(808) Sottile

Potresti non farci caso, ma ci fai caso. Quindi avresti potuto non farci caso, ma ci hai fatto caso e si sa che quando ci fai caso è la fine. Rimane quel sottile fastidio che, per quanto tu cerchi di distrarti, ti ricorda che lo sai che devi fare qualcosa. Più aspetti a farlo e più il sottile si ispessisce e diventa senso di colpa perché non lo stai facendo. Uno strameledetto cappio al collo.

Ricapitoliamo: sai che devi fare qualcosa, ma qualcos’altro ti impedisce di farlo. Quel qualcos’altro si chiama anch’esso senso-di-colpa. Quindi hai dentro di te due differenti e opposti sensi di colpa: uno perché non fai quello che devi fare (e quindi sei un quaquaraquà) e l’altro perché quando lo farai qualcuno ti odierà.

Sì, perché è chiaro che lo farai, ci metti solo un secolo a deciderti, ma poi lo farai. Perché l’idea di essere un fake ti è insopportabile e con te ci devi vivere, non è mica uno scherzo. Il fatto che qualcuno ti odierà, poi, è un ostacolo alla partenza, ma una volta che hai fatto partire il primo big-domino-rally capisci anche che hai smesso di preoccuparti dell’odio e dell’amore che c’è in ballo. Ti basta sopravvivere agli stramaledetti sensi di colpa. Perfetto, è tutto chiaro, non fa una grinza. Quindi?

Quindi appena il sottile fastidio diventa spesso malessere (e ci siamo quasi), sarai pronto ad agire. Intanto ci pensi, litigando quotidianamente con gli stramaledetti sensi di colpa. Ovvio.

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(751) Paura

Le settimane corrono veloci, come le ore di sonno che dovrei fare e che non vedrò mai più. Una cosa curiosa, però, è che nonostante questa settimana sia stata delirante (da ogni verso la si voglia guardare), per me va bene così.

Le cose sono due: ho raggiunto il punto xyz dove la stanchezza non osa neppure avere più una soglia oppure il poter guardare oltre e vederci un futuro migliore mi sta sostenendo come mai prima. Potrebbe darsi tutte e due, in sinergia. Mah.

Focalizzandomi sulla seconda opzione potrei addirittura azzardare che se togli la visione del futuro a un Essere Umano gli togli la voglia di vivere il presente. E dirò di più: il futuro arriva comunque, sia che tu te lo sogni bene o che tu te lo mortifichi per bene. Lui arriverà e si espliciterà nonostante le tue speranze e nonostante le tue paure. Non è che avere speranza tolga la paura, questo no, ma avere paura distrugge la speranza, questo sì.

Vivere nella paura è giustificato solo per brevi periodi, ma alla lunga è intollerabile. Deve essere intollerabile. Se non lo è allora siamo in un bel guaio.

La mia paura esce fuori spesso, ma l’ho sempre calciata un po’ più in là, come se non fosse mai il momento giusto per occuparmene. Sì, sconcertante. O sono folle o sono scema. Una folle scema o una scema folle, molto probabilmente. Comunque sia questa cosa me la devo riconoscere, non c’è niente da fare. La paura la distraggo con i libri, con la musica, con l’arte, con le idee, con l’amore per le cose e per le persone. A lei gira la testa e si mette in un angolo. Appena le passa ritorna in campo e io ancora lì a farle lo stesso scherzo. Ci casca sempre.

Forse il miglior modo di fottere la paura è dedicarsi a qualcosa o/e a qualcuno senza farsi portare via dall’angoscia. Forse altro modo non c’è. O almeno, io ancora non l’ho trovato.

Contare tutte le facce della mia paura non serve a niente, sono più numerose di me. Contare tutte le possibilità per distrarle mi aiuta a calcolare il tempo da vivermi. Libera.

 

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(732) Tentativi

La vita è fatta di tentativi. Niente di più e niente di meno. Tu provi e se ti va bene, tanto meglio, se ti va male ti devi far venire un’altra idea sperando che il nuovo tentativo vada meglio del precedente.

La cosa può essere agevolata se si è dotati di serbatoi di fortuna a cui attingere, se non è previsto dal contratto di nascita e la sfiga è compagna abituale qualsiasi imprevisto – di questo mondo e dell’altro mondo – interverrà puntuale per far andare all’aria tutto. Inutile nascondersi dietro a un dito: il Karma colpisce sempre e va a segno con inesorabile spietatezza.

La cosa più intelligente da fare è mostrare coraggio, domare la paura, farsi avanti e comunque tentare. Non perché poi ci si debba pentire di non averlo fatto – per alcuni è così, ma in linea di massima uno se ne frega di quel che poteva essere e non è stato – ma perché nel frattempo, ad attendere che la vita si accorga del nostro valore e del nostro merito, si fa la muffa.

Tentare, però, non basta. Bisogna anche farlo con una certa fiducia e una dose massiccia di senso dell’ignoto, ovvero bisogna diventare fatalisti. Se va va, se non va pazienza, andrà la prossima volta. O s’impara questa semplice formula di sopravvivenza oppure ogni volta che non va si cade in uno stato di prostrazione difficilmente sanabile. Anche se ce la metti tutta e non va bene… pazienza. Non è sempre colpa tua o colpa sua o colpa di chissà chi, è proprio che non doveva andare. Significa, forse, che non era il momento giusto o la cosa giusta per te. Chi lo ha deciso? Non lo so, non deve importarti, devi solo essere pronto per un nuovo tentativo. Perché? Perché altrimenti che diavolo fai? Stai lì a rotolarti nella tua miseria come un maiale nel fango? Ah, bella roba, complimenti!

Non è che le cose debbano andare per forza sempre bene, siamo fortunati se una cosa su mille ci va dritta. Dovrebbero dirci questo quando nasciamo così almeno siamo preparati. Nessuno te lo dice, lo devi imparare da solo. E quando lo impari non è che le cose cambino, le cose vanno veramente così. Non è uno scherzo. Come dici? Troppo faticoso? Ebbé, sì… troppo. Cosa vogliamo fare allora? Stare lì a lamentarci? Ti basterebbe?

Io mi cambio scarpe, cambio vestito, cambio colore ai miei pensieri, cambio visione, cambio ambizioni, cambio cambio cambio. Io cambio piuttosto di darmi per vinta. Cerco di cambiare in meglio, ovvio, ma non è detto che mi riesca ogni volta. Comunque, io cambio. E mi butto nel prossimo tentativo. Daje!

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