(821) Famiglia

Dovrebbe essere il nostro rifugio, il luogo prediletto, dove poter essere noi stessi sicuri di essere accolti in ogni momento e accettati in ogni circostanza. Dovrebbe, ma non tutti sono così fortunati. Io lo sono.

In famiglia si impara a relazionarsi con la gerarchia, con le regole, fondamentali passi per inserirsi in società. In famiglia si impara a dosare il linguaggio, a mitigare il nostro comportamento, a chiedere scusa e ad accettare le scuse di chi ci ha ferito (più o meno volontariamente). In famiglia si impara la compassione, si assorbono valori come il rispetto e persino la stima. Si fa i conti con la nostra capacità di comprendere gli altri e noi stessi, di capire le situazioni, di risolvere i problemi e chiedere aiuto, oltre che dare aiuto.

In famiglia si impara a stare ognuno al proprio posto, specialmente a tavola, a sistemare le proprie cose in modo che non diano fastidio agli altri, a pulire quello che altri hanno sporcato come gli altri puliscono quello che noi sporchiamo. In famiglia si impara che a un certo punto puoi anche urlare e far valere le tue ragioni quando pensi che ti si sta facendo un torto. Non rischi l’amore di nessuno, non rischi botte né umiliazioni. Al massimo qualche broncio per qualche settimana. quando particolarmente pesante ci sta pure la punizione a tempo determinato.

In famiglia impari a ridere assieme agli altri e non alle spalle di qualcuno o a spese di qualcuno. In famiglia impari ad ascoltare e a tenere la bocca chiusa quando i grandi parlano. A volte devi dire signorsì, altre devi metterti in tasca l’orgoglio, la pigrizia, l’indolenza. Così si fa quando si vive insieme, ci si vuole bene, ci si guarda le spalle gli uni con gli altri. Si fanno tanti errori, vero, ma mai così definitivi da ritrovarsi soli.

In famiglia ci sono sorrisi e abbracci, anche non detti, e ci sono spesso perché l’amore è fatto di questo. In famiglia va così, non è sempre uguale, ci sono alti e bassi e giorni proprio storti. In famiglia si vive così, un po’ si programma e un po’ si improvvisa, e si sbattono le porte, si rompono le palle e le si riattacca per quieto vivere. In famiglia c’è sempre un mondo, composto da tanti mondi, che si trasforma cambiando colori oltre che stagioni.

Le famiglie sono così. Quando non sono così iniziano i guai.

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(804) Strisce

Ho sempre pensato che il mondo fosse organizzato in strisce, più o meno irregolari e di varia portata. Credo di pensarla ancora così.

Una striscia è meno ingabbiata di una piramide a livelli. Al top stanno i fighi e alla base gli sfigati, così ci dicevano un tempo. Ecco, le strisce, secondo me, si fanno beffa di questa suddivisione e si estendono come cavolo vogliono loro. Dall’alto-in-basso/dal-basso-in-alto o da destra-a-sinistra/sinistra-a-destra o trasversalmente, ogni striscia contiene un bel pezzo di umanità con tutte le diversità possibili.

Credo, però, che tutto parta da due macro strisce: quella delle persone per bene e quella dei farabutti, e queste due strisce rarissimamente si vanno a confondere, e quando lo fanno sono anomalie che fan partire una tromba che ti deve mettere sul chi-va-là. Non penso che una persona per bene a un certo punto possa diventare un farabutto, potrà commettere degli errori (certo) ma la sua natura non muterà a causa di questi errori. Non penso neppure che un farabutto possa diventare una brava persona, può fare anche delle cose buone ma la sua indole rimarrà la stessa e appena se ne presenterà l’occasione rifarà vedere la sua vera faccia. Questo ragionamento molto basic potrebbe risultare irritante, eppure mi permette di non farmi illusioni. Se un farabutto mi fa un sorriso, non mi faccio distrarre, non mi faccio sedurre, so che la sua natura è ben lontana da quella di un agnellino e non mi permetto dubbi al riguardo. Tanto per dirne una: se mi insulti per vent’anni e poi mi sorridi chiedendomi il voto, se ti voto davvero, io sono l’idiota e tu sei il farabutto furbo.

La questione delle due strisce iniziali, mi semplifica forse troppo lo spettro infinito di sfumature dell’animo umano, ma è il mio modo di orientarmi nel mondo. Si parla di macro e non di micro. Le cose si complicano quando il rapporto umano si esplicita in un tu-per-tu. Ecco, qui mi sbaglio – lo ammetto – ma mi sbaglio sempre quando mi lascio abbindolare dalle sfumature. La questione delle due strisce mi ha, invece, sempre aiutato a ristabilire un po’ d’ordine nei pensieri.

Non dico che al mondo esista solo il bianco e il nero, dico però che il bianco e il nero sono agli opposti e sono i limiti del nostro animo. Una persona-per-bene non si confonderà mai con un farabutto, un farabutto potrà fingersi una persona-per-bene se ha davanti qualcuno che gli permette di farlo (per suo interesse o per dabbenaggine). Perché chi pensa il bene non vede il male. Chi pensa il male lo vede anche nel bene. Bisognerebbe rifletterci, secondo me.

 

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(593) Disfare

Non c’è niente da fare, mi rode. Mi rode prendere una cosa che ho fatto e distruggerla. Significa che ho perso tempo, che ho rovinato quello che nella mia testa era bellissimo e l’ho fatto diventare una schifezza. Preferisco aggiustarlo, sistemarlo in qualche modo, renderlo almeno decoroso.

Rimane, però, comunque un fallimento rispetto alle mie intenzioni. Vabbé.

Disfare ciò che è stato fatto, con impegno ed energia, è a volte indispensabile – mi han detto. Disfi e rifai. A dirla tutta, disfare non è la parte peggiore, il peggio è rifare. Infatti, succede che non rifaccio un bel niente: cambio progetto, cambio rotta, cambio e basta. Rifare è la cosa peggiore di tutte, non ho entusiasmo sufficiente per bypassare la mortificazione. Rifaccio solo se ho capito esattamente dove ho sbagliato e quindi posso rimediare, in linea di massima però non capisco subito dove ho sbagliato, ci metto un bel po’ a capirlo. Sono lenta di comprendonio, molto probabilmente.

Disfare, però, rimane indispensabile se non vuoi lasciare traccia dei tuoi errori.

Eppure, gli errori son fatti per restare. Restano nell’aura, restano nella memoria, restano sospesi sopra di te e ti impediscono di ricominciare. Quindi è meglio non disfare, lasciare su tutto e fare in modo che gli errori siano evidenti a tutti, e soprattutto siano evidenti a noi. Stanno lì, a testa alta e ti sorridono sornioni. Va bene, vi ho fatti io e vi guardo dritto negli occhi. Vi ho fatti anche un gran bene, direi, siete solidi e fastidiosi, meglio di così non avrei potuto.

Vi lascio lì, non disfo niente. Non vi permetterò di farvi leggeri come polvere per avvinghiarvi alla mia aura. Mi farete da reminder, fanculo.

 

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