(1052) Scadenza

Ogni cosa ha una sua scadenza, noi Esseri Viventi non facciamo eccezione. Triste ma vero. Triste? Bah.

Ci sono persone che quando le conosci le vorresti sapere eterne. Altre che ti domandi che ci facciano ancora qui, sulla Terra, visto che meriterebbero l’Inferno seduta stante in un Aldilà a piacimento.

Manco di compassione, me ne rendo conto, ma non è un sentimento che ci si può inventare e a me esce naturale soltanto in alcune circostanze e con alcune persone. Ci devo vedere il buono, altrimenti mi riesce difficile, anzi impossibile. Non lo dico come vanto, ma lo dico. Fingere lo trovo inutile.

Le cose cambierebbero per l’Umanità se venissimo timbrati come le uova del supermercato e fosse esplicitata la nostra data di scadenza? Secondo me soltanto per i primi tempi, poi diventerebbe una scusa per fare un disastro dietro l’altro. A noi vien bene inventarci giustificazioni che attestino il nostro diritto di fare danni. Viviamo per questo, sembra.

Comunque, diamo troppo per scontato che a-noi-non-succederà e questo ci fa spingere l’acceleratore sulle stronzate: buttarsi da un dirupo con una tuta-paracadute che non si apre e spiaccicarci tra le rocce ci sembra un bel modo di morire. Oppure pensiamo semplicemente che non è quella la nostra scadenza e moriremo un altro giorno. Non lo so. Qualcosa succede nella nostra testa quando ci mettiamo la scadenza in tasca e ci lanciamo in imprese assurde. Questione di adrenalina? Ecco, la giustificazione tiene.

Non lo so, penso sempre che la vita sia una cosa di cui prendersi cura. Magari mi sbaglio, magari parlo così perché ormai ho una certa età e mi sono lasciata alle spalle disumani cazzate che da giovani sembrano figate. Non lo so.

So che ci sono persone che dovrebbero essere eterne e che scadono troppo presto e pezzi di merda che non se ne vanno mai e continuano a distribuire dolore a chi gli passa accanto e non sono mai questi infami che si gettano dalla montagna sprezzanti del pericolo. Loro vivono nella paura e la loro adrenalina viene alimentata dalla paura delle persone che calpestano. Strane cose vero? Già.

Non so se vorrei essere a conoscenza della mia scadenza. A volte sì altre no. Forse l’ignoranza, in questo caso, è la cosa migliore. Mah.

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(1024) Inciampare

Possiamo inciampare su tutto e tutti. Io, per esempio, in questo sono una maestra. Scegli una cosa a caso, una cosa innocua, inutile, invisibile, io posso inciamparci. E, nove volte su dieci, farmi male.

No, no, sembra una cosa da nulla, invece è un vero talento. Appena capisco come farlo fruttare diventerò ricca e famosa. Mi basterebbe ricca, a dire il vero.

Lo faccio da sempre, inciampare su tutto intendo, e l’ho sempre dato per scontato, come fosse una cosa che appartiene all’intero Genere Umano, una delle conseguenze del vivere quotidiano che tocca chiunque, nessuno escluso. Ho scoperto, troppo tardi ovviamente, che non tutti sono così fortunati da inciampare spesso e senza pregiudizi di sorta. Ci vuole proprio un talento preciso.

Quello che ancora non mi è chiaro è come io sia sopravvissuta a questa pratica naturale fino a oggi così coriacemente e così inconsapevolmente. È addirittura più inspiegabile del talento stesso. Fatto sta che a volte sono inciampata in persone che han portato nella mia vita grosse sorprese (no, non necessariamente belle), altre in cose che mi hanno dato accesso a luoghi di conoscenza benefici e proficui (altre volte meno, ovvio), a volte sono inciampata in occasioni che sembravano opportunità, altre in opportunità che si sono rivelate solo stupide occasioni. Sono inciampata in sassi che non c’erano, gradini di mezzo centimetro, fili d’erba innocenti, buche apparse all’improvviso (queste sono ovunque, non si possono schivare tutte, ma io posso prenderle tutte).

Oggi sono inciampata su una frase che mi ha ispirato il pensiero da cui questo post è partito. Non odiatemi, è un talento naturale. Inconsapevole. Inutile. E se lo si ignora, innocuo.

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(994) Effettivamente

Ok, sto giocando sporco sono passata agli avverbi. Quelli che non servono a niente, in pratica, se non a prendere tempo. È che proprio non riuscivo a trovare un titolo al post che non avessi già usato. Perdonatemi, ma mi rendo conto che mi stanno mancando le cartucce. 

Il pensiero di oggi è (in breve): effettivamente non si può mai sapere

Sembra una stupidata, ma fateci caso, ripetetevela più volte a bassa voce: effettivamente non si può mai sapere. Ancora una volta, come se fosse un mantra: EFFETTIVAMENTE-NON-SI-PUÒ-MAI-SAPERE-EFFETTIVAMENTE-NON-SI-PUÒ-MAI-SAPERE…

Mettiamocela via perché è proprio così. Anche quando sei sicuro che quella cosa lì è così, che non cambia, che è la stessa ecc… effettivamente non lo puoi davvero dare per scontato. Soltanto il tempo ti potrà dare torto o ragione, a prescindere dalle previsioni che ti sei fatto. Quante volte ci è successo? Troppe. Quante volte la questione ci ha sorpreso? Sempre. Perché abbiamo la memoria di Dory, non se ne esce. Facciamo esperienza e resettiamo la memoria. E ci stupiamo. Come fosse la prima volta che ci capita. Ma saremo scemi?

Se siamo affetti da cinismo cronico, invece, ci ripetiamo che effettivamente-già-lo-so-come-andrà-a-finire e, per non darci torto, agiamo in modo che la realtà ci sostenga nella disgrazia. Guai a chi cede all’ottimismo, siamo matti?!

Quindi questo avverbio che sembrava inutile, o per lo meno innocuo, si va a scoprire che potrebbe cambiarci la vita. A seconda che lo si usi in positivo (per accogliere con stupore le piccole sorprese della vita) o che lo si usi in negativo (per dare conferma ai nostri più cupi presagi), effettivamente le cose cambiano. Dentro la nostra testa, innanzitutto, e nel nostro agire. Effettivamente può cambiare tutto.

È vero che tutto è relativo, ma è anche vero che la casualità gioca un ruolo marginale quando si tratta di Esseri Viventi, e rileggiamoci ogni tanto La Profezia di Celestino perdio!

E poi, ci rendiamo conto di quanto può fare un solo avverbio?

Ve lo dico: gli avverbi hanno un potere che manco Dio se l’era immaginato quando li ha messi in terra. Provate a usarli meglio e scoprirete che un senso ‘sto post ce l’ha. 

Effettivamente…

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(720) Orsetto

Non ho mai avuto un amico orsetto che mi stesse vicino nel momento del bisogno. Avevo i miei fumetti, i miei libri. Non sono morbidi, non sono caldi, sono proprio un’altra cosa. Un orsetto non avrebbe potuto rassicurarmi sul fatto che oltre a quello che conoscevo e che stavo vivendo ci fosse dell’altro, qualcos’altro di magnificamente misterioso e intrigante (come le storie che leggevo) e che quel qualcosa era lì e mi stava aspettando. Dovevo solo crescere un po’.

Ecco, questa cosa mi ha fatto viaggiare su corsie neuronali preferenziali, lo ammetto, ma nel concreto mi ha fatto sbattere il muso quotidianamente contro una realtà che non aveva nulla a che fare con quel misteroso-e-intrigante che sognavo – anzi tutto il contrario – eppure senza mai dubitare del fatto che la parte migliore doveva ancora arrivare e che mi stava aspettando.

Aspetta che ti aspetta ho affrontato diverse avventure – nel vero senso della parola – e seppur io mi sia pure divertita oltre che fatta il mazzo tanto, mai neppure per un istante quella tensione frizzante e deliziosa che trovavo in quelle storie si è verificata. Mai. Neppure da lontano. Neppure quando ero emotivamente coinvolta, niente di niente.

Ho pensato che probabilmente peccavo di sensibilità e che fosse mia responsabilità andarmele a cercare queste sensazioni mirabolanti, infatti continuavo a pensare che fossero lì da qualche parte e che mi stessero aspettando. Sta di fatto che odio aspettare senza fare niente per cui mi sono data piuttosto da fare per andare loro incontro, con molto impegno mi permetto di aggiungere. Anni e anni di situazioni assurde e spesso grottesche, di scivoloni e ridicoli errori, di incontri tristi-scellerati-stupidi-inutili, ma niente.

Quindi, facendo due conti veloci, le cose possibili sono due: o il  misteroso-e-intrigante non sono lì ad aspettarmi (e neppure sanno della mia esistenza) oppure mi stanno deliberatamente ignorando – per lecite ragioni, perlamordelcielo, ma senza un briciolo di compassione o umanità.

Qualche tempo fa decisi che mi sarei fermata, basta andare incontro alle mie allucinazioni, facciamo che il misteroso-e-intrigante non li voglio più. Un po’ mentendo e un po’ con convinzione, metà e metà diciamo. Non mi sono ancora spostata da questa perentoria autoimposta decisione, e non me ne pento. Però, stasera, stavo pensando che se fossi stata come tutti i bambini intelligenti di questa terra, mi sarei fatta regalare un orsetto perché a questo punto sarebbe lui a rassicurarmi sul fatto che anche così va bene. Non troppo, ovvio, ma potrebbe pure andare peggio.

Prossima volta nasco più intelligente.

 

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(699) Mappamondo

L’impressione che il mondo stia andando un po’ a farsi benedire è supportata fortemente da tutto quello che del mondo oggi vediamo – più che da quello che sappiamo. Sapere è una parola grossa, vedere è più appropriato perché dalla televisione siamo passati a internet e le immagini e i video ci tengono gli occhi in ostaggio. No, il cuore no, al cuore succede una cosa strana: viene avviluppato nel cellofan. Attutisce i colpi e dimezza la sensibilità. 

Negli occhi si impressiona una gallery spropositata di immagini più o meno in movimento, il nostro cuore non sente come dovrebbe sentire, il cervello si dimentica di funzionare perché è distratto dalle informazioni visive che deve in qualche modo archiviare e… e il mondo seppur vicino, seppure intero, seppur variegato, ci scappa di mano. Rotola via. Non lo sentiamo più, non lo capiamo più, non lo valutiamo più come l’organo che ci permette di vivere. 

Il mondo è fatto di cose e di persone. Cose vive e persone vive. Ricordarlo sarebbe utile e saggio.

Quando smettiamo di considerarlo vivo, il mondo inizia a farci paura. Tutto quello che contiene è come se fosse lì per avere la meglio su di noi. Per difenderci pensiamo che dovremmo sentire meno per assicurarci l’invulnerabilità. E se non ci riusciamo? Ci dobbiamo armare e combattere, ovvio. Combattere chi? Chiunque ci capiti davanti, chiunque ci risultasse pericoloso, minaccioso. Faticoso, logorante e davvero tanto inutile e poco saggio. 

Dovremmo, a volte, evitare di affidarci alla vista e imporci un ascolto minuzioso di tutto ciò che di vivo ci ruota attorno. Dovremmo togliere il cellofan dal cuore e monitorarlo con attenzione per capire quanto può sopportare e di quanto supporto ha bisogno per funzionare meglio. Dovremmo rispolverare le sinapsi e rimetterle in azione, dovremmo rafforzarle per riuscire a sostenere l’ammasso di immondizia che ci viene buttato addosso quotidianamente.

Dovremmo. Ci farebbe male eppure bene. Talmente bene che poi il mondo smetterebbe di farci paura. Inizieremmo a rispettarlo. Bello no?

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(522) Voto

Potrebbe non valere nulla. D’accordo.

La scelta sarà la meno peggio, niente di troppo entusiasmante. D’accordo.

Andrà a finire che mi incazzerò tantissimo per chi si prenderà più voti – ma non il mio – e dovrò ingoiare il rospo. D’accordo.

Ma ci sono luoghi sulla Terra dove dire la tua non è possibile. Dove chi dice la sua ci lascia la vita. Dove chi dice la sua lo fa con la fame, la miseria, la disperazione. Dove chi dice la sua la dice al vento e il vento si porta via tutto senza lasciare traccia. Qui ancora no. Ancora non è così.

Il timore che lo diventerà mi fa alzare il culo per andare a votare. Sì, la paura di ritornare indietro e di essere intrappolata in un paese che di bello non ha più nulla, dove scappare rimane l’ultima soluzione, mi fa muovere e fare. Fare qualcosa che è semplice e ancora si può attuare con poco sforzo: votare.

Non vale a niente? D’accordo. Ma non è tanto il valore del mio voto a farmi sentire in pace con me stessa, quanto il fatto che ho esercitato in pieno un diritto che mi è stato donato da chi ha combattuto affinché fosse possibile per me agire in libertà. Libertà anche di dire stronzate, come tanti tanti tanti finti-politici e cialtroni sciagurati stanno facendo da anni. No, la democrazia non è una cosa comoda, lo sa bene il cinese e il russo e il nord-coreano e chi ne ha più ne metta – infatti loro gestiscono la cosa in modo diverso, lo sappiamo – ma essere uccisi per aver espresso se stessi senza far male a nessuno va oltre ogni limite. E ci sono limiti dannati che non devono essere superati. Non devono essere superati senza se e senza ma, è così e basta.

Va bene, idiota, puoi dire la tua, non ti ascolto più perché mi fai vomitare con tutto l’odio e l’ignoranza che fai uscire dai tuoi sporchi pori, eppure lo fai ugualmente e lo fai con la tracotanza e la prepotenza di un capetto di periferia e questo ti fa sentire Dio e la Legge Italiana te lo permette. Pensa te, te lo permette davvero. 

Io voterò contro di te. Voterò in modo che anche se sarai ancora libero di grugnire non sarai in grado di danneggiare me, la mia famiglia, la brava gente e il mio paese.

Paese che è vario, è complicato, è contraddittorio e mi fa incazzare, ma è sempre bello. Davvero bello. E ancora libero.

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