(1087) Plastica

Pensarci prima non sarebbe stato male. Intendo dire che pensare che un materiale quasi eterno dovesse essere usato con parsimonia e – soprattutto – ideare alternative per quei packaging che potevano avere alternative sarebbe stato un modo oculato di progettare un’evoluzione del benessere senza il colpo di coda inquinante. Col senno di poi…

Purtroppo la scarsa visione dell’uomo sul proprio presente e sul proprio futuro è imbarazzante. Supera persino la sua mancanza di saggezza nel ricordare gli sbagli del passato ed evitare di riproporli in diverse salse come i peperoni a cena che non li digerirai mai (se non quando ti decomponi post-mortem). 

Eccoci qui. Miserabili e ridicoli. Letali, per di più. Per il nostro Pianeta soprattutto. Nostro? Clamoroso misunderstanding umanitario: l’uomo tende a non prendersi cura di ciò che è suo. Lo consuma per sostituirlo. Tipo andare su Marte a rompere i coglioni ai Marziani preventivando un’implosione terrestre dovuto alla follia nucleare (tanto per fare un esempio banale). 

Il punto è che la Terra non è nostra. E la Terra lo sa. Quindi ogni tanto tira su il cartellino rosso ed elimina i giocatori non dediti al fair play. E fa bene.

Detto questo, fa impressione rendersi conto di quante cose create per migliorarci la vita finiscano per crearci danni importanti. Roviniamo tutto ciò che di buono riusciamo a creare. Darsi la zappa sui piedi è il nostro modus operandi di default e… bhé, siamo contenti così.

La cosa peggiore a cui porre rimedio con urgenza? La plastica che abbiamo dentro. Disfarci dal cellophane con cui abbiamo avvolto il cuore, pensando di preservarlo per tempi migliori e riducendoci a vivere miserabilmente attaccati a tutto ciò che è oggetto da possedere per sfruttarlo a nostro beneficio, magari a danno di un altro Essere Vivente o – assurdamente – a danno di noi stessi. Tutta la plastica che abbiamo accumulato nelle cantine dei nostri cervelli, ci sta soffocando il pensiero libero e se ci manca l’aria pensiamo che sia causa di qualcun altro. Perché le responsabilità ci rimbalzano, noi vogliamo poterci arrabbiare con chiunque ci stia sulle palle senza sensi di colpa.

Abbiamo capito tutto. Proprio tutto.

 

 

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(932) Ricucire

Evidentemente viviamo di strappi. Partiamo tutti belli compatti, niente ci potrebbe distruggere – il nostro pensiero nasce libero e splendente ancora prima di uscire dalla mamma – ma non è così. Appena ci confrontiamo con il mondo iniziamo a subire piccoli strappi. Piccoli, quasi invisibili, ma la nostra trama si indebolisce per forza di cose.

Mano a mano che ce ne accorgiamo, ci costringiamo a prendere ago e filo e ricucirci… un pezzettino per volta, con pazienza. Se non lo fai ti disintegri, pertanto impari a farlo. Impari a farlo sempre meglio. Impari a farlo di default, perché sai che gli strappi sono all’ordine del giorno. 

Ci stanchiamo più a ricucire i nostri strappi che a cercare di schivarli, ma per quanto tu faccia è stramaledettamente difficile evitarli. Siamo Esseri sensibili al tempo, agli umori, ai dispiaceri, ai problemi, alle perdite, alle mancanze, alle frustrazioni, alle umiliazioni, ai sogni infranti e via dicendo. Tutto è, potenzialmente parlando, foriero di strappi. Anche se non ci facciamo caso, anche se ci siamo abituati, anche se siamo diventati dei sarti provetti. Non fa niente, è così che si vive. Di strappi e ricuciture.

A me dispiace, voglio dire che preferirei passare il mio tempo a sfoderare colori meravigliosi come fanno i pavoni piuttosto che rammendare orli e rattoppare buchi e sistemare quello che ogni giorno cede in me. Solo che se lascio andare a ramengo tutto non è che si sistema da sola la faccenda, anzi. Una smagliatura al collant e addio collant se lo lasci fare, tanto per intenderci.

Però mi dispiace. Speravo di riuscire a proteggermi meglio.

Epic fail.

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