(669) Cibo

Credo sia l’argomento più delicato che si possa toccare – escluso il tema delle religioni – con chiunque. Ognuno ha la sua teoria e ognuno ha la sua pratica, ognuno si sente punto sul vivo quando un commento anche innocuo sfiora l’argomento e ognuno ha prove certe e insindacabili che si può morire di un certo alimento o dell’altro, tutti esperti, tutti scienziati. Tutti.

Io no. Ho provato una volta sola in vita mia a seguire una dieta, poteva funzionare, certo, ma non ha portato risultati duraturi e soddisfacenti, ma mi ha fatto odiare i ceci (ndr. è una lunga storia). Il punto è che più uno mi impone di evitare certi alimenti e più vengo presa dall’ossessione per quesgli stessi – che magari prima non avevo mai considerato. Psicologicamente parlando sono da manuale, nei fatti mangio quello che mi pare.

E non mangio fino a scoppiare, no. E non mangio come un uccellino, no. Mangio le quantità di cibo che mi sento di mangiare in quel momento, mangio se ne ho voglia e se non ne ho voglia salto il pranzo o la cena. Sempre la colazione, fare colazione per me è la morte. Puoi ripetermi allo sfinimento che la prima colazione è il momento topico della giornata, non me ne frega niente. Al mattino non ho voglia di mangiare nulla, e non mangio nulla finché il mio stomaco non mi fa capire che ha bisogno di essere riempito.

Non sono vegana, né vegetariana, né fruttariana, né crudista, né mangio carne ad oltranza oppure pesce… sono una banalissima onnivora. Onnivora, ma con gusti ben precisi. Soltanto certa carne, soltanto certi tipi di pesce, la frutta quasi tutta, i formaggi molti ma non tutti, la verdura sì ma non tutta e non sempre, evito gli insetti e animali troppo esotici o quelli che proprio non me la sento di mangiare perché preferirei averli come compagnia. Dipende dalla stagione, dipende dall’umore, dipende da come sto fisicamente, dipende da quello che c’è e da quello che non c’è, dipende. D-I-P-E-N-D-E.

Non tutti i giorni ho voglia di mangiare le stesse cose, non tutti i giorni mangio le stesse cose o le stesse quantità o le stesse varietà di alimenti. Il mio quotidiano non è regolato come se fossi arruolata nei marines o come se fossi una modella, sono una persona normale e come tale mi gestisco: a seconda di come mi gira.

Non faccio abuso di cibo, né di alcool, né di cioccolato, né di caffè. Quando esagero mi rimetto in riga senza bisogno di farmi pesare da qualcuno che mi vuole magra, che mi vuole far perdere un tot di chili alla settimana – cascasse il mondo – e se così non avviene mi si rimprovera del fallimento del programma alimentare deciso con bilancini e strategie nutrizioniste. Io non ho intenzione di piegarmi a nessun regime, neppure quello alimentare, serve dirlo?

Il Dalai Lama ha affermato che qualsiasi cibo gli venga offerto lui ringrazia e mangia. Non tutti hanno la fortuna di poter mangiare tutti i giorni, sarebbe un disprezzo per chi non può. Sono d’accordo. Nient’altro da aggiungere.

Il cibo è sostegno ed è piacere. Giù le mani dal mio cibo. E non sto scherzando.

 

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(512) Misericordia

Per rendere meglio l’idea avrei dovuto metterci un punto esclamativo finale: Misericordia! Ecco, così è perfetto.

Oggi mi sono dedicata a un pensiero (tra le mille cose a cui devo pensare trovo pure il tempo di evadere inseguendo un pensiero assurdo, lo so, me ne rendo conto) che ha i suoi bei perché (ne sono certa) anche se magari al momento mi sfuggono per buona parte, ovvero: l’imprecazione – origini, usi, abusi, colori e buongusto. Sì, tutto questo in un solo pensiero, piuttosto affollato lo so ma una cosa tira l’altra e alla fine lasciare fuori qualcuno è cattiva educazione per cui tutti dentro e avanti.

Per farmi capire devo proprio iniziare dalle origini: perché scatta l’imprecazione? Perché qualcosa o qualcuno ti urta il nervo scoperto. A me scatta ogni tre secondi, implicita o esplicita che sia, tre secondi è la cadenza di una giornata lavorativa normale. C’è chi fa di meglio, chi di peggio, non è questione di essere Illuminati o meno – non soltanto – il come ti gestisci l’imprecazione dipende anche dalla capacità di tenere calmi i nervi. Certi giorni ce la si fa, altri no, semplice. 

Passiamo al concetto successivo: usi. L’imprecazione la uso per dare sfogo all’irritazione, che non è fastidio, è fastidio sublimato all’ennesima potenza. Quando proprio ti manca la motivazione per morderti la lingua, perché ormai si è proprio andati oltre, ecco… l’imprecazione ti permette di soddisfare quel gap tra il dire e il pugno che ti potrebbe partire se non dici.

Andiamo avanti: abusi. L’abuso di imprecazioni – purtroppo – ne dimezza la portata e l’effetto. Purtroppo. Non è che più ne dici e più risolvi, no. Più ne dici e più chi ti ascolta si abitua, c’è una sorta di assuefazione che fa andare tutto in malora. Con questa consapevolezza, le mie imprecazioni sono per lo più intime, sussurrate tra me e me, per la maggior parte delle volte.

I colori di un’imprecazione, ecco questo dettaglio è importante: se usi le imprecazioni più terra-terra, quelle che usano tutti, ti fai un torto e lo fai anche al Signore-delle-Imprecazioni che ovunque impera (ma con pudore e umiltà). Bisognerebbe regalarsi una nuova imprecazione al giorno, una cosa di fantasia, un guizzo di creatività, un’impennata geniale capace di elevare l’imprecazione a piccola opera d’arte (i romani sono dei Maestri in questo).

La cosa da cui non si può prescindere, invece, è proprio il buongusto. Cioé, non ci possiamo permettere di eccedere con il veleno, con il sarcasmo, con la cattiveria. No, non sarebbe più un’imprecazione, cambierebbe di sostanza. Per non parlare della bestemmia che è l’antimprecazione per eccellenza, quando passi alle bestemmie hai già perso.

Quindi, tirando le somme, ammetto che ultimamente mi sono adagiata su uno standard piuttosto triste, per nulla adatto alla mia professione creativa e dovrò impegnarmi prossimamente per rendere più colorite e più fantasiose le mie imprecazioni. Una cosa, però, mi piacerebbe: vorrei che i motivi per imprecare si riducessero a un paio al giorno. Sono sicura che due imprecazioni al giorno le posso gestire bene, rimarrebbero terapeutiche ed efficaci. So che dipende da me, so che mi devo irritare di meno, eppure faccio fatica a gestire le faccende che mi girano attorno. E poi come si fa a rimanere calmi davanti a certe cose?

Misericordia!

 

  

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