(990) Quid

Quel certo non-so-che, presente? Se lo cerchi non lo trovi, quando lo cerchi per gratificare la tua fame di bellezza. Quando non lo cerchi lo trovi, per allertarti e farti presente che i conti non tornano.

Strano ‘sto quid, no? Sì, strano.

Come sinonimo ha dettaglio, ma secondo me tiene dentro di sé un potere diverso, una sorta di magia, un qualcosa che ti collega con la quinta dimensione. Ha un suo odore, ha una sua voce. Niente a che fare con quello che conosciamo noi, per questo ci risulta strano e impalpabile, per questo non riusciamo a trovare parole adatte a descriverlo.

Il quid è quella parvenza che non sarà mai sostanza, seppur sappia trasportare la stessa densità. Lo trovi nelle persone e nelle situazioni, non nelle cose. Le cose si affidano ai dettagli, che sono statici, non si muovono. Il quid, invece, è fluido, scorre, come se fosse linfa di un albero o sangue di un animale/uomo. Non lo puoi fotografare, non si mette in posa. Lo puoi percepire sulla nuca o tra le dita, anche se non lo puoi stringere, non lo puoi schiacciare.

Non lo puoi contenere, non lo puoi usare. Non si consuma. E non lo puoi inventare, non lo puoi creare ad hoc. Se non c’è, non c’è e basta.

Il quid è quel-certo-non-so-che. E ti lascia sempre un po’ stordito, sempre un po’ traballante, sempre un po’ vulnerabile. Quasi sull’orlo, lì lì per cadere.

Ops.

Share
   Invia l'articolo in formato PDF   

(101) Radici

Mi sono sempre creduta molto albero. Di fatto, però, ho sempre avuto dentro di me la smania di andare. Percorrere strada (in ogni modo) per scoprire il resto, tutto quello che ancora non ho visto, che non ho ancora conosciuto.

Un albero ha radici che lo sistemano solidamente in verticale e gli danno la forza di alzarsi per raggiungere il cielo. Un albero steso è in pratica un albero morto. Vorrei che nessun albero fosse toccato, è un essere vivente splendido che non sa nuocere a nessuno e allo stesso tempo dona vita con costante generosità. Sto andando fuori tema, però.

Il pensiero da cui sono partita riguardava egocentricamente me. Stavo valutando che, nonostante io non sia un albero, sento forti in me le radici e di nuovo nonostante questo mio sentire mi trovo in perenne smania di percorrere strada. Non valuto neppure la possibilità di ritornare alle mie origini, dove le radici sono radicate, quasi che queste mie radici non siano in verità tanto mie.

Tutto ciò è stordente. Mi sento molto soffione, adesso come adesso. Mi faccio in fiocchi e attendo che un colpo di vento mi trasporti lontano. Lo trovo un pensiero umile (se son passata dall’albero al soffione, ho acquisito una certa consapevolezza del mio stare al mondo, immagino) e allo stesso tempo azzardato (il soffione è uno stato non proprio splendido del tarassaco che a sua volta è un fiore che schifo da sempre).

Eppure, lì nel soffione c’è quella condizione che al momento mi sembra di incarnare perfettamente. Il messaggio subliminale sarebbe: vento, sono pronta.

A volte penso di essere soltanto una squinternata.

Share
   Invia l'articolo in formato PDF