(935) Resurrezione

Sai cosa si fa quando non se ne può più? Si cambia.

(Alberto Moravia)

E ci sono cambiamenti sottili che preparano quelli più importanti, comunque sia il processo è irreversibile. Un riposizionamento, un rinnovamento, una resurrezione. Questo è il cambiamento di cui parlo.

Non divento un’altra persona, divento meglio quello che sono perché lascio andare vincoli e filtri che fino a ora mi hanno intrappolato, mi hanno fatto assumere sembianze innocue e neutre che potessero mettere a proprio agio gli altri, quelli che vanno in crisi davanti al valore del loro prossimo.

Una resurrezione presuppone una morte. La morte di quel che era la mia armatura fino a ieri, la depongo vuota per girare nuda. La forza della nudità di pensiero che metto in campo senza più il timore che venga considerata debolezza è la nuova scoperta. Una rinnovata libertà, senza né porte né finestre.

Non torno tra gli altri per risistemarmi nella mia casellina, parte dell’archivio umano, ma mi permetto di girare tra gli scaffali e mettermi un po’ dove mi pare, magari non troppo a lungo, se non serve. Se non serve.

L’utilità di questo muovermi dovuto alla mia resurrezione è fine a sé stesso, non ha obiettivi di conquista del pianeta o di arrampicate verticali dove arrivare lassù ti assicura visibilità e potere. Libera ma innocua per il potere altrui. Libera e innocua. Soprattutto libera.

Buona Resurrezione a tutti.

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(751) Paura

Le settimane corrono veloci, come le ore di sonno che dovrei fare e che non vedrò mai più. Una cosa curiosa, però, è che nonostante questa settimana sia stata delirante (da ogni verso la si voglia guardare), per me va bene così.

Le cose sono due: ho raggiunto il punto xyz dove la stanchezza non osa neppure avere più una soglia oppure il poter guardare oltre e vederci un futuro migliore mi sta sostenendo come mai prima. Potrebbe darsi tutte e due, in sinergia. Mah.

Focalizzandomi sulla seconda opzione potrei addirittura azzardare che se togli la visione del futuro a un Essere Umano gli togli la voglia di vivere il presente. E dirò di più: il futuro arriva comunque, sia che tu te lo sogni bene o che tu te lo mortifichi per bene. Lui arriverà e si espliciterà nonostante le tue speranze e nonostante le tue paure. Non è che avere speranza tolga la paura, questo no, ma avere paura distrugge la speranza, questo sì.

Vivere nella paura è giustificato solo per brevi periodi, ma alla lunga è intollerabile. Deve essere intollerabile. Se non lo è allora siamo in un bel guaio.

La mia paura esce fuori spesso, ma l’ho sempre calciata un po’ più in là, come se non fosse mai il momento giusto per occuparmene. Sì, sconcertante. O sono folle o sono scema. Una folle scema o una scema folle, molto probabilmente. Comunque sia questa cosa me la devo riconoscere, non c’è niente da fare. La paura la distraggo con i libri, con la musica, con l’arte, con le idee, con l’amore per le cose e per le persone. A lei gira la testa e si mette in un angolo. Appena le passa ritorna in campo e io ancora lì a farle lo stesso scherzo. Ci casca sempre.

Forse il miglior modo di fottere la paura è dedicarsi a qualcosa o/e a qualcuno senza farsi portare via dall’angoscia. Forse altro modo non c’è. O almeno, io ancora non l’ho trovato.

Contare tutte le facce della mia paura non serve a niente, sono più numerose di me. Contare tutte le possibilità per distrarle mi aiuta a calcolare il tempo da vivermi. Libera.

 

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