(799) Punti

Vado per punti, non ho altro modo per procedere. Non giro mai a caso. Anche se mi ritrovo a caso in un giro, dei punti li trovo sempre e se non ci sono li creo. I punti uniti fanno una linea, la linea ha un inizio e una fine. Questo mi rassicura (per la presenza di un senso) e nel contempo mi preoccupa (per ogni inizio che affronto) e mi intristisce (per ogni fine che vivo). Se questo non è un casino, ditemi voi che cos’è. 

Ma non voglio soffermarmi sulla mia sbrindellata emotività – che non è argomento interessante – vorrei parlare dei punti.

Da qui a lì. Da lì a là. Da là a laggiù o lassù… si procede, si avanza, si va. Andare per punti è un modo sensato di andare, credo. E andare in modo sensato è bello, semplicemente bello. Il punto è (dimostrazione pratica che andare per punti serve) che non tutti abbiamo lo stesso modo sensato di procedere, ma qualsiasi modo sensato di procedere lo fa per punti. E i punti si fissano molto in fretta, si fissano e si possono spostare qualora le cose cambiassero improvvisamente o avessimo soltanto cambiato idea. I punti non occupano spazio, sono arrivi e sono partenze. I punti non ti chiedono ragioni né resoconti, sono approdi, sono appoggi. I punti non reprimono la libertà, la creatività, la scelta, le sostengono, le fanno appoggiare meglio a una base mobile ma stabile, che non affonda.

I punti si fanno invisibili agli occhi altrui, ma sono stelle che brillano dentro di te e soltanto per te. Ed è uno spettacolo la costellazione che negli anni ho creato nell’intimo del mio cielo. Ne sono proprio orgogliosa. E questo è il punto.

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(567) Teoria

In teoria chi fa bene merita bene e chi fa male merita male. Balle. In teoria quello per cui lavori – con passione e dedizione – prima o poi lo raggiungi. Balle. In teoria se vuoi veramente una cosa e ti avvii in quella direzione prima o poi la ottieni. Balle. Balleballeballeballeballe.

La teoria sa essere bastarda, non gliene frega nulla di venire sbugiardata perché si appella al peggio dell’umanità che è la causa di tutto. Francamente questa spiegazione non mi basta: se in teoria funziona allora in pratica si deve concretizzare, altrimenti che diavolo di teoria è?

Uno sta lì ad affinare il pensiero, a smussare ogni angolo teorico, e tutto si risolve in uno sfanculare l’analisi, lo studio, l’aggiustamento per frantumarsi contro un ostacolo qualsiasi. La teoria è sempre troppo vulnerabile davanti alla pratica, perché le diamo ancora credito? Non ci ha deluso abbastanza? Ecco, con lei non funziona così, a lei le si dà più possibilità, ci sono le contingenze e le circostanze e le pertinenze e cos’altro ancora?

In teoria tutta questa teoria che ci riempie la bocca va a disintegrarsi contro ogni sassolino che le capita sulla strada come se fosse un muro di cemento armato. La cosa incredibile che è un attimo a farne su un’altra per sostituirla, un attimo! Ma mettiamoci un po’ di più – santiddio – che magari la facciamo meno fragile, meno friabile… che magari duri un paio di giorni in più… che magari sappia affrontare qualche cunetta, che galleggi durante una tempesta o sappia ballare se c’è uno smottamento… insomma!

In teoria son bravi tutti. Nella pratica diventiamo un allevamento di microcefali. E non c’è più niente da aggiungere.

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