(1022) Eletto

Quando vieni scelto dal Caso o dal Destino, insegna Matrix, non ti puoi tirare indietro. In qualche modo pagheresti la tua codardia. Vien chiaro anche, sempre seguendo le vicende di Neo, che la paghi comunque, anche se il coraggio non ti manca e ne usi fino all’ultimo grammo.

Eccoci arrivati al punto. Dentro alla mia Matrix la richiesta di tirare fuori le palle è più che altro un ordine. E, per non venire macellata anzitempo, mi sono ben presto adeguata. Presto, si fa per dire. Mi sono adeguata appena ne ho preso coscienza. Per la serie ognuno-fa-quel-che-può-con-quello-che-ha, quando un certo tipo di dinamica viene adottata con costanza diventa parte di te e vai avanti per inerzia. Non ti chiedi più se sia il caso di tirare fuori le palle, lo fai e basta perché hai imparato che ne sei capace, che ti dà una certa soddisfazione e che, andasse male, il tuo amor proprio se la riesce a metter via in modo decoroso. 

“Almeno ci ho provato” diventa un mantra onorevole.

Nonostante tutto questo, non è che vivere fronteggiando ogni sfida non ti consumi, tutt’altro. Alla fine della giornata sei proprio sfinita. Cioè, non ti rimane neppure la forza per piangere. 

E dopo un po’ ricominci a domandarti: “pillola rossa o pillola blu”? Perché non è poi così scontato e perché le cose possono cambiare e perché… boh, perché siamo sempre lì: domandare è lecito e rispondere è cortesia.

Cortesemente stamattina mi sono risposta: “Basta con le pillole e prendiamola per un altro verso, Babs. Posa tutto a terra e usa quello che hai. Concentrati su quello che c’è. Prendi i pezzi di te che ora ti sono utili e fanne qualcosa. Ormai sei sveglia, non riusciresti a riaddomentarti. Ormai sei oltre e la Matrix non la cambieresti neppure se ritornassi indietro, neppure se la barattassi con un’altra Matrix. E poi, diamine!, mica sei Neo, non sei l’Eletto. Puoi fermarti”.

Più che una risposta è un monologo interiore imbarazzante, me ne rendo conto ora che l’ho riportato qui, ma il succo non cambia: posso fermarmi. 

Ok, mi fermo.

E dormo.

Tanto.

Più che posso.

‘notte.

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(827) Pastasciutta

Andiamo per stereotipi va là: sono italiana e amo la pasta. Con quasi tutte le salse. Quasi tutte perché pure io c’ho i miei gusti – e le mie intolleranze alimentari che son qui apposta per rovinarmi l’appetito. Comunque, la pastasciutta ITALIANA, quindi cucinata da noi come noi sappiamo fare e basta, è il mio salvagente. La cosa migliore della pasta è che esiste in diversi formati e consistenze e te la puoi condire come diavolo vuoi tu. Perfetto.

Mangiare sempre pasta non va bene, non è sano e neppure sensato, quindi è ovvio che io abbia anche altri cibi preferiti, tra questi non c’è molta carne e non tutto il pesce, come non tutta la verdura. C’ho pure io i miei gusti, l’ho già scritto. Ok, dove voglio arrivare? Eh, l’ho presa un po’ larga ma mi serviva per rendere chiaro il concetto: la pasta non ti chiede di fare da topping a una pizza, non ti chiede di essere sperimentata come dessert, non ti chiede di essere sintetizzata in una pillola che Morpheus ti fa scegliere quando sei arrivato al punto cruciale della questione. La pasta è pasta, vuole fare la pasta e non gliene frega nulla di quello che vuoi tu. Se non ti piace mangia altro.

Sostituendo il soggetto (pasta) con Uomo/Donna funziona allo stesso modo. Un Uomo non ti chiede di farlo diventare più dolce o più salato, più alto o più basso, più elegante o più fattone, più intelligente o più stupido, più simpatico o più borioso. Un Uomo è così com’è. Se non ti piace scegli altro.

Stessa cosa per una Donna, che non ti chiede di farla diventare più bella o più brutta, più intelligente o più scema, più fashion o più-che-diavolo-ne-so-io (ormai avete capito dove voglio andare a parare): una Donna è quello che è. Se non ti piace scegli altro.

Certo che entrambi possiamo essere conditi in diversi modi e abbiamo diverse fattezze e consistenze, ma Santiddddddddio perché dobbiamo sempre partire dal presupposto che scegliere un Essere Umano da amare voglia dire farlo diventare ciò che tu vuoi che sia? Significa darsi la zappa sui piedi, decretare il proprio inferno, far subire al prescelto/alla prescelta una serie di punizioni davvero crudeli oltre che imbarazzanti. Ma siamo matti?

Scegli la pasta che vuoi, per i cavoli di motivi che vuoi, ma mentre la stai mangiando non pensare che vorresti una pizza o una cotoletta, goditi la pasta cosciente di quello che stai gustando e basta. E basta. Se poi ne hai abbastanza della pasta e vuoi cambiare, va bene, vai con Dio e prenditi una pizza, ma non pretendere che sia la pasta a trasformarsi in pizza: muovi il culo e vattela a prendere da solo la pizza che vuoi. E lascia la pasta in pace, una volta per tutte.

Questa non è una storia autobiografica nel senso stretto della parola, è un pensiero filosofico autobiografico però. Difendo a spada tratta il diritto di chiunque di essere quello che è senza che qualcun altro lo pretenda diverso.

NdR: il post qui sopra è stato scritto con tono assertivo, ma non incazzato. Non si capisce?

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(565) Zucchero

Ne basta un po’ e la pillola va giù, lo dice Mary Poppins e prova a darle torto se ci riesci. La pillola va giù. Trovare lo zucchero per far andar giù le pillole non è cosa scontata, soprattutto per quelle pillole che ne richiedono quantità enormi. Ma se la pillola la vuoi ingoiare – vuoi? – allora procurati lo zucchero e non fare tante storie.

Troppo zucchero, però, non fa bene quindi se stai andando in overdose il mio consiglio spassionato è: non ingoiare troppe pillole. Semplice. Non è che tutte le pillole devono essere accettate come inevitabili, no? Chi lo ha detto? Facciamo in modo di scegliere tra quelle che devi proprio prendere e quelle che puoi lasciare lì tranquillamente.

Lo dico in un altro modo: se una cosa non ti va bene, non ti va bene e basta. Diamo per scontato che avrai pure le tue buone ragioni. Non si tratta di capriccio o di schivare le proprie responsabilità, a volte non ti va bene perché lo trovi moralmente ingiusto, opprimente, nauseante, ripugnante. E se è così, niente zucchero e niente pillola. Basta. Si prende il coraggio a due mani e lo si usa per opporsi a quello che a uno sguardo superficiale sembra inevitabile.

Poche cose sono inevitabili nella vita, una di queste è la morte e se pensiamo di ingoiare tutte le pillole che ci propinano e passarla liscia allora sì che andremo incontro a una brutta fine. Intossicazione, come minimo. Io preferisco il salato, ma so trovare lo zucchero in tutto quello che faccio altrimenti non lo farei, davvero non lo farei. Il veleno lo lascio a chi si pensa immortale. Io, no, non lo sono e non sono neppure particolarmente dotata. Ho imparato a prendere quello che è davvero inevitabile e a digerirlo, come ho imparato a lasciar lì sul comodino quelle pillole che non sono – in realtà – lì per me.

Strano a dirsi, ma sono ancora viva a raccontarla. Vorrà pur dire qualcosa questa stramberia, no?

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