Sembra proprio che l’AI sia capace di mettere in ginocchio diverse categorie di professionisti che si vedono sminuiti e svalutati nonostante esperienze pluriennali e caratteristiche umane uniche e non riproducibili. Adesso è ufficiale, valiamo un po’ di meno. Benvenuti nella Nuova Era!

Scrivere per me non è mai stato un problema di ispirazione, o di volontà, o di complessità mal digerita. Scrivere è un gesto che mi è vitale, come respirare. L’ho capito quando mi sono astenuta dal farlo, pensando che potevo permettermelo. A volte sono presuntuosa, penso di poter fare senza respirare… senza scrivere… senza essere per forza me stessa. Poi mi riprendo.

Partendo da queste premesse, va da sé che l’arrivo dell’AI che sostituisce il lavoro che di solito fa un copywriter (uno dei modi per scrivere per guadagnarsi da vivere è proprio fare il copywriter) può essere visto come una minaccia. In certi casi non solo è una minaccia, è la realtà dei fatti. Utilizzo ChatGPT che (se guidata in modo corretto) scrive per me. Ma io voglio scrivere, non voglio dire all’AI cosa voglio scrivere. Se scrivere mi pesasse significherebbe che ho sbagliato lavoro.

Quindi usare l’AI per scrivere lo fa chi non sa scrivere. Non chi lo fa per mestiere. Perché il tempo che un professionista ci mette a scrivere un articolo è davvero minimo, specialmente se ha esperienza, rispetto all’utilizzo di uno strumento che prima devi impostare, poi devi controllare (il testo è attendibile?), poi lo devi sistemare per creare una sorta di continuità di stile (vedi Tone of Voice) e rileggere un’ultima volta prima di pubblicarlo. Se non sei un copy, questa è la procedura corretta. Se pensi che non hai bisogno di un copy perché puoi usare l’AI… auguri.

Dentro al mio mestiere (come dentro a tutti i mestieri) c’è un universo di competenze che neanche immagini, ma se tu pensi che non ti serva va benissimo così. Ognuno per la sua strada.

Costruire una foto con l’AI non è la stessa cosa che essere un fotografo. Comporre una musica con l’AI non è la stessa cosa che essere un musicista (neppure se metti su i dischi perché sei un DeeJay ed è un altro mestiere). Possiamo ufficialmente tirare una linea decisa che differenzi le reali competenze dal giocare con competenze che non abbiamo?

Ora, però, facciamo un passo avanti, agganciando a questo discorso il pensiero di Seth Godin (leggi tutto qui) che mi ha aperto una finestra sulla realtà delle cose:

What you were trained to do, what you did yesterday… that’s a gift from your past, not an obligation. Beginning the analysis with, “what I used to do was…” is a great way to open the door to what you’re going to do tomorrow.

[trad. Quello in cui sei stato esperto fino a ieri… è un dono dal tuo passato, non un obbligo. Iniziare un’analisi con “quello che ero solito fare era… ” è un ottimo modo per aprire la porta a quello che farai domani. ]

Riprendo dall’inizio la mia riflessione, partendo da un punto di vista estremamente personale: scrivere è la base di tutto quello che ho fatto nella mia vita. Anche quando non stavo scrivendo. Non è una scelta, non è un obbligo, non è un limite, è sempre la mia unica possibilità. Le strade che ho percorso fino a oggi potevano portarmi molto lontano dallo scrivere, ma così non è stato. Mi hanno, invece, aperto a possibilità in cui scrivere ancora e sempre in modo diverso. Ho imparato molte cose nel frattempo, ho fatto molte esperienze (anche assurde) nel frattempo, ma nulla è stato tolto alla mia scrittura. Tutto è stato un aggiungere.

Pensare al proprio know-how come un vincolo a ciò che possiamo fare nel nostro presente e nel nostro futuro è pericoloso. Quando le strade ci vengono bloccate dai cambiamenti decisi da altri, se non ci pensiamo capaci di fare anche altro, potremmo convincerci di non valere niente e che siamo destinati alla rovina.

Non è così. Ovviamente.

Fare una cosa soltanto non è mai stata una buona idea, neppure quando l’AI non era un’opzione accessibile. Se fino a oggi abbiamo voluto/potuto far finta di niente, adesso la realtà ci sbatte sul muso quel che pensavamo di poter schivare.

Smettere di cambiare è impossibile, fermare il mondo che cambia idem, anche solo pensare di poter impedire ai contesti e alle persone di cambiare è ridicolo. 

Non ci si prepara a cambiare, si subisce il cambiamento. Volgerlo, però, a nostro favore è questione di intelligenza e di coraggio.

Tutto quello che possiamo fare è cercare di attivare la nostra parte intelligente e non tirarci indietro quando serve andare avanti. Fare del nostro meglio, insomma. E vedere come va.

 

 

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