(811) Indugiare

Mi capita spesso, spessissimo, forse un po’ troppo spesso. Indugio. Mi soffermo sui dettagli, sui silenzi, sull’energia che va e viene. Mi ci perdo, a volte anche per minuti, dipende da quante interruzioni mi vengono imposte dal mondo esterno. Credo sia qualcosa di congenito. La cosa folle è che poi me li ricordo, o meglio mi ricordo la sostanza di questo soffermarmi e sprofondare. Mi ricordo i particolari più ovvi, ma registro anche quelli più strambi. Mi ritornano a galla al momento giusto. Come se avessi previsto qualcosa senza rendermene conto. Tipo: segnati questo che poi ripasso. 

Indugiare nel prendere una decisione o nel dare una risposta… eh, di questo credo di averne già parlato, ormai ho perso il conto dei pensieri scritti qui dentro e magari me li confondo con quelli che non ho mai scritti ma che ci sono. Sono attaccati al mio cervello come se dovessero star lì per sempre. 

Indugio nel dare una risposta quando non capisco la domanda. Domanda esplicita o silente, non fa differenza, spesso le domande non vengono concretizzate con le parole e spesso quelle sono le più semplici da comprendere. Comunque se non capisco la domanda solitamente non rispondo. Mi prendo tempo, a volte il tempo ti evidenzia i gap, e forse questo non gioca a mio vantaggio. Dovrei rispondere di no subito, anche se non ho capito perfettamente il guaio in cui mi sto andando a cacciare. Dovrei stare attenta a quello che mi dice l’intuito. Dovrei. 

Ritornando all’indugiare quello bello, quello che ti permette di perderti nei dettagli, penso che anche se può risultare irritante a chi mi sta accanto, una volta che capisci questa cosa di me diventa tutto ovvio e normale, anche se non proprio piacevole. Un pezzo del pacchetto, che a toglierlo forse ti potrebbe sembrare che andrebbe meglio, ma poi scopri che se ne va la metà di quel che c’è dentro e forse, alla fine e dopotutto, tenerlo non comporta questo gran fastidio.

Ecco, a questo punto del pensiero, se riesci ad arrivarci, significa proprio che sei riuscito ad avvicinarti e che andrà tutto bene. Basta saper arrivare fino a lì. Eh. Auguri 😀

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(759) Via

Finché non parto non è detto che io voglia partire. Se ancora non sono partita è perché qualcosa non mi torna, qualcosa non mi convince, ancora non ho il quadro completo della situazione, ancora non sono pronta. Partire impreparata non è contemplato dal mio DNA, semplicemente.

Come faccio a sapere che non si tratta di pigrizia o di codardia? Me lo sento. So bene che sono pigra e so bene che posso peccare di codardia pertanto mi tengo ben monitorata (vorrei non fossero limiti quindi sto cercando di lavorarci per depotenziarli nella loro forma più acuta). Riconosco il perché del mio rimandare quando una cosa che mi entusiasma perde lo smalto senza alcun motivo. Inizio a dubitare di quello in cui mi andrò a buttare, inizio a farmi alcune domande topiche, inizio a sondare con la mente tutte le complicanze della situazione. Un’analisi piuttosto certosina che potrebbe prendere più tempo del previsto, ma se la supero e mi ritorna il fuoco, allora parto.

Pronti, attenti… via!

Se parto, non mi fermo finché non arrivo alla meta. Ci posso mettere un mese, un anno o una vita, se parto allora arrivo anche. Poco ma sicuro. Non manco di tenacia, spirito di sacrificio e follia. Non manco di pazienza e perseveranza. Non manco di inventiva per risolvere problemi e saltare ostacoli. E poi, la cosa più importante di tutte: se prendo un impegno non mi rimangio la parola. Il che non sempre è un  bene, non sempre è intelligente, quasi mai è comodo, ma l’impegno preso significa tutto. Nel bene e nel male.

Iniziare per me non è mai un caso, è una scelta ponderata. Ci metto in conto le mie supposte capacità, oltre che il mio reale interesse, perché devo essere davvero convinta per poter completare il percorso. Se parto già dubbiosa so che non avrò la forza di mantenere quanto promesso. Mancare alle promesse mi causa uno sconforto senza fine, preferisco evitarlo.

Tutte queste chiacchiere per dire una cosa e una soltanto: partire è una faccenda seria. Si parte quando dentro di noi sentiamo quel click, quello dell’interruttore, che ci accende come una miccia. Il pronti-attenti-via solitamente è un sussurro, ma ha la forza di una rivoluzione. Sappiamo che da quel momento in avanti potrà succederci di tutto e che dipenderà tutto da noi. Se parti con altri presupposti, preparati a fermarti al primo pit-stop. Definitivamente, però.

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