L’argomento “scarpe” per me è sempre stato delicato. Il mio rapporto con le scarpe non è cosa che si possa risolvere in poche parole, è un sentimento profondo e complicato che proteggo con tutte le mie forze. Ne parlo oggi perché ci sto pensando troppo. E non va bene.

Inizio da un punto qualsiasi, tanto poi so che il quadro si completerà senza problemi. Odio le scarpe nuove, non mi separerei mai dalle mie vecchie scarpe e finché non sono irreparabilmente danneggiate non le butto e non le sostituisco (specialmente nel mio cuore). Tra le scarpe nuove che mi sono comperata negli anni soltanto un paio su dieci è diventato QUEL PAIO DI SCARPE CHE METTEREI ANCHE A DORMIRE (l’ho scritto in stampatello per il motivo che facilmente si deduce).

Le caratteristiche di QUELLE scarpe sono molteplici: fattezze, colore e – soprattutto – comodità. Se non sono belle come dico io, anche se sono comode, non me le metto ai piedi. Ho scarpe che sono comodissime ma che quando le indosso mi sento male. Le scarpe fashion sono per me le peggiori. Non sono un tipo fashion, lo ammetto e me ne frego piuttosto ampiamente. Parliamo del colore: amo il verde dei prati, il rosso dei pomodori, il giallo dei tulipani, l’arancione delle zucche. Questi colori non fanno parte del mio guardaroba. Troppo chiasso sensoriale non fa per me. Il blu, il viola, il nero e il grigio. Non il marrone. Questo per ridimensionare la portata della mia apertura mentale rispetto a quanto posso e voglio indossare. Va da sé che le scarpe non fanno eccezione. Avevo un paio di scarpe viola perfette. Quando le ho dovute buttare ho pianto. Sì, lo so. Me ne rendo conto. Fate finta che non sia grave, grazie.

La necessità di acquistare un nuovo paio di scarpe mi pone di fronte a un’agonia emotiva di portata notevole: devo immaginarmi con addosso il potenziale acquisto e immaginarmi come starò assieme a loro. Le commesse del negozio vedono questa tipa che fisse le scarpe che sta provando come in una sorta di catalessi e non osano avvicinarsi per chiedere nulla. In quel momento avviene la mia proiezione verso uno spazio temporale ipotetico che riguarda il mio personale futuro a breve-medio-lungo termine. Non posso e non devo essere disturbata.

Quando frequentavo la terza superiore, durante la ricreazione, un paio delle mie compagne di classe più ricche mi hanno chiesto a bruciapelo: “Perché non ti cambi le scarpe?”. La domanda mi spiazzò, non sapevo cosa rispondere. Le scarpe da ginnastica che portavo tutti i giorni erano le scarpe più belle e più comode del mondo. Mi facevo chilometri a piedi durante il giorno, tutti i santi giorni, e avevo testato sia gli anfibi (che adoravo) che un paio di scarponcini deliziosi, ma niente. Mi avevano lasciato veschiche che ci avevano messo una settimana a guarire. Le dovevo mettere con il contagocce. Ma quelle scarpe da ginnastica mi facevano essere rapida e comoda. Le adoravo. Certo, erano consumate. Le mettevo in lavatrice ogni quindici giorni e quindi si erano scolorite. Sempre belle, ma vissute. Al tempo, però, valutavo più importante altre cose e non ci pensavo al giudizio degli altri. Non nego che ci rimasi male, lo ricordo ancora anche per quel motivo, ma lì dovetti prendere una decisione. E la presi: buttai le mie adorate e le sostituii con un modello quasi uguale. Che vissero con me in simbiosi per un bel po’.

Questo per dire che faccio fatica a staccarmi da una condizione che mi fa stare a mio agio. Cambiare senza un buon motivo mi sembra una fatica inutile. Eppure sono cambiata, eppure sono ancora la stessa.

Ho riflettuto molto sul significato di cambiamento e sulla capacità degli Esseri Umani di rinnovarsi, di ricostruirsi, di evolversi. Di indossare scarpe nuove ogni giorno e farlo con la disinvoltura e la sicurezza di essere sempre sé stessi. Bisogna esserci nati con quel talento, credo. La mia evoluzione di Essere Umano è limitata dalla mia indole, i miei cambiamenti hanno un processo piuttosto lento, il mio rinnovarmi non è mai totale. Paura di non riconoscermi oppure accettazione dei miei limiti? E che ne so. Forse metà e metà.

Ah, per la cronaca: ho buttato in questi giorni ben quattro paia di scarpe che non posso più usare. Sono in lutto. Dirò di più: sto obbligandomi a indossare due paia che potrebbero essere all’altezza, mentre altre due paia le regalerò a qualcuno perché sono praticamente nuove. Belle, ma non per me.

Nient’altro da dichiarare per il momento.

Allora…

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