(987) Discontinuità

Il mantenere un certo tipo di comportamento con continuità è un bell’allenamento mentale. Bisognerebbe farci caso, in questo campo siamo un disastro.

Per esempio: entri in un luogo per la prima volta durante la giornata e saluti (se sei una persona educata). Ok, lo si fa una volta sì e dieci no. Sommando questa cosa piccola ad altre diecimila piccole discontinuità il nostro comportamento risulta folle agli occhi di chiunque abbia l’ardire di frequentarci. E siccome siamo tutti un branco di fuori di testa, questo circo ci pare NORMALE. 

No, non è normale. Non è per niente normale, è da fuori di testa. Da scorbutici, da disturbati, da disadattati, rendiamocene conto.

Ci lamentiamo che non ci si può fidare di nessuno, ottimo. Ma come ti puoi fidare di qualcuno che un giorno ti saluta sorridente e il giorno dopo perché ha le palle girate per i cavoli suoi fa finta di non vederti anche se ti viene a sbattere addosso? Ma siamo seri!

Ci sono piccole cose che applicate con costanza permettono di costruire un rapporto di fiducia con chi ci sta vicino. La coerenza, la costanza, la continuità, ci aiutano in questo. Non possiamo far finta che non contino nulla e pretendere di avere relazioni di sostanza nella nostra vita. Ma per favore!

Prendiamoci cinque minuti al giorno per fare mente locale e considerare come ci siamo comportati durante le ultime 12 ore di vita sociale, ne scopriremo delle belle, garantito.

Vabbé, con una certa continuità, ammettetelo, ora la pianto di blaterare e me ne vado a letto.

Cia’

 

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(813) Educare

Ci si può educare alla generosità come all’avidità, alla comprensione come al rifiuto. Ci si educa giorno dopo giorno, perseverando in un certo punto di vista, in un certo modo di considerare sé stessi e gli altri. Lo facciamo spontaneamente quando l’ambiente ci preme e la vita ci dà un feedback deludente, se non peggio. 

Ci si può educare al cambiamento, perché non possiamo fare altrimenti o perché valutiamo che quel cambiamento vorrà dire per noi miglioramento.

Puoi educare qualcuno a una giusta condotta, ci vuole pazienza e dedizione, ma può portare buoni frutti. Certo bisogna mettere in conto il fallimento, ma se non molli si possono verificare miracoli importanti. Credo valga sempre la pena provarci, vada come vada.

Puoi educare il tuo sguardo a riconoscere il bello o il brutto, puoi educare il tuo corpo a seguire la musica o educarlo all’immobilità. Puoi educare il tuo orecchio all’ascolto o puoi educarlo a non far conto dei rumori fastidiosi. A tuo piacere. La questione dell’educare ha risvolti interessanti perché prende in considerazione un potere personale che viene affermato senza violenza, con la fermezza e costanza, e prende in considerazione un periodo medio-lungo per poter garantire un risultato visibile.

Educare, venire educati. Quando qualcuno cerca di educarti, se il oggetto della questione stride con il tuo sentire, lo puoi anche vivere come costrizione e umiliazione. Sarebbe utile affidarsi a chi quell’educare lo sa tradurre in accompagnamento e non cede all’impulso dell’imposizione.

Credo che il verbo educare abbia molto a che fare con la dolcezza e l’equilibrio, con la calma e il sorriso. Con queste premesse essere educati prende il senso pieno del vivere bene e del crescere felice.

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(749) Stima

Si fa la stima di un bene, se ne valuta il valore o se ne misura la grandezza o l’altezza o il peso, oppure si apprezza qualcuno per una qualità che gli riconosciamo. Meglio ancora se lui/lei neppure se ne accorge.

La stima non la compri, te la guadagni senza sforzo quando le qualità ce le hai e non quando le millanti. La stima, alla fine dei conti, è un dono perché non ti dovrebbe costare nulla, la ottieni perché sei quello che sei, la provi perché ricevi in cambio qualcosa. Cosa? Qualcosa.

La stima va oltre il rispetto, che è dovuto sempre e in ogni caso, la stima non deve nulla a nessuno. Se nasce, nasce spontanea e se decide di restare ha le sue buone ragioni. Non ha scadenze, ma se decade difficilmente c’è recupero. Se s’interrompe bruscamente diventa punizione.

Certo, c’è anche quella di facciata, quella che si dimostra per interesse o per servilismo, ma non la chiamerei stima bensì calcolo disonesto. Esserne oggetto fa sentire sporchi anche se non se ne hai alcuna responsabilità.

La stima per qualcuno nasce col tempo, prestando attenzione alle cose sottili, ai silenzi, alle parole taciute per pudore o rispetto o buongusto. Cresce col tempo, per la limpidezza dell’intento, esplicitato o meno, per la coerenza del pensiero anche quando non è comodo, per la gentilezza d’animo che si mostra con costanza perché è naturale espressione di un buon cuore. Questa è la stima che sento per alcune speciali persone che fanno parte della mia vita. Ringrazio il cielo che ci siano e per l’esempio che mi danno.

La stima è un sentimento puro e bellissimo che ti rigenera senza che tu te ne accorga, bisognerebbe cercare con strenua volontà persone da stimare per permettere alla nostra anima di continuare a sperare nella grandezza del genere umano.

Strenuamente. Strenuamente.

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(666) Gabbia

Lavorare con le idee significa imparare a costruire astute gabbie che le possano contenere e nel contempo che permettano loro di crescere e svilupparsi senza sfuggire dai confini imposti.

Lavorare sulle idee significa che ti ci devi mettere dentro quella gabbia e condividere lo spazio con loro, se soffri di claustrofobia peggio per te. L’idea, in generale, respira sempre meglio di qualsiasi Essere Umano – è giusto che tu lo sappia.

Lavorare per donare agli altri le tue idee significa che a un certo punto devi uscire da quella stramaledetta gabbia abbandonando la tua creatura lì. Saprà essere forte senza di te? Saprà farsi valere? Saprà mantenersi compatta e al contempo crescere?

La gabbia è bastarda. Contiene, costringe, soffoca. E ripara. Ogni gabbia lo fa, ogni dannata gabbia lo fa. Maledette.

D’altro canto le idee sono ribelli guizzi, irrefrenabili risa, scatenate frecce, energia che non puoi tenere tra le mani e non puoi incatenare. Ingabbiare però sì. Come sia possibile lo si impara presto, lo sappiamo fare tutti: disciplina, coerenza, costanza, pazienza, capacità spiccata di problem solving. Le idee, in realtà, non odiano le gabbie perché sanno di averne bisogno altrimenti non si concretizzano. Non si arrendono alle sbarre, questo no, ma si fanno modellare e si rendono docili, malleabili, se trattate con rispetto. Sanno di come vanno le cose meglio di noi, meglio di me.

Le mie gabbie mi sentono nemica, ma ormai hanno capito che il mio sfinimento le vedrà vincitrici. Non ci voglio neppure pensare. ‘Notte.

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