(799) Punti

Vado per punti, non ho altro modo per procedere. Non giro mai a caso. Anche se mi ritrovo a caso in un giro, dei punti li trovo sempre e se non ci sono li creo. I punti uniti fanno una linea, la linea ha un inizio e una fine. Questo mi rassicura (per la presenza di un senso) e nel contempo mi preoccupa (per ogni inizio che affronto) e mi intristisce (per ogni fine che vivo). Se questo non è un casino, ditemi voi che cos’è. 

Ma non voglio soffermarmi sulla mia sbrindellata emotività – che non è argomento interessante – vorrei parlare dei punti.

Da qui a lì. Da lì a là. Da là a laggiù o lassù… si procede, si avanza, si va. Andare per punti è un modo sensato di andare, credo. E andare in modo sensato è bello, semplicemente bello. Il punto è (dimostrazione pratica che andare per punti serve) che non tutti abbiamo lo stesso modo sensato di procedere, ma qualsiasi modo sensato di procedere lo fa per punti. E i punti si fissano molto in fretta, si fissano e si possono spostare qualora le cose cambiassero improvvisamente o avessimo soltanto cambiato idea. I punti non occupano spazio, sono arrivi e sono partenze. I punti non ti chiedono ragioni né resoconti, sono approdi, sono appoggi. I punti non reprimono la libertà, la creatività, la scelta, le sostengono, le fanno appoggiare meglio a una base mobile ma stabile, che non affonda.

I punti si fanno invisibili agli occhi altrui, ma sono stelle che brillano dentro di te e soltanto per te. Ed è uno spettacolo la costellazione che negli anni ho creato nell’intimo del mio cielo. Ne sono proprio orgogliosa. E questo è il punto.

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(746) Posare

Ci sono pezzi che trovano il loro posto soltanto dopo anni. Molti anni. Non fanno altro che girarti intorno, non capisci cosa diavolo vogliano da te, sei anche pronto a lasciarteli alle spalle, andare avanti come se non fosse più importante. Niente da fare, ti ronzano sotto il naso senza posa, senza pace – loro e tua.

Sono certa che certi pezzi non andranno mai a posto, orfani di ragioni o di possibilità, ma prima o poi si stancano e vanno comunque a posarsi in un angolo o nell’altro preferendo il silenzio. E sono quelli che riescono a fare più male.

Alcuni pezzi ti chiedono di fare il primo passo, devono essere sicuri che non li ritirerai fuori ogni tre per due una volta che si sono sistemati. Bisogna stare attenti con loro, la sanno più lunga di noi.

Mettere in ordine i pezzi è sempre una buona idea, anche se costa fatica e se piuttosto andresti in Alaska in bikini. Mettere i pezzi al sicuro dove nessuno li potrà toccare ti aiuta a stare tranquillo, sai che se ti perderai puoi sempre ritrovarli lì e loro ti sapranno rassicurare.

Certi pezzi vanno a posto da soli, sono quelli meno importanti – forse – quelli che ti hanno lasciato un segno più leggero degli altri. Loro non si fanno pregare, in autonomia si posano un po’ qui e po’ là e si fanno dimenticare volentieri, sanno che quello che ti dovevano dare ti hanno dato e che i conti si son chiusi alla pari.

Quelli più tosti sono i pezzi che portano con sé delle domande perché di risposte ce ne possono essere più di una e non sai mai se quella che hai trovato sia davvero la definitiva. Rischi di illuderti per poi vederti ribaltare dalla risposta successiva e – magari – ancora provvisoria. Perché, ammettiamolo, certe domande non hanno risposte, contengono soltanto altre domande. Senza fine.

Ho imparato ad aspettare, potenziando la pazienza, forse perché ho imparato ad affidarmi o forse solo per stanchezza. Non lo so. Nel dubbio mi poso, guardando l’orizzonte sperando in un cielo di nuvole che corrono col vento che non ha posa.

 

 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(642) Mirtilli

Tutti amano i mirtilli. Perché aiutano la circolazione, rendendo i capillari meno fragili, tonificano, rendono belli. Lo dicono tutti: erboristi, farmacisti, salutisti, e tanti altri -isti. Tutti. E noi ci crediamo. Ci crediamo perché i mirtilli sono buoni, sono dannatamente buoni, e pensare che quando ce ne facciamo una scorpacciata – aprendo un mutuo perché costano tantissimo – lo facciamo per salvaguardare la nostra salute ci mette la coscienza a posto.

Ora: non è che abbiamo bisogno di andare troppo a fondo all’argomento. Non chiediamo ai mirtilli le prove scientifiche del loro essere agevolatori di benessere, non ci facciamo un’ecodoppler per verificare se dopo mesi di frullati di mirtilli e creme per il corpo ai mirtilli e shampoo ai mirtilli – che le api e compagnia bella ci si sono affezionate mica da ridere – le nostre vene sono veramente migliorate. Andiamo sulla fiducia. Ci fidiamo dei mirtilli, perdio! Che male ci potranno mai fare dei mirtilli, santocielo!

Ecco, vorrei far notare che finché decidiamo di fidarci dei mirtilli –  per le nostre buone ragioni – va anche bene, i mirtilli possono essere anche la panacea per le vene varicose, che ne sappiamo noi?, diamo loro il beneficio del dubbio! Ma.

Ma ci sono questioni che soltanto perché ci paiono belle/buone/sane/innocue non possiamo permetterci di prenderle così come sembrano, senza fare un minimo di approfondimento, senza farci le domande salienti perché non ci va di pensare o di farci carico di risposte che potrebbero non piacerci molto. Non possiamo. Perché siamo nel 2018 e abbiamo l’obbligo di capire l’origine delle cose e il loro valore. Perché non abbiamo più scuse – tipo l’ignoranza – dietro le quali nasconderci, visto che siamo in grado di usare strumenti efficaci per scoprire ciò che non sappiamo ancora. Perché è nostra responsabilità, nostro dovere, nostro onere e di nessun altro. Perché essere presi per il culo non è bello, non è comodo, non è indolore. Perché lamentarsi non è una strategia. Perché non ci possiamo più permettere il lusso di essere un branco di coglioni.

Concludo dicendo che i mirtilli sono i mirtilli e tutto il resto è un punto di domanda. Vediamo di stare più attenti, per favore!

 

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(222) Scena

È il luogo dove tutto accade, dove tutto è possibile, dove tutto è più nitido e quasi più vero perché viene raccontato per essere ricordato. Ci si mette l’anima quando si racconta una storia che vuole essere ricordata.

È sempre un perdere te stesso per ritrovarti sparso tra le parole che in scena vengono liberate. Bisogna essere folli per attraversare le pluridimensioni in cui una storia si muove. Eppure, se ci provi e sopravvivi saresti un folle a non farlo ancora e ancora e ancora e ancora. E lì ti rendi conto che il tuo mondo è cambiato e ti ha cambiato portandoti con sé.

Non ritorneresti a quel che eri, neppure quando il futuro si fa cupo e incerto. Così ti viene quella specie di leggerezza che solo pochi sanno provare, e vedi tutto come dev’essere perché hai trovato le tue ragioni e su quelle sai che puoi sempre contare.

In fin dei conti, il futuro per quanto cupo e incerto e fedifrago uno lo può sempre modellare a suo piacere, basta sapersela raccontare bene e una volta imparato come si fa niente te lo può far scordare.

Si va in scena!

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(209) Cinque

A volte, per capire se è il caso o meno di fare una cosa mi impongo di trovare cinque buoni motivi per farla. Non cinque buoni motivi per NON farla, perché di motivi per non fare qualcosa (qualsiasi cosa) ne sappiamo tutti trovare almeno duemila e quindi non vale.

Dicevo: cinque buone ragioni per cui dovrei fare una cosa che mi è venuta in mente.

Sembrerà una cavolata, ma mettermi lì a scovare cinque motivazioni sensate non è mica ovvio e neppure istantaneo. Mi ci vuole un bel po’ di riflessione. Questa pratica masochista mi impone di approfondire il mio rapporto con i miei desideri: da dove vengono? Che cosa vogliono? Dove mi vogliono portare? Perché?

Dare per scontato che siccome un desiderio è arrivato fino a te, allora va bene tutto, non c’è bisogno di sapere altro, è un’abitudine che hanno in troppi. Ce l’avevo pure io, poi ho deciso che sarebbe stato meglio se un paio di domande me le facevo ogni tanto ed è andata meglio. Riesco a capire abbastanza in fretta se quello che voglio fare è un’idiozia oppure no. E nel caso fosse davvero un’idiozia, decido lucidamente se la voglio fare lo stesso oppure no – pronta a beccarmi le conseguenze.

Le idiozie fatte con tanto discernimento riescono meglio, te le godi di più.

Cinque, conta cinque sensati motivi per cui vuoi fare quello che vuoi fare e ti sei guadagnato il diritto di fare quello che vuoi fare. Se non altro perché ci hai pensato e non hai dato per scontato che tutto quello che c’era da sapere stava lì, ben evidente davanti ai tuoi occhi.

I nostri desideri nascondono verità che, spesso, non vogliamo vedere, ma nascondersi a noi stessi è controproducente e consegnarsi mollemente ai nostri desideri è un modo stupido di sperare nel raggiungimento della felicità.

Share
   Invia l'articolo in formato PDF