(958) Prova

Prenderei una bicicletta e mi farei un giro. Nei campi di quando ero bambina, che le gambe spingevano sui pedali a più non posso ed erano gambe forti e andavo veloce, più veloce del vento. Ho perso forza alle gambe, temo. Sarei lenta e pesante, sarei meno veloce nel mio andare. Il vento avrebbe la meglio sul mio corpo e la corsa ne sarebbe frenata. Temo.

Ma il vento in faccia mi farebbe pur sempre bene. 

Invece devo affrontare una giornata che è programmata per essere una estenuante prova di nervi. A saperlo prima non serve a niente, non è che ti puoi preparare alla tensione, la vivi e stop. La anticipi più che altro, quindi già si parte con il mal di testa e con la voglia di spaccare tutto. Ma, elegantemente, si finge che sia tutto a posto. Perché anche se non convinci te stessa c’è pur sempre un contesto che deve essere rassicurato dal fatto che non sclererai. 

Sì, un po’ di vento fresco di campagna, la campagna di primavera, mi farebbe bene.

Mi vengono in mente scene assurde, fughe improbabili e presagi di distruzione, insomma cosette del genere.

È mattina, non ancora le 8.00, non ho trovato traffico, ho trovato subito parcheggio (il mio preferito), mi sono ricordata di portare con me il mio caffè-guaranà (dose tripla) e sto prendendomi dieci minuti  per scrivere della mia ansia e della mia frustrazione, della mia giornata che tutto sommato è iniziata bene e che si srotolerà come potrà e come dovrà.

Alla fine rimarremo io e il mio scrivere, per darci la buonanotte e per rincuorarci del fatto che è passata. Comunque sia cadrò in piedi e non sarò da sola. Rimango una fortunata, dopotutto. 

 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(912) Primavera

Una rondine non la fa. Ma la fai tu. Se non ti rendi conto che sei tu a decidere quando inizia la tua Primavera, allora, mi dispiace dirtelo, so che non la prenderai bene, eppure qualcuno te lo deve dire, insomma… non hai capito niente della vita.

La Primavera non è una stagione, è una condizione dell’Anima.

L’Anima è soggetta a dei passaggi che poco hanno a che fare con il tempo in generale e niente con il tempo atmosferico. Ha bisogno di riposo, ha bisogno di azione, ha bisogno di contemplazione, ha bisogno di rinascita. Non è che te lo dice, te lo impone. E tu, se non te ne rendi conto, subisci. Non è questo che la tua Anima vuole da te, non sei la sua vittima, sei però il suo mezzo per esplicitare la vita qui sul pianeta Terra. Che ti piaccia o no, devi cavalcare l’onda.

A questo punto, se gli alti e i bassi dell’Anima sono comunque un dato di fatto e se sei chiamato ad averne a che fare ogni tre per due, non è che soltanto mettendoti da parte risolvi la questione. Ti si chiede di partecipare e non di assistere a uno spettacolo. Perché lo spettacolo è il tuo. Che ti piaccia o no, devi gestirti il palcoscenico e tutte le menate annesse e connesse. 

In Primavera, la Natura si risveglia. Pure l’Anima. Perché? Semplicemente perché noi siamo parte della Natura e non è che possiamo schivare certe scadenze. Quando la Primavera della tua Anima si impone, non è detto che coincida con l’Equinozio sancito dalla rotazione terrestre, dovresti quanto meno darle il benvenuto. Non ti dico di festeggiare, ma almeno aprile la porta. O lo fai tu o la butterà giù a spallate. Lei fa così. 

Spuntare a nuova vita può essere un trauma, specialmente se subisci la situazione (è sempre un trauma quando subisci). Ma prima che sia finita, la tua Anima ha un sacco di Primavere da attraversare e non ti chiederà il permesso e non chiederà la tua benedizione e non ti permetterà di discuterne i modi e le condizioni e non ti chiederà di essere entusiasta. Ti chiederà di esserci. 

Vedi tu come e vedi tu con che trasporto, ma esserci non è cosa da poco. Sappilo.

 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(903) Nervi

La tenuta dei miei nervi ha un limiti. Credo sia una cosa positiva avere dei limiti, almeno sai dove ti dovresti fermare. I limiti dei miei nervi li ho sempre un po’ sottovalutati. Sbagliando.

A questo punto della situazione, loro hanno deciso di farmelo presente. E hanno fatto bene, mi hanno fatto male, ma hanno fatto bene.

Negli ultimi due mesi ho ignorato volutamente i segnali, ho pensato che non potevo fermare le cose pertanto avrei dovuto comunque estenuarmi finché non si sarebbero sistemate. Così ho fatto. Non tutto è a posto, ma si sta sistemando. Sollievo, giusto? Ecco. No. No, perché i miei nervi mi stanno facendo presente che non è che sono elastici, che li tiri e li molli a seconda di come ti pare a te.

Mi stanno facendo sgambetti poco piacevoli che devo in qualche modo gestirmi. I primi sono stati inaspettati. E sono finita a terra. Ripetutamente. Ora, ho capito e li vedo arrivare. Quindi se finisco a terra non sono più sorpresa, soltanto rassegnata perché così dev’essere.

Qui potrei anche psicanalizzare tutto il mio operato dalla nascita all’età odierna, ma mi sembra davvero inutile. Voglio dire, interessantissimo certo, ma piuttosto fuorviante considerato che c’è ben poco di nascosto per quel che riguarda le mie magagne da tirare fuori per estrinsecare traumi e sofferenze. Evitiamo, grazie. Quello che posso fare, invece, è focalizzarmi sui limiti della mia tenuta-nervi, che è pur sempre un argomento affascinante (almeno per me).

Ho capito che li ho sottoposti a uno stretching di parecchi parecchi parecchi anni contro il loro volere. Ho capito che il loro volere è comunque da tenere in considerazione. Ho capito che a fermarmi prima magari avrei evitato quello che adesso mi ha shakerato (no, non è stato bello), ma forse non sarebbe bastato. Forse mi avrebbe soltanto shakerato meno. Forse.

In pratica ho camminato sopra un lago ghiacciato, con la pretesa di non farlo crepare, e seppur io ce l’abbia fatta a raggiungere l’altra sponda, la superficie del mio lago è decisamente crepata. Di brutto. Che fare quindi? Non lo so. So che sta entrando la primavera e comunque ci sarà il disgelo e comunque io sono ormai sulla riva e comunque è andata bene anche stavolta.

Ma, comunque, sono esausta.

Eh.

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(723) Autunno

Chi mi conosce lo sa: per me l’autunno entra tassativamente il 1° di settembre. Tassativamente, ripeto. Non me ne frega nulla cosa dice il calendario e l’equinozio e tutti gli studi fatti sulla Terra e quel che le compete. L’Autunno per me arriva con il 1° di settembre, ergo: è in fottuto ritardo!

‘Sto caldo che non passa, ma cosa aspetti a toglierti di torno? Vogliamo proprio ridurci all’ultimo minuto come al solito? Eh?!

Perché l’Autunno è uno stato mentale più che una stagione. Significa iniziare un lento e progressivo ritiro in se stessi. Ricominciare a concentrarsi su quello che abbiamo dentro anziché quello che c’è fuori. Ecco, questa condizione mentale è la mia preferita. Poi se ci metti che le giornate si fanno tiepide (tiepide non torride!) e che le passeggiate diventano più dolci, cos’altro mi serve per anelare a un anticipo d’entrata della mia attrice preferita? Nulla. 

Va da sé che io non sia proprio una persona particolarmente legata al calendario e ai suoi ritmi (ho usato un tono eufemistico, si percepisce?). Se non fosse che il resto del mondo ci tiene tanto a ricordarmi l’arrivo del Natale, Capodanno, Pasqua, Ferragosto, io glisserei serenamente sopra ogni evento deciso da umani che non sono io. Mi danno fastidio pure i sabati e le domeniche, tanto per fare un esempio. Dirò di più: tollero a malapena le stagioni. Certo, tutto bello, per l’amor del cielo, ma il cambio armadio è la perdita di tempo più esagerata che si sia mai vista – anche più del guardarsi il telegiornale. Rimango legata affettivamente alla primavera, perché è l’eterno stupore della rinascita che si mostra ovunque ed è come un incantesimo, ma gli estremi stanno diventando troppo estremi (estati torride e inverni polari) e, specialmente dopo gli ultimi infernali mesi, l’Autunno anticipato è diventato a tutti gli effetti un diritto mica un vezzo!

Ok, credo di essermi sfogata a sufficienza. Mi rimetto in attesa.

Tic-Toc-Tic-Toc-Tic-Toc…

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(162) Farfalle

Per un periodo della mia vita non troppo lungo, io ho odiato le farfalle. Mi ero accorta a un certo punto della mia adolescenza che erano insetti. Prima non ci pensavo, poi mi sono soffermata sul dato di fatto e ho provato ribrezzo. Gli insetti solitamente mi fanno ribrezzo. Se per alcune specie (mosche, zanzare, formiche…) ci passo sopra per non trasformarmi in un’isterica a tempo pieno, per altre lo schifo ha la meglio. Con le cavallette, per esempio, ma limitatamente anche con i ragni. No, non è paura, è proprio schifo.

Detto questo, amando a dismisura il mio giardino, ci ho dovuto fare i conti: non sono l’unica che lo ama.

Grazie al fatto che ho un giardino, ho ricominciato a guardare le farfalle senza pregiudizio. Mi limito ad ammirare le loro ali dai colori e arabeschi incredibili e fine. Quando, al National Museaum of Scotland di Edimburgo, sono arrivata al reparto farfalle spillate (ce ne sono un’infinità, tutte diverse, dalle più piccole alle più grandi) ho avuto un bel po’ da combattere nel mio cervello. Alla fine hanno vinto loro: sono uno spettacolo.

Oggi mi sono accorta che non vedo l’ora che arrivi primavera, perché il mio giardino si popola di farfalle bianche e multicolori che svolazzano silenziose e imprevedibili da un angolo all’altro incantando tutta la famiglia, gatti compresi.

Non lo so, mi sembra una cosa bella. E le cose belle sono sempre un dono.

 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF