, ma quella cosa che senti in mezzo al petto e che ti fa posare sul mondo come una farfalla, quella cosa lì è lontana, così lontana da non sapere più neppure come desiderarla.

Forse non ho capito niente.

Neppure di quello che ho scritto.

Eh.

 

 

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(700) Frutto

Il risultato della mia attività mentale, spesso, dà un + o un – (raramente un x e di tanto in tanto un : ) questo riduce le possibilità d’azione e mi costringe a valutare fin nel dettaglio la rosa delle scelte a mia disposizione. Non è piacevole, non è comodo, non è facile, eppure un allenamente di questo tipo ti prepara bene non solo a quello che sarà ma anche a quello che è.

Il guadagno che ottengo lo re-investo e dopo decenni sto vedendo dei risultati. Dove voglio andare a parare? Semplice: prima semini e poi raccogli. Concetto di una banalità sconcertante, ma che molti giovani oggi pensano di poter ignorare soltanto perché loro sono già bravi, già pronti per la conquista del mondo. Lo so che quando parlo così posso essere scambiata per una ottuagenaria brontolona (chi ve lo dice che io non lo sia davvero?), ma com’è possibile che il frutto dell’esperienza sul campo sia ritenuto soltanto un dettaglio? Il sapere dei libri è una base fondamentale per affrontare il percorso lavorativo, ma non si ferma tutto lì… è lì che tutto inizia! 

Altri scopi, altre motivazioni, altre ambizioni, altri campi da esplorare. Tanto altro. 

E si prendono di nuovo in mano i libri, sì perché non si finisce mai di imparare, e al contempo si fa. Farefarefarefarefarefarefare… con la testa e con il corpo, si fa senza scuse, senza giustificazioni, senza paraocchi, senza perdere un colpo. Prendi in mano l’orgoglio e lo usi per non farti calpestare non per smettere di imparare. Quello che sai già non basta, non basta mai. Sai solo una parte, una piccola parte, il bello deve ancora venire, fidati. Fidati. 

Gioca d’umiltà. Fidati. Gioca pulito. Fidati. Gioca per ampliare la tua conoscenza e vedrai che vincerai. Non puoi che vincere partendo dai giusti presupposti. Quando guardo certi giovani talenti e li confronto con la me adolescente di un tempo vedo il salto quantico che la nuova generazione ha saputo compiere – suo malgrado, temo – e al contempo il vuoto di significati con il quale si trova a combattere. Una desolazione. Da dove iniziare per arginare il danno e aiutarla a colmare il vuoto? Io credo fortemente nell’ascolto e nella presenza, anche quando sembra impossibile, anche quando sembra una perdita di tempo, anche quando il feedback è mortificante. Col tempo, con la pazienza, con la voglia di essere utile. Secondo me si può. Possiamo raccogliere i frutti della nostra semina, prima o poi (ovvio).

Non tutti i vuoti devono essere colmati, ma alcuni vuoti non possono essere ignorati. Mai.

 

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